Foglio n. 332 - Parrocchia Sant`Angela Merici

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Foglio n. 332 - Parrocchia Sant`Angela Merici
S. Angela foglMerici
o
Parrocchia
nformativo
16 maggio 2004
l mese di maggio per la comunità è tutto un fermento, a dire il vero tutto l’anno è
un fermento, ma il mese di maggio lo è in particolare.
Abbiamo iniziato con il ritiro per le famiglie, le celebrazioni della Cresima e della
prima Eucaristia per i nostri ragazzi, la preghiera del rosario, la celebrazione comunitaria dell’Unzione per gli Infermi, i tornei per i bambini e per i giovani, la veglia
di Pentecoste, la festa dei diciottenni, le iniziative culturali… è il concentrarsi di tutta l’attività di un anno pastorale che va culminando nella festa dell’ORPAS, festa della nostra Polisportiva e della comunità e che segna il passaggio al tempo dell’estate.
Allora tra il piazzale e il campetto sarà tutto un risuonare delle voci squillanti dei
bambini dell’oratorio feriale per dire la bellezza del vivere insieme almeno qualche giorno, esperienza che continuerà poi per i più grandi con i campeggi in
montagna… Ma mi rendo conto di descrivere un aspetto della vita della comunità, quello interno, quello che si svolge tra le mura dei locali parrocchiali, sul campo di calcio, nel nostro oratorio… E che è più facile da vedere, perché è sotto gli
occhi di tutti.
Ma c’è tutto un altro aspetto che innerva la vita della comunità e che mi piace immaginare simile ad un torrente carsico, quei torrenti sotterranei di acque fresche e vitali che scorrono nelle vene della terra, una terra che in superficie appare come un terreno sassoso e arido, salvo poi improvvisamente,
quando meno te lo aspetti, eccoli riemergere ancor più gagliardi e dirompenti, correre ad insinuarsi nelle fessure più recondite, negli anfratti più isolati… a rinvigorire le secche di una stagione.
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È la vita cristiana nascosta, sotterranea appunto, perché è quella che si vive tra le
mura di casa, in famiglia, negli uffici, nei bar, al supermercato, in pasticceria, all’edicola… È anche quella che abita il letto d’ospedale, il ricovero dell’anziano, di
chi umilmente domanda lavoro, di chi fatica a tirare la fine del mese…
È una vita cristiana discreta, riservata, silenziosa, fatta di volti che riflettono una luce che scalda il cuore, la luce di chi riconosce di essere amato dal
Signore, di essere custodito dalle mani di Dio, e lui trova la lealtà, la libertà, il desiderio della pace.
Ripenso all’esperienza di Charles De Foucauld. Nato a Strasburgo nel 1858, visse un’adolescenza spensierata e scettica. A 17 anni decise di intraprendere la vita militare: espulso più volte per la sua indolenza, divenne famoso tra i suoi compagni come organizzatore di feste: aveva deciso di godere la vita il più possibile.
Raggiunse l’Africa e si gettò nella guerra di colonizzazione come prima si era gettato nei divertimenti. Diventato esploratore andò ad Algeri a studiare e a preparare un progetto di ricerca: il suo viaggio nel 1883 fu la prima esplorazione di un
europeo nel Marocco.
Durante la sua esplorazione rimase profondamente scosso dall’incessante invocazione a Dio che si elevava intorno a lui. Quel richiamo alla preghiera, quegli uomini prostrati cinque volte al giorno verso oriente, quel nome di Allah ripetuto
senza posa… tutto lo condusse a dirsi: ma io sono senza religione!
Il germe dell’inquietudine scaturì nel suo cuore. L’incontro con l’abate Huvelin
diede poi inizio ad un cammino spirituale inarrestabile: nel 1890 entrò nella Trappa e sette anni dopo iniziò un cammino tutto personale che è ancora oggi continuato dai “Piccoli Fratelli e Sorelle di Gesù”. Il 1 dicembre 1916 a Tamanrasset,
venne assassinato da un giovane tuareg mentre era assorto nell’adorazione dell’Eucaristia.
Perché mentre descrivo la vita della comunità ho pensato a p.Charles de
Foucauld?1
Perché trovo una certa assonanza tra la nostra realtà e l’intuizione spirituale di
p.Charles che è riducibile ad una parola: Nazaret. Il mistero che Dio mi chiama a vivere è quello della vita nascosta di Gesù a Nazaret, scrisse. E tutta la sua ricerca lo portò a realizzare pienamente questo mistero nel deserto del Sahara, tra i Tuareg.
Nazaret è il mistero del nascondimento che si attua non tanto separandosi e distanziandosi dagli altri, dal mondo, quanto immergendosi sempre di più nella vita degli altri. È questa vita di Gesù che da molti è considerata ‘preparatoria’ al suo
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Suggerisco la lettura dell’ottimo volume che introduce alla conoscenza di p.Charles:
JEAN-JACQUES ANTIER, Charles de Foucauld, ed Piemme, 1998.
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ministero e che invece Charles considera riferimento importante per la quotidianità, seguendo Gesù nella sua dimensione di obbedienza al Padre, di fedeltà quotidiana, di lavoro, di relazioni familiari…
Ed è una vita tutt’altro che ripiegata su se stessa, in una sorta di intimismo e privatezza, perché la stessa testimonianza di vangelo vissuto nell’ambiente di lavoro, nella vita quotidiana diventa una missione, come se non sempre sia necessario parlare di Dio.
La conversione di Charles de Foucauld dovette molto alla testimonianza anche
della cugina Maria, che le faceva in qualche modo da madre, avendo egli perso la
propria quando era ancora bambino. Questa donna non parlava molto di religione, soprattutto non tentava di persuaderlo a tutti i costi negli anni in cui egli vive
nell’indifferenza o addirittura nell’ateismo.
Era cristiana e glielo mostrava nell’umiltà e nella semplicità della sua vita
quotidiana; influiva con la sua persona stessa e adottava questo principio divenuto poi caro a Charles: Quando si vuol convertire un’anima, non bisogna cercare di convincerla; il sistema migliore non sta nel farle prediche, ma nel farle capire che
le si vuole bene.
Vorrei mettere in evidenza un ultimo particolare: quando Charles de Foucauld si
convertì e pensò di farsi monaco, ritenendo che fosse la forma più alta del sacrificio di sé, venne presentato dal suo padre spirituale all’Abbazia di Solesmes con
una lettera che tra l’altro diceva: “Rev.mo Padre, Charles de Foucauld che vi porterà questa lettera è un ex ufficiale, coraggioso esploratore in Marocco, fervente pellegrino in Terra
Santa, perfetto galantuomo, ottimo cristiano, che fa della religione un amore…”.
La parola dell’esperienza di de Foucauld che ritorna a noi con tutto il suo carico
di forza è: fa della religione un amore.
Un augurio per tutti noi, perché su tutto il nostro dinamismo e il nostro impegno
pastorale sovrasta la parola di Gesù: Da questo vi riconosceranno, se avrete amore gli uni
per gli altri! (Gv 13,35). Parola che si impone a noi come criterio di verifica se la
nostra grande casa, la parrocchia, per chi vi si accosta sia immediatamente leggibile come il luogo dove i cristiani si amano.
La parrocchia è la grande casa che Dio ha posto tra i discepoli del Signore
con la vocazione e la missione ad essere la trama che innerva e intesse il territorio della linfa del Vangelo, nelle relazioni, nelle scelte quotidiane… come
a Nazaret.
p.Giuseppe
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La vera Passione
Il fondamento della fede cristiana, celebrato e proclamato soprattutto nella Pasqua, è la passione-morte e risurrezione di Gesù. È un fondamento molto fragile,
facilmente svuotabile e depauperabile, perché è costituito da un equilibrio delicatissimo tra due eventi, tra loro opposti e contraddittori: la passione-morte, che è
evento umanissimo, esperito da ogni uomo al di là della diversa forma concreta che
assume, e la risurrezione, evento che è azione di Dio esercitata nella storia solo sull’uomo Gesù di Nazaret.
Equilibrio delicatissimo che va custodito con molta vigilanza dai cristiani: per questo preoccupa la mancanza di sensus fidei, di “senso della fede” che emerge in questa stagione. Di fatto, in quest’ultimo decennio, sono molti quelli che si sentono
“culturalmente” cristiani e che, di conseguenza, anche se non si interrogano sulla
loro quotidiana sequela cristiana, anche se non hanno una prassi ecclesiale assidua, finiscono per essere abilitati lettori della vicenda di Gesù. Sì, c’è mancanza
di senso della fede, per cui anche la Pasqua cristiana può essere stravolta senza che
molti se ne diano pensiero.
Proviamo allora oggi, venerdì santo, a mettere a fuoco la passione-morte di Gesù,
iniziando dal rapporto tra i vangeli e la passione. Impressiona il fatto che nel primo vangelo, quello di Marco, scritto circa tre decenni dopo la morte di Gesù, il
racconto della passione e morte sia lungo, sproporzionato rispetto a quello della
vita: un quinto dell’intero vangelo. Segnale indubbio di quanto la vicenda della
passione-morte stesse a cuore all’evangelista e di quanto fosse percepita come determinante per la fede cristiana. Sì, perché Gesù, il rabbi e il profeta che aveva radunato una comunità di discepoli e un gruppo di simpatizzanti, era morto condannato dal potere religioso legittimo e dal potere imperiale romano come uomo
nocivo e avverso al bene comune. Bisognava allora mostrare che Gesù era “giusto”, che era passato facendo il bene, curando, guarendo, facendo arretrare il potere del demonio, e che nella sua vita spesa per amore di Dio e dei fratelli non aveva commesso nessun male. Bisognava dimostrare come si svolse il processo religioso e quello romano, come Gesù visse le sofferenze delle percosse, della persecuzione e della morte violenta: per questo il racconto della passione resta un racconto sobrio, in cui non c’è nessun compiacimento e nessun attardarsi sul dolore
di Gesù. Così il racconto della passione nei vangeli sinottici è puntuale ma non descrive né le ferite della flagellazione, né cadute sotto il peso della croce, né i colpi
di violenza inferti… Dice solo: “Gesù fu flagellato … fu deriso … fu caricato della croce … fu crocifisso…”. Racconti che non vogliono destare orrore, non vogliono che
ci si attardi a contemplare le torture, non inducono alla tentazione di esaltare le
sofferenze di Gesù e non forniscono immagini oscene vietate ai minori. Ascoltando quei racconti, non si è mai portati all’esercizio di una contemplazione del sadismo dei persecutori e degli eccessi del dolore patito da Gesù. Tutto, invece, è narrato in modo che l’attenzione del lettore vada alla mitezza di Gesù, alla sua qualità di agnello afono di fronte ai suoi carnefici: Gesù, che per diritto avrebbe potu-
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to, come i salmisti, chiedere a Dio la vendetta, maledire quei suoi nemici, ha invece chiesto perdono per i suoi persecutori, non ha minacciato rivalsa e ha scelto di essere vittima tra le vittime della storia. Non è venuto meno alla sua giustizia e ha continuato ad amare gli uomini fino alla fine, fino alla morte.
I vangeli vogliono far entrare il lettore nella preghiera, nel cammino di conversione: quello “spettacolo” della croce è per attirare tutti a Cristo, non per impressionarli e destare in loro un macabro voyeurismo. Gesù non ci ha salvati attraverso una quantità massima di sofferenze: altri nella storia dell’umanità hanno sofferto fisicamente più di lui, hanno patito carcere, torture, persecuzioni più lunghe
e più strazianti delle sue. Gesù non ci ha salvato attraverso i colpi della flagellazione né è stato complice del piacere sadico dei suoi esecutori. La passione e la
morte di Gesù ci sono narrate unitamente alla sua vita anzi, in funzione della sua
vita, per affermare il termine ad quem cui è giunta questa vita spesa nel servizio e
nell’amore per gli uomini.
In occidente, purtroppo, c’è sempre stata la tentazione di leggere Gesù solo nell’evento puntuale della sua morte, quasi che non abbia vissuto una vita umana fino alla maturità: ma se fosse venuto solo per morire per noi, allora gli sarebbe bastato morire nella strage dei bambini di Betlemme voluta da Erode! No, la vita di
Gesù è stata, come dice Paolo, un “volerci insegnare a vivere in questo mondo”:
questa è stata la narrazione di Dio e del suo amore fino alla croce. Fino alla croce, non nella sola croce! Ben ce lo ricorda il cardinal Ratzinger quando afferma
che va ricusata assolutamente l’idea di un Dio “la cui giustizia avrebbe reclamato un
sacrificio umano, il sacrificio di suo Figlio: questa immagine è tanto comune quanto è falsa”.
La passione, poi, va letta alla luce della risurrezione. È questo il vero annuncio cristiano: la morte non è più l’ultima parola, l’odio è vinto dall’amore, il dolore è trasfigurato in gloria. La chiesa lo ha sempre capito: infatti, nella liturgia del venerdì santo essa legge la passione secondo Giovanni, racconto della gloria di Gesù che
si manifesta proprio nella narrazione della passione, gloria di chi depone la vita
per amore e nella libertà. La passione come la narra Giovanni è l’antidoto contro
ogni strumentalizzazione pornografica della vicenda delle ultime ore di Gesù,
l’antidoto contro ogni abuso osceno o sadico. È una passione in cui emerge la gloria, il peso di Dio nella vita di Gesù e il peso dell’amore di Gesù che tutto ha compiuto non per eseguire una volontà del Padre che pretendeva la sua morte, ma per
restare fedele al Padre che chiede a ogni uomo amore, perdono, giustizia. È restando fedele alla volontà di Dio sulla forma della vita dell’uomo che Gesù ha incontrato una morte inflittagli dagli uomini ingiusti perché, in un mondo ingiusto,
il giusto può solo essere condannato, rifiutato, ucciso.
I cristiani, allora, quando leggono o ascoltano la passione, contemplano sì un
volto sfigurato, ma sapendolo ormai glorioso e trasfigurato: non si arrestano alla
morte come se fosse una realtà definitiva. Per ben dodici secoli i cristiani di oriente e di occidente si sono rifiutati di rappresentare Gesù morto in croce: per i primi tre secoli, quelli precedenti la cristianità, non hanno mai raffigurato la croce,
poi hanno dipinto un Cristo in croce ritto, con gli occhi aperti, glorioso, in posi5
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zione di Signore e di Risorto. Sapienza di una chiesa che, senza analgesie né dolorismi, manteneva intatto l’equilibrio morte-risurrezione e che sapeva che, se c’erano stigmate nel corpo di alcuni santi, queste non erano un invito al dolorismo
ma tracce e segnali che nel vissuto di quei santi si poteva scorgere la conformità
a Cristo, il Maestro e Signore.
Le nostre ossessioni contemporanee possono essere grandi tentazioni nel leggere
la passione di Gesù: angoscia del male, fascino della violenza, ricerca dei colpevoli… In questo modo, come osserva acutamente il teologo Giuseppe Colombo, “la
croce prevale sul crocifisso, dando libero sfogo alle tendenze ambigue insite nel subconscio dell’uomo: non è la croce a far grande Gesù Cristo, ma è Gesù Cristo che riscatta persino la croce, la quale è propriamente da comprendere, non retoricamente da esaltare”.
Oggi resta allora una preoccupazione: se si continua ad aver così poco sensus fidei, presto non riusciremo più a capire la differenza tra la liturgia cristiana e le rappresentazioni popolari della passione. Con ragione Sergio Luzzatto teme che la
tentazione di rincorrere la pietà popolare – io la chiamerei “folklore paesano” – finisca per produrre un certo numero di mostri. La lettura autentica della passione di Cristo si fa contemplando i poveri, gli ultimi, i bisognosi della terra (“ogni
volta che l’avete fatto a uno di questi ultimi, l’avete fatto a me”) e, possibilmente, vivendola come vita spesa per i fratelli. Sì, sono molte le ragioni per cui numerosi credenti oggi soffrono di questa poca chiarezza, e per cui altri rischiano di essere
scandalizzati non dalla “parola della croce” – come la chiama l’apostolo Paolo, ma
da una strumentalizzazione della croce indegna se fatta da parte di cristiani. Diffidiamo di chi pensa di poter evangelizzare in questo modo, diffidiamo di chi scambia per contemplazione profonda lo spettacolo osceno del dolore umano: come diceva Guigo il Certosino, “nuda e appesa alla croce va adorata la verità!”.
Enzo Bianchi
(“La Stampa”, 9 aprile 2004)
Tre intolleranze per un discorso
che dura da secoli
L’antisemitismo è molte cose. Un tentativo di spiegazione del mondo a fronte dell’impossibilità di trovare un bandolo che dia ragione delle cose; è la pretesa di individuare le origini del male e le cause del suo persistere in un soggetto dato; è la descrizione di un sistema di potere di cui ci si autodefinisce come vittime e di cui si indica negli ebrei il soggetto collettivo che ne incarnerebbe l’essenza.
L’antisemitismo può prosperare anche senza che gli ebrei facciano qualcosa. Talora esiste anche senza ebrei.
Nella Polonia del secondo dopoguerra a lungo è esistito un antisemitismo sostanzialmente senza presenza fisica degli ebrei. In quel contesto contava, e ha con-
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tato soprattutto all’indomani del 1968, scaricare su un nemico fisicamente non
presente (come meglio dimostrare così la sua capacità di essere “invisibile” e dunque ancor più pericoloso?) le angosce e il timore di accerchiamento di un sistema
di potere che si vedeva e si sentiva minacciato da qualsiasi cambiamento.
Il potere comunista era allora antisemita – comunque non solo in Polonia – ma
paradossalmente lo era anche una porzione rilevante della società civile anticomunista che vedeva nei comunisti al potere degli ebrei mascherati giunti o “ritornati” alla fine della Seconda guerra mondiale sui carri armati sovietici pronti a rivolere ciò che avevano perduto o che era stato rubato loro negli anni dell’occupazione nazista.
Che l’antisemitismo sia scomparso dall’Europa dopo la Seconda guerra mondiale non è vero. Diciamo che si era eclissato e era tornato ad assumere le vesti di un
antigiudaismo non razzista, in cui tornavano a prosperare alcune delle credenze
che hanno popolato l’immaginario collettivo cristiano nel corso del secondo millennio e in cui si sovrappongono molti paradigmi culturali e politici. Di destra, ma
anche di sinistra.
Questo è stato uno degli effetti della memoria della Shoah: l’assunzione dell’antisemitismo come pratica sistematica dello sterminio, dimenticandosi che l’antisemitismo moderno è stata solo una delle forme storiche dell’intolleranza nei confronti degli ebrei.
Questo sentimento nel secondo dopoguerra è stato un fenomeno complicato,
spesso non facilmente districabile e classificabile.
Prima lo era meno.
Che tipo di intolleranze hanno subito gli ebrei nel corso della storia? Almeno tre:
una teologica; una politica; una socio-culturale.
A lungo l’intolleranza nei confronti degli ebrei ha avuto un carattere teologico, attraverso l’accusa di deicidio, l’accusa di violare le ostie, di produrre pane azzimo
per la Pasqua ebraica utilizzando il sangue dei bambini cristiani – una vera leggenda metropolitana ante litteram – che in nome della quale lungo tutte le strade
d’Europa dall’Inghilterra (Norwich 1144) passando per l’Italia (Trento 1475) e
poi fino all’Ucraina all’inizio del Novecento (Odessa 1912-1913) è stato possibile scatenare pogrom e realizzare stragi di ebrei.
In gran parte i pogrom che si verificano in Europa Centrale, in Francia sia nel corso della mobilitazione per le crociate, ma anche le credenze che si diffondono in
occasione delle grandi epidemie con l’accusa agli ebrei di avvelenare i pozzi e le
riserve d’acqua, vedono incrociarsi una credenza di antigiudaismo che ha la sua
origine in convinzioni religiose e motivazioni sociali.
L’ebreo appare allora come un bersaglio facile, un vero e proprio capro espiatorio su cui è possibile scaricare tensioni sociali, frustrazioni, nonché indirizzare la
mobilitazione sociale favorendo, al tempo stesso, il ricompattamento del quadro
sociale. Il principio è quello della lotta allo straniero, all’estraneo inteso come figura perturbante, destabilizzante, comunque infida. È un paradigma che ritorna
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frequentemente e che risulta spendibile all’interno di quadri sociali instabili.
L’antisemitismo non è solo questo. È stato nel tempo anche altro. Ha avuto, per
esempio, un carattere politico, ovvero si è concretizzato nelle figure ossessive e
paranoiche con cui si costruisce la figura astratta dell’oppositore, del nemico di
classe, del perfido attore che trama nell’ombra, oppure del ricco speculatore che
affama o che sfrutta le masse anonime della società industriale, senza peraltro permettere o lasciare il margine allo sviluppo.
Alternativamente l’ebreo è così come la figura vampirica: vero succhiasangue della
vitalità della società e del mondo del lavoro, impossessandosi delle sue energie e soggiogatore, schiavizzatore della possibilità di prosperità e felicità di un progresso equilibrato e di uno sviluppo equo, perché volto al puro arricchimento personale e strenuo oppositore a una possibile redistribuzione delle risorse.
Nel dispositivo de I Protocolli dei Savi anziani di Sion, - testo che crea l’ebreo delle
ossessioni mentali dei non ebrei – è riscontrabile sia la dimensione sovversiva di
colui che vuol distruggere l’ordine del mondo e colui che lo incarna.
Il testo de I Protocolli – al di là della questione della sua falsità – è interessante proprio per il dispositivo che mette a nudo. Il testo de I Protocolli per quanto banale,
rozzo, assolutamente risibile per l’immaginario economico che prospetta, costituisce uno dei dispositivi più efficaci e potenti che generano l’antisemitismo.
La questione della falsità dimostrata de I Protocolli non ha impedito che milioni di
individui abbiano continuato – e ancora oggi continuino - a prestare fede a un testo, peraltro spesso senza neppure averlo letto.
Non sarebbe improprio osservare – d’altra parte - che il problema rappresentato
dai documenti falsi non è risolto dimostrando la loro falsità, ma costituisce un’opportunità per indagare i livelli di credenza collettiva. Interrogare la storia non riguarda l’individuazione della verità – questione che riduce l’indagine storiografica a una dossier giudiziario – ma indagare e rendere edotti sui fenomeni sociali.
Un fenomeno sociale esiste anche sulla base di una falsa credenza. L’indagine storica intorno ai falsi non si riduce a dimostrare la loro falsità. Il suo compito deve
cercare di spiegare perché, pur nella loro dimostrata falsità, i falsi documenti continuano a funzionare e a “convincere”.
Gran parte del livello socio-culturale con cui si esprime oggi l’antisemitismo nell’ambito delle realtà sociali e politiche del terzo mondo e in particolare del mondo
arabo; l’uso e la diffusione in area islamica e araba de I protocolli, sono connessi a
questo ambito di problemi.
Così come nel mondo della medievità e della prima modernità l’intolleranza nei
confronti degli ebrei nasceva sulla base di una loro presunta estraneità, assumendoli come nemici o come agenti e rappresentanti del nemico – non differentemente
oggi questa convinzione si ripete. Con una sostanziale differenza: ancora fino alla prima modernità la lotta agli ebrei era la lotta a un nemico che poteva essere acquisito e conquistato e dunque convertito – con ciò cessava di esser un nemico –
oppure cacciato con la sua espulsione. L’eredità del lessico razzista del Novecen-
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to modifica la figura della lotta al “nemico” quella figura non è più sufficiente scacciarla, occorre, invece, eliminarla.
Nel conflitto di civiltà ritornano aggiornati e “modernizzati” concetti e figure che
apparentemente sembrano avere una lontana origine.
Per esempio, l’espulsione degli ebrei quale è avvenuta nei paesi arabi o islamici
negli anni ’50 e poi ancora nel giugno del 1967 e poi nel corso degli anni ‘ 70 non
risponde solo alla raffigurazione della purificazione di un territorio che deve rimanere incontaminato e dunque “puro” rispetto alla presenza dello straniero. Il
linguaggio dell’antisionismo presenta aspetti, aggettivi, figure che hanno una
stretta parentela con il linguaggio della non contaminazione dello spazio la cui matrice originaria denuncia origini razziste contemporanee, pur spesso alimentandosi
di un linguaggio etnocentrico che usa e sfrutta molti concetti che preesistevano al
linguaggio dei razzismi moderni.
Allo stesso titolo quello stesso linguaggio innerva e struttura metafore, raffigurazioni, immagini, retoriche che hanno diffusione non marginale anche fuori dall’area mediorentale e rinnovano in forma propria linguaggi e culture che hanno
costruito una figura dell’ebreo come nemico nel corso del secondo millennio. Un
“nemico” che in alcuni contesti con lentezza è stato accolto, “emancipato” e parificato nei diritti nel corso della lunga rivoluzione democratica che ha preso le mosse dalla Rivoluzione francese, in altri con molte lacerazioni ha maturato dei diritti
(anche se al prezzo di molte conflittualità e lacerazioni (è il caso della Germania
e del Centro dell’Europa), in altri ancora ha scommesso su un’ipotesi di riscatto
sociale collettiva – è il caso della Russia sovietica, ma che non per questo nel lungo secolo sembra aver emancipato e integrato davvero il mondo ebraico nella
“grande madre Russia”.
Non c’è un antisemitismo meno efficace che è sostituito da uno più efficace. L’antisemitismo non è un’ideologia compiuta, organica e coerente. È una pratica che
raccoglie molte cose lungo la strada e mai le perde, dotandosi di un vasto archivio sensibile alle trasformazioni del tempo, ma comunque disponibile ad essere rimobilitato in contesti e, talora, con scopi diversi e distinti.
In questo senso l’antisemitismo non è un’ideologia coerente, ma è un discorso coerente ed è spalmato lungo l’asse destra-sinistra in forme, pratiche, discorsi, linguaggi diversi.
David Bidussa *
Riferimenti bibliografici
Yves Chevalier, L’antisemitismo : l’ebreo come capro espiatorio, Ipl, Milano 1991
Gabriele Eschenazi – Gabriele Nissim, Ebrei invisibili : i sopravvissuti dell’Europa orientale dal
comunismo a oggi, Mondatori, Milano 1995.
Furio Jesi, L’accusa del sangue : mitologie dell’antisemitismo, Morcelliana, Brescia 1993.
Pierre-André Taguieff Les Protocoles des Sages de Sion, Berg Internationale, Paris 1992.
* David Bidussa
Nato a Livorno nel 1955, è direttore della Biblioteca della Fondazione Feltrinelli, per la qua9
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le ha ideato e realizza la libreria virtuale di eBook Testo ritrovato. Collaboratore de “Il riformista”, membro del comitato redazionale di “Italianieuropei”, studioso di storia contemporanea, ha pubblicato in volume: Ebrei moderni: identità e stereotipi culturali (curatore; Bollati Boringhieri 1989); Oltre il ghetto (Morcelliana, Brescia 1992); Il mito del bravo italiano (Il Saggiatore 1994); La France de Vichy (Feltrinelli 1996); Identità e storia degli ebrei
(Franco Angeli 2000); Il libro e la spada. La sfida dei fondamentalismi. Ebraismo, cristianesimo, Islam (in collab. con Stefano Allievi e Paolo Naso; Claudiana 2000); La mentalità totalitaria. Storia e antropologia (Morcelliana 2001).
I lavori del Consiglio Pastorale Parrocchiale
X e XI sessione
La X sessione di lavoro del Consiglio Pastorale Parrocchiale del 20 gennaio
scorso è stata dedicata all’approfondimento del terzo capitolo del percorso pastorale diocesano Mi sarete testimoni e ha avuto due ospiti speciali: padre Mircea
e il seminarista Alexander, che si trovavano a Milano in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Tre gli impegni sottolineati nel capitolo:
1. l’impegno a formare i cristiani
2. l’impegno a vivere la missionarietà nella quotidianità
3. l’impegno a trovare nuove strade di missionarietà
Il Consiglio si è trovato in sintonia con gli orientamenti espressi nel percorso pastorale e ritiene che la comunità sia piuttosto aperta e stia camminando nella giusta direzione. Occorre concentrare e moltiplicare gli sforzi per valorizzare le occasioni di incontro con le molte persone abitualmente distanti dalla fede e dalla
Chiesa che per vari motivi incrociano la vita della comunità. L’itinerario di preparazione al matrimonio dei fidanzati, quello per il battesimo dei bambini, il percorso della catechesi rappresentano alcuni dei momenti in cui queste persone incontrano il nostro volto di comunità: in queste situazioni è fondamentale la nostra
capacità di essere accoglienti, di trasmettere amore.
È stata inoltre sottolineata l’importanza di essere testimoni del Vangelo non soltanto all’interno della parrocchia ma anche sul lavoro, in casa, a scuola.
Evangelizzare oggi è piuttosto difficile soprattutto con i giovani e richiede alcune attenzioni fondamentali: una maggior cura e rispetto del loro cammino di fede, una consapevolezza più chiara della loro esigenza di scoprire di persona significati e valori della vita, una testimonianza più coerente da parte di noi adulti.
Un altro punto sul quale lavorare è il superamento di una visione ancora
troppo individualistica della missione e la necessità di far crescere un’immagine di chiesa come comunità aperta e accogliente in cui possono convivere
anche livelli di vicinanza e coinvolgimento diversi: una chiesa - per usare
un’immagine del cardinal Martini – immaginata e vissuta come un gruppo
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di amici attorno ad un falò dove tutti con diverse intensità ricevono il calore.
Per approfondire il tema della parrocchia, volto quotidiano della chiesa - argomento della sessione di lavoro successiva - è stato distribuito il testo della relazione
di mons. Renato Corti, vescovo di Novara, all’assemblea della CEI e sono stati attivati quattro gruppi di approfondimento sulla figura della parrocchia oggi.
La parte conclusiva della serata è dedicata alle feste della comunità: il gruppo incaricato ha evidenziato come la scarsa partecipazione ai momenti di festa sia conseguenza di una diminuita capacità di aggregazione a livello più generale, specialmente per quanto riguarda la realtà giovanile. Si decide quindi di allargare la
commissione (con le nuove adesioni di Massimo Tuffi e Massimo Gianotti), che
farà riferimento a p. Guglielmo per studiare insieme con lui proposte che rilancino la partecipazione e l’aggregazione in tutti gli ambiti possibili.
Nell’XI sessione di lavoro, tenutasi il 23 marzo scorso, Aldo Cannistrà, a nome
del CAEP, ha illustrato al Consiglio Pastorale il bilancio della parrocchia relativo all’anno 2003 (pubblicato qui di seguito), soffermandosi in particolare sulle
spese realmente sostenute per il rifacimento del Teatro e il restauro del tetto.
La serata è proseguita con la presentazione e discussione dal lavoro svolto dai gruppi sul tema “parrocchia, volto quotidiano della Chiesa”. Alla distribuzione delle
quattro relazioni scritte - dedicate rispettivamente alla conoscenza del territorio, all’ascolto della Parola, all’Eucaristia e alle relazioni fraterne - e alle introduzioni dei
coordinatori dei gruppi (Paolo Mazza, Milena Visconti, Giuliano Galeazzi, Ester
Tuffi) fa seguito il confronto sulle riflessioni e sulle proposte concrete emerse.
Proposte riprese dal moderatore (Matteo Malinverno) che ha sottolineato due esigenze particolarmente sentite a tutti i livelli: quella della catechesi e quella dell’aggiornamento dell’informazione.
Nell’intervento conclusivo padre Giuseppe ha fatto il punto sugli orientamenti
emersi dalla discussione:
• per quanto riguarda la proposta di incontri per genitori e ragazzi in oratorio si
passa lo studio di fattibilità a padre Guglielmo;
• circa l’ipotesi di nuovi incontri di catechesi per adulti si suggerisce di lavorare
innanzi tutto per riportare nelle varie commissioni le proposte formative già esistenti (corso biblico, lectio divina, quaresimali) per un approfondimento;
• in due gruppi è emersa la proposta di un “foglio” da distribuire durante la benedizione delle famiglie come strumento di conoscenza delle diverse commissioni che operano in parrocchia e del tipo di lavoro che svolgono. Suor Anna e
Milena Visconti si incaricano di studiarne la possibile relaizzazione;
• per quanto riguarda la comunicazione e la visibilità, come richiesto dal gruppo
di Paolo Mazza, dal punto di vista della conoscenza delle famiglie è sufficiente
aggiornare l’archivio, mentre viene sottolineata l’importanza di una comunicazione delle situazioni di malattia e di ospedalizzazione da parte di chi ne viene
a conoscenza, sempre con la massima sensibilità e discrezione.
Maurizia Cannarella ed Elisabetta Arenare
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Parrocchia
S. Angela Merici
Chiesa, parrocchia e movimenti:
testimonianze / 4
Quando avete incontrato l’esperienza del cammino neocatecumenale e quali sono stati gli elementi che più hanno attratto il vostro interesse?
Nel novembre del 1992, in una parrocchia del decanato, un laico prese la parola
dando, unitamente alla sua testimonianza di fede, un annuncio valido per tutti,
giovani e adulti: annunciava “le catechesi che si sarebbero svolte in parrocchia due
volte la settimana nelle ore serali”.
Il cartoncino di invito riportava delle domande che ci colpirono molto. Diceva:
“Ha senso la tua vita? e la tua sofferenza? e l’insicurezza quotidiana? e la solitudine?”. E poi aggiungeva: “… Ti è possibile maturare una fede adulta e riscoprire Gesù Cristo, che, amandoti come sei, dà senso alla tua vita”. Poi c’era questo
passo del vangelo: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò” (Mt 11,28).
Frequentando da sempre la Chiesa ci chiedevamo cosa potessero offrire queste catechesi e, incuriositi per quelle domande che ci avevano fatto riflettere, decidemmo di andare a sentire la buona notizia annunziata.
E dopo aver ascoltato le catechesi, nel 1993 entrammo in cammino in comunità,
perché la Parola aveva fatto bersaglio nel nostro cuore e quello che più ci aveva
colpito era la risonanza della Parola. Il catecumeno è colui che impara ad ascoltare la Parola di Dio e la fa risuonare: infatti Dio con la sua Parola parla alla mia,
alla tua, alla nostra storia. Un’altra meraviglia è stata quella di constatare come
nella comunità tanti fratelli e sorelle di età diversa e di ceti diversi, di interessi diversi e che mai tu avresti scelto stanno insieme con un unico scopo, quello di imparare ad ascoltare e a conoscere la Parola di Dio.
Quali sono i momenti della vita di questo cammino ai quali partecipate abitualmente?
Innanzi tutto l’incontro infrasettimanale per la liturgia della Parola, la quale attualizzata nella vita concreta e quotidiana diventa testimonianza che può modificare il senso del vivere. E poi il sabato sera la celebrazione dell’Eucaristia.
Una volta al mese la comunità si ritrova la domenica con il sacerdote, per la recita
delle Lodi e la liturgia della Parola: quest’incontro è una palestra di vita, uno stare
insieme in Dio, vivendo in comunione e cercando di superare ogni difficoltà.
Quest’esperienza ha cambiato il vostro modo di vedere e di vivere la comunità parrocchiale?
In che modo?
Viviamo il cammino di fede in altra parrocchia, perché in quella di appartenenza non
ci sono comunità neocatecumenali. Frutto di questa esperienza è la certezza che Dio
ci ama così come siamo, peccatori, e che la sua presenza è in noi quotidianamente.
Amandolo riceviamo da lui lo Spirito Santo che è gioia, amore, pazienza, fedeltà, forza e luce per riconoscere sempre il Signore e testimoniarlo con il nostro agire.
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La comunità parrocchiale vive e si sviluppa nella più ampia comunione con la Chiesa diocesana e con il suo vescovo. Questa dimensione della Chiesa locale è presente anche nella vita
del movimento?
Il cammino neocatecumenale non è un movimento, né un’associazione, ma una iniziazione cristiana post-battesimale che si apre nella parrocchia e finisce in essa, facendo cristiani adulti che portano avanti la pastorale del Vescovo nella parrocchia
e, come dice Papa Giovanni Paolo II nel 1° articolo dello Statuto del cammino neocatecumenale: “Riconosco il cammino neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valido per la società e per i tempi odierni, e auspico che i fratelli dell’Episcopato valorizzino ed aiutino, insieme con i loro Presbiteri, questa opera per la nuova evangelizzazione”. È pertanto uno strumento al servizio dei vescovi
e dei parroci per riportare alla fede tanta gente che l’ha abbandonata. Inoltre il Papa ha detto che istituzioni e carismi sono essenziali nella Chiesa.
A vostro giudizio che cosa ha da ‘insegnare’ il movimento alla parrocchia? E la parrocchia al
movimento?
Crediamo sia molto importante evangelizzare, specialmente oggi, nella nostra società, perché tutti, nel profondo del cuore abbiamo il desiderio di essere felici, e
anche se il mondo ci prospetta una felicità che si ottiene attraverso il denaro, il successo, il potere, il piacere effimero, evidentemente questo non basta. Noi siamo
fatti per la felicità, altrimenti che senso avrebbero le Beatitudini? Il nostro desiderio di felicità dunque è legittimo e come dice il Papa: “Solo aggrappandoci alla
croce gloriosa di Gesù Cristo, morto e risorto per noi, amando il nostro prossimo
misureremo la nostra fede”. Ma se non riusciamo a voler bene a chi ci sta accanto, figuriamoci se riusciamo a farlo con i nemici. Per questo la preghiera è lo strumento indispensabile per chiedere a Dio di aver misericordia per le nostre debolezze, le nostre stanchezze, i nostri limiti materiali e personali. Chiediamo aiuto allo Spirito Santo perché sia guida e luce ai nostri passi e ci dia un frammento
dell’amore del Padre celeste per poter amare così i nostri fratelli.
Enzo e Bruna Sacchi
Insieme col cuore aperto ad ascoltare
Il ritiro per le famiglie a Valbondione
E sì, arrivare non è stato semplice, tutti i retaggi, le tensioni, le fatiche quotidiane le abbiamo conservate fino all’ultimo; e il traffico, assurdo, pedante, addirittura irriverente, è stato con noi fino all’ultimo. Ha voluto accompagnarci da Milano all’ingresso del paese così che lo stacco è stato ancora più bello, immediato: all’arrivo c’erano p. Giuseppe e quelli che erano arrivati qualche ora o minuto prima così che ci siamo subito ritrovati come a casa, con amici, anche se alcuni si conoscevano solo di vista. Ed è così che ci siamo sentiti a cena venerdì sera e a co13
Parrocchia
S. Angela Merici
lazione il mattino successivo nella sala con i tavoli disposti a refettorio.
Subito dopo ci siamo ritrovati, insieme, vicini, col cuore aperto ad ascoltare o a
capire, a cercare il significato della nostra gioia di essere famiglie.
La lettura di alcuni passi del Vangelo suggeriti da p.Giuseppe ci ha aiutato a riflettere, a guardare dentro di noi per aprirci alla parola del Signore.
Gli spunti sono stati molti: “la casa come luogo dove si vive il Vangelo” ma, purtroppo, dove “si vivono anche le tensioni”; “la missione della famiglia”; “la gioia
dei bambini e dei ragazzi già grandi”, ma anche il tema e l’invito ad aprirci, a non
chiudere le nostre porte, fisiche e non, a non vergognarci di essere testimoni di
vita cristiana fra la gente.
Su questi temi e molti altri abbiamo parlato, riflettuto, pregato insieme nella giornata di sabato, ma abbiamo anche trovato il tempo di fare delle stupende passeggiate.
I bambini presenti, poi, erano un ulteriore motivo di gioia: bastava guardarli correre nel prato e, perché no, scoprire la confusione fatta nelle camere, per sentirci tutti, con loro, un po’ bimbi. Un ringraziamento particolare va alle ragazze che sono venute a fare assistenza ai bambini e a p. Guglielmo che ha condiviso con noi la cena.
Domenica mattina è stata particolarmente sentita da tutti la preparazione dell’Eucaristia: dal gruppo che ha preparato il pane azzimo a quelli che hanno scelto e intonato i canti ci siamo sentiti chiesa viva e profonda.
Nell’atto penitenziale abbiamo chiesto perdono per tutte quelle volte che non abbiamo saputo vivere con gratitudine e gioia il dono degli affetti familiari, che il nostro star bene ci ha chiusi nell’indifferenza, che la nostra presunzione ha chiuso
le porte dell’accoglienza, del dialogo, dell’ascolto della parola di Dio.
Dal gruppo che ha partecipato al “ritiro spirituale delle famiglie” – gruppo molto variegato, fatto da coppie giovani e non, con figli o in loro attesa – è scaturito
il desiderio di “aprire le porte”, di offrire e condividere la nostra gioia con tutti.
Abbiamo preso l’impegno di continuare ad incontraci chiedendo a p. Giuseppe di
aiutarci in questo cammino anche attraverso la lettura e la comprensione del
Vangelo, col desiderio profondo di essere portatori di gioia e presenza cristiana.
La porta è aperta a tutti fatevi avanti senza timore!
Giuseppe e Sabrina Gismondi
Nuovi ingressi alla chiesa parrocchiale
Il difficile dialogo tra sacro e architettura moderna trova oggi un ampio dibattito culturale, spaziando tra le sperimentazioni più ardite e il criterio di assoluta conservazione e restauro. La sacralità dei luoghi di culto deve poter essere espressa da spazi,
materiali e oggetti che nella loro semplicità riescano a trasmettere la spiritualità che
li ha generati e per la quale sono nati. L’attuale difficoltà di comunicazione tra architettura moderna e Chiesa evidenzia il disagio e la difficoltà ad interiorizzare e dar voce e forma ad un messaggio forte e chiaro quale l’annuncio cristiano. La chiesa si spo-
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glia da un lato dell’alone di intoccabile sacralità per poter accogliere ed incontrare il
suo popolo, esprimendo delle funzionalità precise e una ritualità rinnovata che richiede l’adeguamento del suo “tempio”; dall’altro essa si riveste e difende la propria
identità culturale storicamente caratterizzata dalla ricerca del bello, dell’arte, del decoro e della preziosità.
La nostra chiesa, a distanza di circa quarant’anni dalla sua edificazione, manteneva
ancora le originali porte provvisorie in legno in attesa dei portoni artistici con decori geometrici in fusione di bronzo… di fatto mai realizzati.
Finalmente dopo tanti anni, sullo spunto di un’esigenza di messa in sicurezza, è nato
il progetto per la nuova realizzazione degli ingressi alla chiesa. In collaborazione con
lo studio Sottosquadro, l’architetto Gritti, e l’accurata committenza rappresentata da
dalla comunità dei Padri Sacramentini e da padre Giuseppe, che ha ispirato e sorvegliato con grande attenzione e cura gli sviluppi e l’evoluzione degli eventi, sono state
mosse le prime osservazioni e riflessioni. Si è deciso innanzi tutto di mantenere ed evidenziare quello spazio di passaggio capace di mediare l’esterno con l’interno, in una
sorta di spazio intermedio necessario a spogliarsi della condizione meramente umana
e quotidiana predisponendo corpo e anima alla spiritualità del luogo sacro; uno spazio, infine, naturalmente destinato all’accoglienza dove tutte le domeniche si esprime
il saluto del sacerdote alla comunità.
Lungo la facciata principale esterna si è voluto conservare la centralità dell’ingresso
e la simmetria delle porte scegliendo il ferro verniciato nei colori del rame e del bronzo in grado di armonizzarsi con le decorazioni ceramiche del portale esterno e i vari
elementi realizzati in rame presenti nell’interno. Tutte le aperture, al fine di facilitare l’esodo in caso d’emergenza, sono state orientate verso il senso d’uscita, le porte
principali conservano un utilizzo riservato alle celebrazioni più importanti, mentre
le due porte laterali sono destinate al transito quotidiano.
Entrando in chiesa il volume costruito viene lasciato alle spalle, quasi dimenticato fino
al momento di uscire, quando, dopo aver riflettuto, pensato, pregato, incontrato Dio
nella sua casa, ci si appresta a ritornare alla quotidianità della famiglia, del lavoro, del
mondo reale. È allora che si è voluto dare un messaggio forte, una sorta di missione raffigurata e rappresentata nelle formelle in ceramica realizzate dall’artista Francesca Pezzotti. Le quattro immagini costituiscono altrettante priorità che la comunità cristiana
oggi vive nella sua missione nella storia: la pace (raffigurata dal segno classico della colomba), la giustizia (raffigurata secondo la visione del profeta Isaia, che risulta inscritta nei rivoli del fiume che scorre al centro della formella), l’ecumenismo (rappresentato dal disegno di un melograno: l’unità nella diversità) e dalla salvaguardia del creato
(raffigurata stilisticamente con i simboli delle acque, del fiore e della montagna).
Infine alcuni elementi presenti nella chiesa sono stati ripresi: la lastra artisticamente
decorata che precedentemente decorava un altare minore è stata valorizzata dal nuovo posizionamento sopra l’ingresso principale, la croce dell’altare principale realizzata da Pomodoro è stata riprodotto in scala minore sulle maniglie delle porte secondarie e il tema del pane spezzato, già raffigurato sul ciborio, è stato ripreso per le
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Parrocchia
S. Angela Merici
maniglie del portone centrale: realizzate in forma ovale con la rappresentazione del
pane azzimo, esse ripropongono la simbologia del pane eucaristico che si spezza per
celebrare il rito che consolida il patto della comunità cristiana, tema questo particolarmente caro alla nostra comunità parrocchiale e ai nostri Padri Sacramentini, che
in questa occasione hanno avuto il coraggio di progettare e realizzare un intervento
architettonico contemporaneo, capace di comunicare a chiare lettere il sempre attuale messaggio cristiano.
Mary Savegnago
I …magnifici sette a S. Agata
il ritiro del gruppo 18enni
Era una solare mattina di aprile in quel di Milano, e quella mattina sette ragazzi si accingevano a partire a bordo di un pulmino verso una meta sconosciuta a loro e all’atlante stradale. Poche e semplici indicazioni: “portate vestiti comodi, che si lavora.
Guai a chi non viene.” Le menti dei magnifici sette pensavano all’unisono “Ma che cavolo andiamo a fare?” Una radiosa Milano lascia spazio a un’uggiosa Toscana. A dir
poco uggiosa. Ad accogliere i nostri avventurieri sotto la pioggia il radioso sorriso dei
padri che li aspettavano, che con il loro calore bergamasco fanno sentire tutti subito
a casa. O almeno ci provano.
Probabilmente le menti dei magnifici sette pensavano all’unisono “Dove siamo finiti?”
A Sant’Agata sembra di tornare indietro nel tempo. Un uliveto, un pollaio, l’orto, qua
e là zappe, vanghe, carriole, picconi e picconcini.
E niente riscaldamento. Assenza non giustificata dalla scusa “Ma è aprile”, perché se
ad aprile fa freddo come fosse dicembre, sarebbe meglio comportarsi come fosse dicembre.Questo è l’inizio dell’avventura. Un’avventura fatta di preghiera e lavoro.
Ma soprattutto di riflessione. Perché è arrivato il momento di trarre delle conclusioni e di costruire dei pensieri da portarsi sempre con sé.
Pensieri su chi è Dio, sul modo in cui influenza la vita di ognuno. Pensieri sulla vita
quotidiana, sulla speranza di migliorarla, sui sogni futuri da realizzare.
Input forniti da un uomo dalla saggezza straordinaria, che per primo ha mostrato il
suo pensiero e le sue certezze, che si è messo in discussione senza giudicare nessuno:
padre Mario. Riflessioni e lavoro duro. Rompere la terra secca col piccone, sradicare alberi, buttar giù e costruire muretti, raccogliere rami. Il tutto condito da una sana dose di stupidaggine, che ha portato i nostri eroi a giocare a pallavolo sotto la pioggia per ore, a inventarsi soprannomi ridicoli, a nascondere sandali/zaini/mutande/ciabatte - questa è stata opera delle due “cape spedizione”, coloro che dovrebbero dare
il buon esempio... Tutte cose che hanno fatto tornare a casa quei sette ragazzi stanchi
nelle membra ma forse un po’ più arricchiti nell’animo. Ha fatto rivalutare il valore
delle piccole cose, tipo il piumone, il termosifone acceso. E ha dato la possibilità alle
7 creature metropolitane di sperimentare una vita nuova e di capire che, in fondo, sono veramente 14 braccia rubate all’agricoltura!
Chiara ’86
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Una nuova collaborazione di solidarietà
fra Caritas Ambrosiana
e supermercati COOP Lombardia
Nel mese di settembre 2003 la Caritas Ambrosiana ha chiesto a 40 Centri di
ascolto della Diocesi, presso i quali era già attivo il Banco Alimentare, la disponibilità ad aderire a un nuovo progetto per aiutare in maniera più concreta e dignitosa le famiglie in difficoltà. Il nostro Centro di ascolto è uno di questi.
Questo progetto, nato dalla collaborazione fra Caritas Ambrosiana e COOP Lombardia, prevedeva una prima fase durante la quale sono stati assegnati dei buoni
alle persone in difficoltà per acquistare la spesa presso i supermercati COOP.
Poiché tale progetto ha dato ottimi risultati si è passati alla tappa successiva: Caritas Ambrosiana ha creato CARTA EQUA, una carta di credito monitorata, utilizzabile dalle persone bisognose nei supermercati COOP e IPERCOOP.
Per sperimentare CARTA EQUA sono stati scelti 5 Centri di ascolto nella Diocesi, tra i quali il nostro. Così una famiglia in temporanea difficoltà della nostra
parrocchia può già beneficiare di CARTA EQUA.
Che cos’è Carta Equa
“Carta Equa” è una carta di credito interna che rende il gesto quotidiano della spesa accessibile anche ai più poveri superando forme passive di assistenza.
“Carta Equa” è rilasciata da Unicard, al progetto concorrono Caritas Ambrosiana, Banca Etica e COOP Lombardia.
Sono previste due carte: “CARTA EQUA BENEFATTORE” e “CARTA EQUA
BENEFICATO”.
I titolari di “Carta Equa Benefattore” possono pagare la propria spesa in tutti i
supermercati e ipermercati COOP Lombardia, destinando ogni volta un’offerta
a persone in difficoltà. COOP Lombardia raddoppia il contributo del benefattore.
Le donazioni vengono raccolte nel conto Conviva, aperto presso Banca Etica ed
intestato a Caritas Ambrosiana, a cui si attinge per finanziare “Carta Equa Beneficato” destinata a persone bisognose segnalate dai Centri di ascolto.
Entrambe le carte hanno uguale aspetto grafico, in modo da rendere indistinguibili il benefattore e il beneficato.
CARTA EQUA BENEFATTORE
Come funziona:
1. fai la spesa nei punti di vendita Coop Lombardia e paghi con Carta Equa alla
cassa;
2. sulla tua spesa al momento dell’addebito in conto da parte di Unicard viene aggiunta una percentuale di solidarietà dell’1% (es: per una spesa di 100 euro l’addebito sarà di 101 euro);
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Parrocchia
S. Angela Merici
3. Coop Lombardia raddoppia il tuo contributo: 1%+ 1%. Per 100 euro di spesa
il contributo è così pari a 2 euro;
4. i tuoi contributi confluiscono nel fondo Conviva, aperto presso Banca Etica e
intestato a Caritas Ambrosiana;
5. con il fondo Conviva si finanzia una seconda Carta Equa, graficamente uguale alla prima, che Caritas Ambrosiana assegna a persone e famiglie inserite in
programmi di aiuto. Caritas Ambrosiana definisce il massimale di spesa delle
carte dei beneficati valutando ogni caso singolarmente.
Come richiederla:
dove rivolgersi:
• presso i punti vendita dei supermercati e ipermercati COOP Lombardia
• presso Caritas Ambrosiana - Segreteria Prossimità - via S. Bernardino 4 - Milano
• presso Banca Etica - Filiale di Milano - via Santa Tecla 5
documenti necessari:
• un documento d’identità
• il codice fiscale
• le coordinate bancarie
• la fotocopia di un documento attestante il reddito .
Confidiamo nell’aiuto e nella collaborazione di tutta la nostra comunità parrocchiale affinché questo segno tangibile di carità possa proseguire e svilupparsi.
Milena Visconti
Per informare e…ringraziare
Un breve aggiornamento in cifre:
• per la missione sacramentina di Kinshasa in Congo durante la Quaresima sono stati raccolti € 13.000,00
• nella domenica delle Palme durante la distribuzione dell’ulivo (accuratamente preparato da Carlo Gilardoni!) sono stati raccolti €
3.150,00
• a Pasqua con la vendita delle uova dipinte inviate da p. Mircea sono stati raccolti € 700,00
• con il banco dei fiori allestito da un nutrito gruppo di genitori in
occasione della festa della mamma sono stati raccolti, a sostegno
delle attività dell’oratorio, € 2.500,00
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno lavorato con impegno alla preparazione e alla buona riuscita di queste iniziative!
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Il 28 maggio al Teatro Blu, presentazione del libro
SCINTILLE - Il fuoco di Prometeo
Volontari e ragazzi si confrontano sull’Hiv
Secondo la mitologia greca Prometeo (il cui nome significa “colui che pensa prima”), era un semidio, da sempre sostenitore del genere umano.
Quando i mortali chiesero il fuoco, a quel tempo posseduto solo dagli dei, Prometeo salì in cielo e rubò il fuoco, donandolo agli uomini. Zeus, scoperto l’inganno,
lo condannò ad una pena atroce: Prometeo fu incatenato ad una roccia, ogni giorno un’aquila ne divorava il fegato, che di notte ricresceva…così per l’eternità.
Tuttavia il fuoco rimase agli uomini.
Molteplici sono le interpretazioni del mito di Prometeo; in generale egli è considerato il benefattore dell’umanità, colui che dona la scintilla del sapere e della capacità tecnica. Il dono del fuoco infatti permette agli uomini di resistere al freddo, di cucinare il cibo e forgiare armi e utensili; di rendersi quindi più autonomi
e di liberarsi da una condizione di continua soggezione e paura nei confronti dei
capricci del fato e della natura.
Il nostro Prometeo è certamente meno eroico e meno ambizioso di quello greco,
non abita nell’alto dell’Olimpo, ma nelle grigie e trafficate Milano e Roma…i suoi
interlocutori non sono né divinità irascibili, né il genere umano nella sua interezza, ma gruppi di studenti della terza media… tuttavia crediamo che, nel suo piccolo, qualche merito se lo sia conquistato!!
Da circa 10 anni Arché , tramite il progetto Prometeo, opera nelle scuole di Milano e Roma, con l’obiettivo di portare tra i ragazzi qualche “scintilla” di riflessione, soprattutto circa l’importanza di fare scelte quotidiane che siano consapevoli, meditate e mai frutto del pregiudizio o della incapacità di “pensar prima”.
Venerdì 28 maggio, verrà presentato al Teatro Blu un libro che raccoglie i racconti di alcuni volontari che hanno vissuto quest’esperienza con i ragazzi. Dalle
16 alle 18 è prevista una tavola rotonda per insegnanti, genitori e volontari; dalle 19 in poi un concerto per i ragazzi.
IL PROGRAMMA
ORE 16
SALUTO DELLE AUTORITÀ
TAVOLA ROTONDA
Interverranno: Franco Floris direttore di “Animazione Sociale”
Mauro Croce, psicologo esperto di rischio in adolescenza
RINFRESCO
ORE 19
CONCERTO “ROUTE 66” e “LAVORI IN CORSO”
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Parrocchia
S. Angela Merici
I simboli nell’arte: IL LEONE
Presente fin dai più antichi miti, il leone è stato spesso un simbolo ambivalente: presso le civiltà dell’Estremo Oriente o presso egizi, ittiti, assiri, babilonesi e antichi greci, similmente al drago, incarna la forza che incute timore, una forza intimidatoria, ma anche protettrice, tanto da essere posto, di
preferenza, su porte di città o portali di palazzi, ma lo stesso tempio di Gerusalemme aveva leono scolpiti sulle sue porte.
Come segno di forza e giustizia viene posto accanto al trono dei faraoni e
dello stesso Salomone, e poi sarà ripreso anche per i trono dei sovrani medioevali e dei principi della Chiesa.
Come simbolo di Cristo, e quindi dal valore altamente positivo, trae motivo
dalla caratterizzazione della stirpe di Giuda, a cui Gesù apparteneva (cfr. Gn
49, 9 e Ap 5, 5).
La simbologia medioevale vide il contrasto tra la natura divina e la natura
umana di Cristo nell’immagine del leone, la cui parte anteriore suscita l’impressione di una forza straordinaria e imponente, mentre la parte posteriore, a confronto, ha un effetto più debole. Più in particolare è anche simbolo della resurrezione di Gesù: secondo la tradizione i leoncini vengono partoriti morti e informi e tali rimangono per tre giorni finché il loro padre li
richiama in vita riscaldandoli col fiato e li modella poi nella forma giusta,
leccandoli.
Talvolta però, quando compare sui portali delle chiese (a Milano si possono
vedere sull’architrave della porta maggiore di Sant’Ambrogio o di San Simpliciano) può anche essere in relazione con Pt 5, 8 (Il vostro nemico il diavolo
come leone ruggente va in giro cercando chi divorare), quindi un monito alla vigilanza sul male per il fedele; oppure un riferimento alla fortezza della fede
che difende la chiesa dagli assalti del maligno.
Anna Maria Roda
Vittoria europea per l’acqua bene comune
Si è conclusa con successo, l’azione di pressione organizzata dal Comitato
Internazionale per il Contratto Mondiale sull’acqua, con il supporto del Comitati italiano, francese e belga, nella giornata di martedì 9 marzo a Strasburgo, per modificare il testo del rapporto Miller sulle Strategie per il mercato interno- priorità 2003-2006 sottoposto all’ approvazione del Parlamento
europeo, sulla base della Comunicazione redatta dalla Commissione Giuridica per il mercato interno.
Nel corso della votazione uninominale, che ha avuto luogo oggi giovedì 11
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marzo a Strasburgo, il Comitato per il contratto Mondiale dell’acqua ha infatti raggiunto due significative risultati: l’approvazione di un emendamento
che chiedeva di “escludere l’assoggettamento della gestione delle risorse idriche dalle
norme del mercato interno” e l’approvazione di un secondo emendamento che
ha rigettato la richiesta della Commissione di “accogliere con favore le proposte
di continuare la liberalizzazione segnatamente al settore dell’acqua e dei servizi postali” ( art.10). Con 201 voti a favore e 116 contrari, è stata infatti accolta dal
Parlamento la richiesta espressa con una lettera aperta-emendamento, inviata da Danielle Mitterand- p.Alex Zanotelli e Riccardo Petrella a tutti i parlamentari europei, di sostenere , durante le votazioni, la prima parte dell’emendamento all’art. 16 cioè “essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, si ritiene che la gestione delle risorse idriche non debba essere assoggettata alle norme del
mercato interno, privatizzato e liberalizzato”.
L’azione di sensibilizzazione e di riflessione stimolata dal Comitato italiano
con i contributi e le motivazioni esposte nel corso della audizione “aperta” ,
realizzata nella giornata di martedì 9 febbraio presso il Parlamento europeo,
con gli interventi ed i contributi di Alex Zanotelli - Danielle Mitterrand Mario Soares e Riccardo Petrella sulla “debolezza dei principi politici espressi” e
“il basso livello di difesa del carattere di bene pubblico dell’umanità dell’acqua” , ha
determinato un secondo importante risultato a livello di votazione : la soppressione della seconda parte dell’art. 10 con cui la Commissione Giuridica
chiedeva al Parlamento di “accogliere con favore le proposte di continuare la liberalizzazione e l’apertura dei mercati in altro settori e segnatamente l’acqua ed i servizi
idrici , nel rispetto sempre degli obblighi del servizio universale”.
“Entrambe queste assunzioni di responsabilità del Parlamento europeo dimostrano - ha
dichiarato Rosario Lembo, Segretario del Comitato Italiano per il Contratto
Mondiale sull’acqua che ha organizzato l’audizione del Contratto Mondiale
sull’acqua a Strasburgo, - che se la società civile, i movimenti sono capaci di inserirsi negli spazi di democrazia e di partecipazione che esistono all’interno delle istituzioni, con precise proposte politiche, è possibile condizionare la ‘P’olitica, anche quella
espressa dagli interessi forti delle multinazionali”. È la seconda volta, dopo la sconfitta di Cancun, che la Commissione Europea , nonostante la forte lobby esercitata dalle principali imprese multinazionali europee, è costretta da un voto
del Parlamento, a cambiare la propria strategia rispetto alla tendenze da tempo in atto di affermare i principi della privatizzazione della gestione delle risorse idriche e di sancire la mercificazione dell’acqua. ll successo raggiunto
con questa iniziativa costituisce uno stimolo ed un forte segnale di incoraggiamento per continuare , a partire dal territorio, l’impegno per sollecitare il
“riconoscimento dell’acqua come un diritto umano universale per tutti” e la gestione
delle risorse idriche come un “servizio pubblico europeo”.
(dal sito del Cipsi – www.cipsi.it)
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Parrocchia
S. Angela Merici
Agenda della comunità
Domenica 16 maggio
4 Alla celebrazione eucaristica delle ore 11.30 la comunità parrocchiale accoglie
i 18 ragazzi del percorso di catechesi differenziata preparati da Monica ed
Ester per la celebrazione dei sacramenti della Cresima e dell’Eucaristia.
Lunedì 17 maggio
4 Alle ore 21, in chiesa, preghiera del Rosario.
4 Alle ore 21 incontro del secondo gruppo giovani coppie.
Lunedì 17 e martedì 18 maggio
4 Padre Giuseppe e padre Guglielmo saranno a San Benedetto del Tronto per
partecipare all’incontro dei parroci e viceparroci sacramentini.
Martedì 18 maggio
4 Alle ore 21 incontro dei genitori dei bambini del ‘94 della catechesi differenziata.
Mercoledì 19 maggio
4 Alle ore 21 incontro dei genitori dei bambini del ‘95 della catechesi differenziata.
Venerdì 21 maggio
4 Alle ore 21, lectio divina guidata da p. Giuseppe sulle letture della domenica.
Sabato 22 e domenica 23
4 Banco Caritas parrocchiale.
Domenica 23 maggio
4 Alla celebrazione eucaristica delle ore 10 la comunità parrocchiale accoglie i 16
ragazzi del percorso di catechesi differenziata preparati da Elisa e Giovanna per
la celebrazione dei sacramenti della Cresima e dell’Eucaristia.
Lunedì 24 maggio
4 Alle ore 21, in chiesa, preghiera del Rosario.
4 Alle ore 21 incontro dei genitori dei bambini del ‘96 della catechesi differenziata.
Mercoledì 26 maggio
4 Alle ore 18.00: Incontro parrocchiale in Duomo per pregare all’altare di
s.Giovanni Bono davanti alle spoglie di s.Ambrogio e di s.Agostino.
Giovedì 27 maggio
4 incontro dei genitori dei bambini del ‘93 della catechesi differenziata.
Sabato 29 maggio
4 Alle ore 21 tutta la comunità è invitata a partecipare alla veglia di Pentecoste
in chiesa.
Domenica 30 maggio
4 Festa dei diciottenni.
4 Banco dei prodotti del commercio equo e solidale.
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Lunedì 31 maggio
4 Alle ore 21, in chiesa, con la preghiera dell’”Akatistos” si conclude il mese di
maggio.
Giovedì 3 giugno alle ore 21
CONCERTO PER ORGANO E TROMBA
G. F. TELEMANN (1681-1767)
La Majestè, La Grace, La Vaillance,
La Rejouissance
G. VALERI (1760-1822)
Siciliana
B. GALUPPI (1706-1785)
Allegro
A. MARCELLO (1686-1739)
Concerto in Do minore
(Allegro moderato-Adagio-Allegro)
Padre DAVIDE DA BERGAMO (1791-1863)
J.S.BACH (1685-1750)
Suonatina
dai Corali “Schübler”:
Wachet auf, ruft uns die Stimme BWV 645
Wer nur den lieben Gott läßt walten BWV 647
J. BRAHMS (1833-1897) dai preludi corali op. posth. 122
O Gott, du frommer Gott
O Welt, ich muß dich lassen
H. PURCELL (1659-1685) Sonata in Re Maggiore
(Allegro pomposo-Adagio-Presto)
Fra’ ARMANDO PIERUCCI (1935-vivente)
Elevazione
Padre DAVIDE DA BERGAMO (1791-1863)
Elevazione in Re minore
G. F. HANDEL (1685-1759)
Suite in Re Maggiore
(Overture-Giga-Minuetto-Bourrè-Marcia)
Luciano Marconcini: tromba
Emanuele Catena: organo
Sabato 5 e domenica 6 giugno
4 Festa dell’ORPAS.
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Parrocchia
S. Angela Merici
Da lunedì 7 a venerdì 25 giugno
4 Per i ragazzi ESTATEINSIEME in Oratorio.
Sabato 12 giugno
4 Dalle 9.00 alle 12.30, a Vertemate, sessione conclusiva del Consiglio Pastorale
Parrocchiale.
Da giovedì 1° a mercoledì 7 luglio
4 Per i ragazzi delle elementari, a partire da 7 anni, campo estivo a Brentonico
(TN) con p. Giuseppe.
Da giovedì 1° a sabato 10 luglio
4 Per i ragazzi delle medie campo estivo a Salice d’Ulzio (TO) con p. Guglielmo.
INCONTRI POMERIDIANI PER LA TERZA ETÀ
Questo il calendario degli incontri promossi dal Movimento Terza Età (ore 15.30):
martedì 18 maggio incontro biblico
giovedì 20 maggio incontro di catechesi guidato da p. Cirillo. Al termine si festeggeranno i compleanni del mese
giovedì 27 maggio pellegrinaggio al Santuario Madonna della Caravina, in
Valsolda. Per informazioni e iscrizioni rivolgersi alla Segreteria parrocchiale.
Centro culturale
Mercoledì 19 maggio
Visita guidata all’Università Cattolica. Il ritrovo è fissato per le ore 14 davanti
all’ingresso di largo Gemelli 1.
dal 13 al 19 settembre
Pellegrinaggio nei luoghi agostiniani (Tunisia e Algeria)
Informazioni sul programma e iscrizioni presso il Centro Culturale
tel. 02.690.123.318 - martedì, mercoledì, giovedì dalle ore 18 alle 19.30
In decanato
Lunedì 17 maggio
4 alle ore 21.00 Consiglio pastorale decanale.
fogl onformativo - n. 332 - maggio 2004
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Lunedì 17 maggio - ore 21
Nicola Orioli
“Virtual Sax”
Sabato 22 maggio 2004
Senhal – Musica tradizionale occitana
Gianrenzo Dutto: organetto, armonica a bocca, scacciapensieri, voce.
Silvio Peron: organetto, voce – Gabriele Ferrero: violino, mandolino
ingresso libero
Mercoledì 26 maggio 2004
Educazione e morte
L’educazione a confronto con i grandi temi dell’esistenza
Voce dialogante Igor Salomone
Letture Paola Maestroni, Irene Auletta
Voce recitante Tino Danesi, Clemente Suardi
Regia Rossana Andreoni
ingresso libero
Giovedì 27 maggio 2004
Roberto Durkovic in concerto
Per informazioni e prenotazioni:
Pensieri e Colori Coop. Sociale
tel. 02 2682 4782 (dal lunedì al venerdì 9-13 / 14-18)
www.teatroblu.org
[email protected]
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Parrocchia
S. Angela Merici
In città
Da venerdì 21 a domenica 23 maggio
4 Presso il Centro Missionario Pime, via Mosè Bianchi 94, si svolge Tuttaunaltracosa 2004 , decima edizione della Festa mercato del commercio equo e solidale. Ingresso libero. Tutto il programma su www.tuttaunaltracosa.it.
Mercoledì 26 maggio
4 Alle ore 21, presso il Chicobar di via Ollearo 5, in occasione della campagna “La
via del cotone”, serata su Kkm: tessere la speranza. Presentazione del progetto di commercio equo e solidale con gli ex lebbrosi della comunità di Kkm, in
India. Incontro con Ana Claudia “Cacau” Cazerta e Paola Bonfante appena tornate da un viaggio per lo sviluppo di nuovi prodotti tessili artigianali. Durante la serata dimostrazione di tessitura con telaio manuale.
Mercoledì 2 giugno
4 Arché invita tutti gli amici dell’associazione, i volontari, famiglie e bambini ad
una giornata da trascorrere insieme nella cornice suggestiva del Castello di Casiglio, nei pressi di Erba. Sarà l’occasione per pranzare insieme all’aperto e far
divertire i bambini. Per informazioni e adesioni rivolgersi alla segreteria di Arché al n. 02.603603-0 entro il 21 maggio.
PELLEGRINAGGIO AI LUOGHI DI S. PIERGIULIANO EYMARD
DAL 2 AL 7 AGOSTO 2004 – PROGRAMMA DI MASSIMA
1° giorno – 2 agosto – MILANO / LA MURE
Nella prima mattinata ritrovo e partenza con pullman privato per Notre Dame de Laus. Visita e pranzo. Nel pomeriggio partenza per La Salette e visita del santuario. Partenza per La Mure. All’arrivo,
sistemazione in hotel. Cena e pernottamento.
2° giorno – 3 agosto – LA MURE
Trattamento di pensione completa in hotel. Intera giornata a disposizione per la visita e le celebrazioni a La Mure.
3° giorno – 4 agosto – LA MURE / GRENOBLE
Partenza per Monteynard. Visita e partenza per
St. Romans. Visita e proseguimento per Chatte.
Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio dopo la visita, partenza per L’Osiers, santuario dove il p.Eymard ha celebrato la prima messa.
Visita e partenza per Grenoble.
fogl onformativo - n. 332 - maggio 2004
4° giorno – 5 agosto – GRENOBLE / LIONE
In mattinata partenza per La Chartreuse, la prima certosa di s.Bruno. Visita e pranzo in ristorante. Nel pomeriggio partenza per Lione. All’arrivo, sistemazione in hotel.
5° giorno – 6 agosto – LIONE
Partenza per Ars. Visita e rientro a Lione. Nel
pomeriggio visita di Fourvière (casa dei Maristi)
e di Lione.
6° giorno – 7 agosto – LIONE / MILANO
Prima colazione in hotel. Partenza per Torino Milano. Arrivo in mattinata.
Le iscrizioni vanno date entro il 20 maggio
Per informazioni e iscrizioni
rivolgersi alla Segreteria Parrocchiale
con orario 9.00-12.00 e 16.00-19.00
Tel. 02 690123310
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Nella comunità parrocchiale
sono entrati
Maria Sonila Muca – 10 aprile 2004
Giuseppe Ylli Muca – 10 aprile 2004
Francesco Badiale – 18 aprile 2004
Pietro Cerniglia - 18 aprile 2004
Martina Zinesi - 18 aprile 2004
Alessia Maffezzini – 18 aprile 2004
Noemi Sinigallia – 18 aprile 2004
Federico Parpaiola – 18 aprile 2004
Anna Baiocchi – 18 aprile 2004
Aurora Bisogni – 18 aprile 2004
Edoardo Luca Milella – 18 aprile 2004
Daniele Villa – 9 maggio 2004
Alessandro Carlo Aldo Iacono – 9 maggio 2004
Carlo Emilio Mazzon – 9 maggio 2004
Nicolas Giacomo Minet – 9 maggio 2004
Alice Veneroni – 9 maggio 2004
Andrea Giannone – 9 maggio 2004
Sarah Maria Pace – 9 maggio 2004
ci hanno lasciato
Maria Bisconti – anni 85
Anna Maria Cattaneo – anni 72
Carla Maria Sangalli – anni 80
Giovannina Toniutti – anni 82
Anna Maria Remotti – anni 83
Giuseppe Mandelli- anni 80
Giuseppina Guidolin – anni 84
Cangenua Palomba ved. Vona – anni 92
Ermanno Elgardi – anni 83
S. AngelafoglMerici
o
Parrocchia
nformativo
Direttore responsabile – p. Giuseppe Bettoni
Capo Redattore – Tata Tanara
Impaginazione – Pensieri e Colori
Stampa – Francesco Canale
Un ringraziamento particolare
a tutti coloro che collaborano
con gli articoli, alla fascicolatura e
alla diffusione del Foglio Informativo
Trovate il Foglio Informativo anche su:
www.americisss.it
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Parrocchia
S. Angela Merici