da Casa Madre 6/2012 - Missionari della Consolata

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da Casa Madre 6/2012 - Missionari della Consolata
da Casa Madre
Anno 92 - N.6 - 2012
Istituto Missioni Consolata
Perstiterunt in Amore Fraternitatis
Editoriale
“REGINA DEI MISSIONARI” (CCV 154)
P. Giuseppe Ronco, IMC
«Quando il cielo baciò la terra nacque Maria,
che vuol dire la semplice, la buona, la colma
di grazia: è il respiro dell’anima, l’ultimo soffio
dell’uomo» (Alda Merini).
Celebrare con solennità la festa della Consolata
è per noi un bisogno del cuore, “e il cuore dice
ciò che bisogna fare per una madre!” (CVV
159), ma più profondo è il desiderio di scoprire
aspetti nuovi legati a questo titolo, per noi
ispiratore della missione.
Il consolare, l’essere vicini alla gente nel
momento della sofferenza e del bisogno,
l’annunciare Cristo come pienezza di vita,
è fondamentale. La storia di Maria è stata,
infatti, una storia di consolazione quasi sempre
nascosta e silenziosa, fatta di presenza e di
conforto efficace. Ci ha aiutato così a scoprire
l’Emanuele, il Dio vicino, il Dio con noi.
Meno evidente, ma non meno importante, è
l’esperienza di Maria Consolata, nell’aspetto
passivo di questo aggettivo, nell’avere cioè
ricevuto lei stessa da Dio consolazione e
conforto. Vivendola, ha tracciato per noi
l’itinerario del missionario: si può consolare gli
altri solo nella misura in cui noi stessi abbiamo
sperimentato la consolazione che viene da
Dio (cf 2 Cor, 1, 3-7). “Il nome che portate
deve spingervi ad essere ciò che dovete essere”
(CVV 158).
La sua consolazione vera è di aver tessuto nel
suo grembo la carne di Gesù, rendendosi conto
che la Parola di Dio, la Scrittura antica dei
profeti e dei sapienti, si faceva uomo, persona,
Gesù.
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Quella Parola che Dio voleva dire in modo
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definitivo all’umanità, quel Vangelo di salvezza
che voleva annunziato a tutti, quel Logos
“significato” della vita, Maria lo ha portato in
sé.
Si metteva a disposizione del Padre per un
progetto di salvezza che non nasceva dai
suoi desideri, ma che Dio aveva preparato
con pazienza e fedeltà attraverso i secoli. Il
sì di Maria ha permesso all’opera di Dio di
realizzarsi, di incarnarsi nella storia umana, di
dare a tutti la possibilità di stabilire un nuovo
rapporto con Dio e con gli altri. Da allora, quel
Dio che diventava uomo nel grembo di Maria
non si separò più dal genere umano, facendo
dell’umano il suo tratto rivelatore.
«Il Figlio dell’Altissimo venne e dimorò in me, ed
io divenni sua madre. Come io ho fatto nascere
lui – la sua seconda nascita – così anch’egli mi ha
fatto nascere una seconda volta. Egli indossò la
veste di sua madre – il suo corpo; io indossai la
sua gloria» (Inni sulla Natività). Così sant’Efrem
il Siro evoca la nascita di Gesù, parlando
del corpo come di un abito e richiamando il
titolo di “tessitrice”, di ricamatrice, attribuito
anticamente a Maria dalle Chiese siriache.
L’icona siriana dell’Annunciazione presentava
infatti la Vergine con un gomitolo rosso in
mano: ricamava il corpo del Verbo, Cristo, che
da lei riceveva come “vestito”.
A Pasqua la consolazione di Maria conoscerà
la sua pienezza. Presente accanto al Figlio nel
mistero pasquale, riconoscerà in lui Crocifisso
e Risorto la Parola definitiva che il Padre voleva
dire all’umanità: “Dio infatti ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la
vita eterna”(Gv 3,16).
L’esperienza del Servo di Yahwe (cf Is 52,1353,12), il suo essere umiliato, maltrattato e
schernito, Maria l’aveva vissuta nella sua vita.
Donna umiliata perché vergine incinta, serva
solidale fino in fondo con l’umiliazione del
Figlio, continua a fidarsi di Dio, sostenuta dalla
fede e dal desiderio di compiere la sua volontà.
Nel baratro dell’umiliazione, sperimenta la
consolazione di sentire Dio vicino che la
risolleva, ribalta la situazione. Maria gioisce
e canta la sua risurrezione: “L’anima mia
magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio,
mio salvatore, perché ha guardato l’umiliazione
della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata”(Lc 1, 46-48). Maria ha
creduto che la Parola di Dio si sarebbe compiuta
anche attraverso di lei e l’umiliazione accettata
con fede è diventata causa di esaltazione.
Il Magnificat diventa così il canto degli
oppressi liberati e delle situazioni umane che
si capovolgono (vv. 51-52) per effetto della
potenza di un Dio che ama gli umiliati e si
ricorda di loro.
«O Figlia di Sion, il tuo orecchio ha udito gaudio
e letizia, fa’ che anche noi possiamo sentire
da te l’annuncio gioioso. L’angelo aspetta la
tua risposta. Stiamo aspettando anche noi, o
Signora, la tua parola di compassione. Rispondi
presto, o Vergine. Apri, dunque, o Vergine
beata, il tuo cuore alla fede, le tue labbra alla
parola, il tuo seno al creatore. Ecco, colui che
è il desiderato di tutte le genti sta fuori e bussa
alla tua porta. Alzati, corri, apri. Alzati con
la tua fede, corri col tuo affetto, apri col tuo
consenso » (S. Bernardo, Sermoni per le feste della
Madonna).
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MONS. GIOVANNI CRIPPA
VESCOVO ausiliare di San salvador de bahia
www.resegoneonline.it
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Il 13 maggio, nella chiesa di S. Antonio in Feira
de Santana, nello stato della Bahia – Brasile, ha
avuto luogo l’ordinazione episcopale di Padre
Giovanni Crippa, Missionario della Consolata
che ha vissuto la sua infanzia nella comunità di S.
Vito di Barzanò. Per la felice occasione abbiamo
posto alcune domane al futuro Vescovo.
Eccellenza, cosa ha provato lo scorso 21 marzo
quando la Santa Sede ha ufficializzato la sua
nomina a Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi
di San Salvador, quale è stato il suo primo
sentimento?
É stata una grande sorpresa a cui si é aggiunto
un sentimento di felicitá e, allo stesso tempo, di
trepidazione. Sono arrivato in Brasile nel 2000,
come missionario, per servire la Chiesa nella
forma che il Signore mi avrebbe richiesto. Con
questo spirito di amore e di servizio, nonostante
i miei limiti, ho osato dare il mio si alla richiesta
del Santo Padre che mi chiamava al ministero
episcopale.
E cosa pensa proverà domenica quando
riceverà la consacrazione e le insegne
episcopali?
Che è bello e grande sentirsi amati dal Signore,
ma che questa nuova chiamata esigerá da me un
“piú” di fede, caritá, fedeltá e servizio.
Ci può descrivere il suo stemma e il suo
motto episcopale?
Lo stemma è uno scudo con un campo rosso
(il mondo) e verde (la speranza della salvezza),
sormontato da una allegoria grafica dorata, che
simbolizza lo Spirito Santo. In questo campo, si
vede una croce di oro, simbolo de Cristo. Questa
Croce nasce da un giglio – la Vergine Maria –
madre Del Salvatore Del mondo. L’anello
d’argento che racchiude il centro della croce ci
ricorda la fede professata dai cristiani, allo stesso
tempo un libro bianco, con due lettere greche,
indica Colui che fu inchiodato alla croce. Egli é
l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine, annunciato
dagli Apostoli e dai loro successori. Dal libro
Sacro promanano raggi che illuminano il mondo
intero con la Parola di Salvezza indicandoci,
così, il carisma “ad gentes” dei Missionari della
Consolata. Nella parte inferiore del campo rosso
vediamo due ostie, ricordandoci che l’Eucaristia
è il centro e l’apice della vita cristiana e che
deve essere distribuita per la salvezza di tutti,
rimandandoci, così, al mio motto episcopale:
“In aedificationem Corporis Christi”, cioè, “Per
edificare il Corpo di Cristo” (Ef 4,12), che è la
Chiesa.
Quali sono i ricordi degli anni trascorsi
nella comunità di Barzanò quando era
ragazzo?
Sono nato in uma famiglia umile, dove il lavoro
dignificava le persone e la fede sosteneva
le lotte quotidiane. I miei genitori, Franco
e Rita, sono stati per me um esempio e uma
testimonianza de vita. Chierichetto fin dall’età
di cinque anni, mi alzavo presto, tutti i giorni,
per il servizio dell’altare nella chiesetta delle
Suore del Preziosissimo Sangue di Villanova,
frazione di Barzanò. Lí conobbi i Missionari
della Consolata.
Ci sono dei volti in particolare che hanno
segnato questo tratto della sua vita?
Sono tante le persone che il Signore ha messo
sul mio cammino e che hanno collaborato alla
mia crescita con l’esempio, la testimonianza e
la dedicazione.
Oltre ai miei gemitori, non posso dimenticare
alcuni dei mei formatori: p. Antonio Barbero,
p. Guido Limonta, p. Claudio Brualdi e p.
Antonio Vismara che mi hanno trasmesso
l’amore per la missione; don Giuliano Sala, il
mio parroco che mi ha accompagnato in tutti
questi anni con un’amicizia paterna e fraterna;
le Suore Preziosine di Villanova con la loro
costante preghiera; la gente della Parrocchia di
S. Vito Martire di Barzanò e della Parrocchia da
Santissima Trindade di Feira de Santana dove
ho vissuto in questi ultimi dodici anni. Ce ne
sarebbero altri, è difficile ricordarli uno ad uno,
ma tutti conservo nel cuore.
Dopo le elementari l’ingresso nel
Seminario di Bevera. Una vocazione chiara
fin dall’inizio?
Essere missionário fu il desiderio che nacque
nel mio cuore già nell’infanzia. Così entrai
nel Seminario minore dei Missionari della
Consolata di Bevera di Castello Brianza (Lecco)
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all’età di undici anni. Non mancò la nostalgia di
casa, dei miei genitori, dei miei fratelli Maria
Rosa e Gerardo. “Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date” (Mt 10, 8). Questa frase
del Vangelo, più tardi, verso i diciotto anni,
há ispirato il mio cammino vocazionale: dare
gratuitamente, senza misurare tempo e energie,
mettendo i miei doni a servizio dei fratelli.
Nel 1985 l’ordinazione sacerdotale. Il
giovane missionario è desideroso di partire
per la missione, invece … prosegue gli
studi, poi lavora in mezzo ai giovani con
l’animazione missionaria e, infine, come
professore universitario. Quali sono state
le sfide?
Dopo La mia ordinazione sacerdotale, mi sono
dedicato ancora agli studi ottenendo la licenza
in Storia Ecclesiastica, Dal 1987 a 1993 sono
stato animatore missionario e vocazionale nella
Casa Madre del mio Istituto a Torino. É stata
un’esperienza molto positiva perché ebbi la
possibilità de accompagnare molti giovani a
scoprire la bellezza della vocazione cristiana.
Alcuni hanno risposto positivamente alla
chiamata di Dio e hanno lasciato la loro terra
per annunciare il Vangelo di Gesù.
Nel 1993 sono ritornato a Roma dove, nel
1996, ho conseguito il dottorato in Storia
Ecclesiastica nella Pontificia Università
Gregoriana. Allo stesso tempo, dal 1993 ho
iniziato a insegnare nella Facoltà di Missiologia
e nell’Istituto di Catechesi Missionaria della
Pontificia Università Urbaniana. Preparare
persone provenienti dai cinque Continenti per
servire la Chiesa e conoscere le loro ricchezze
culturali e spirituali è stata uma grande sfida di
cui, ancora oggi, ringrazio il Signore.
Cosa significa essere Vescovo missionario
della Consolata secondo il carisma del
fondatore, il beato Giuseppe Allamano?
Il missionario – diceva il Beato Giuseppe
Allamano – é chiamato a donare la vita. S.
Agostino nell’occasione di un’ordinazione
episcopale, scriveva: “Praepositi sumus, et servi
sumus: praesumus, sed si prosumus”. Siamo posti a
capo, e siamo servi: siamo capi, ma se serviamo
al bene di qualcuno (Serm. 340/A, 3).
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Servire è la caratteristica fondamentale del
discepolo di Gesù, servire è la ragion d’essere
di colui che è chiamato al ministero. Per questo,
credo più nell’autorità del servizio che nel
servizio dell’autorità. “Chi ama, arriva prima”,
è un’espressione che abitualmente ripetevo
e cercavo di vivere nel quotidiano della mia
comunità parrocchiale. Così deve essere un
vescovo e così cercherò di esserlo: servo del
Corpo di Cristo, che è la Chiesa, affinché possa
crescere nella fede, nella speranza e nella carità.
Qual è la realtà della diocesi in cui
sarà incardinato. La può sintetizzare
brevemente?
É una realtà che dovrò imparare a conoscere,
amare e servire. L’Arcidiocesi di São Salvador
da Bahia é la prima diocesi del Brasile (1551).
Attualmente è composta di 15 municipi che
sommano una superficie di 2.718kmq e una
popolazione di 3,5 milioni di abitanti. Il lavoro
pastorale è distribuito in 112 parrocchie e quattro
cappellanie militari. L’arcidiocesi conta con 250
sacerdoti (175 diocesani), 49 seminaristi, 133
religiosi e 624 religiose. L’arcivescovo Dom
Murilo Sebastião Ramos Krieger, conta con tre
Vescovi Ausiliari: Dom Gregorio Paixão, Dom
Gilson Andrade da Silva e il sottoscritto.
C’è un messaggio che intende far pervenire
alla Chiesa lecchese in generale ed in
particolare ai giovani?
Che possano scoprire la vita come vocazione,
che si lascino condurre per mano da Lui. Il
rischio che possiamo correre – diceva il beato
Giuseppe Allamano – è pensare che già abbiamo
dato abbastanza a Dio, che già gli abbiamo dato
tutto. Non abbiate paura di rispondere con
generosità. All’Amore possiamo rispondere
solamente com l’amore!
Quando pensa di tornare in Italia e
condividere questa sua gioia con la comunità
di Barzanò, tra i padri di Bevera ed altre
parrocchie del territorio che, attraverso i
gruppi missionari, la ricordano sempre con
tanto affetto?
Ritornerò in Italia nel mese di settembre per
partecipare a un corso per i nuovi Vescovi che
sarà realizzato a Roma. Approfitterò questo
periodo per incontrarmi con le comunità e
rivedere parenti e amici e così celebrare insieme
la bellezza del dono e della missione di cui sono
stato investito.
Conto con la vostra preghiera e chiedo alla
Vergine Consolata che susciti nel mio cuore uma
generosa e rinnovata donazione a Cristo e alla
sua Chiesa.
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L’Allamano nell’iconografia
L’ALLAMANO IN TRE DELICATE ICONE
P. Francesco Pavese IMC
Quando, poco dopo la beatificazione
dell’Allamano, è apparsa la prima icona con
la sua effige, non tutti si sono trovati subito
d’accordo. Qualcuno pensava che era una
forzatura costringere la figura del Fondatore
in una icona. Tuttavia, anche questo genere di
pittura - che non è solo pittura - non era estraneo
all’esperienza di vita del nostro Padre. Egli ha
vissuto la maggior parte del suo sacerdozio
accanto alla Consolata, che è un’icona. Se lui
ha trovato delicato quel volto dell’icona della
Vergine, perché noi non possiamo ammirare lui
nell’espressione artistica e spirituale di un’icona
Precisato questo, presentiamo le tre icone scelte
tra le 6, tutte interessanti, che possediamo.
L’icona scritta
Radaelli.
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da
Silvano
È questa la prima icona che presenta l’Allamano.
Inaugurata il 17 febbraio 1994 nella casa di
Milano, allora sede del superiore regionale, ben
presto è stata diffusa in tutto l’Istituto, come
immagine, cartoncino postale e quadretto su
legno. Per leggere questa icona, ci facciamo
guidare della descrizione di Maria Grazia
Radaelli, moglie dell’artista, apparsa sulla
rivista “Dalla Consolata al mondo - Giuseppe
Allamano”, N. 1, gennaio-marzo 1994, pp. 3-8.
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Anzitutto diciamo che, ispirata alla tradizione
delle Chiese orientali, l’icona non è un semplice
dipinto. È destinata al culto liturgico. In essa
non si deve cercare la somiglianza fisica del
santo raffigurato. Attraverso colori, simboli,
iscrizioni, posizioni, l’artista si preoccupa di
tradurre la personalità umana e spirituale.
L’icona non si guarda e basta. Occorre sostare
davanti ad essa: meditare, contemplare, lasciare
che il personaggio entri dentro di noi.
E veniamo all’icona del Fondatore. Anzitutto
il volto. Circonfuso da nimbo (aureola), il volto
è posto al centro dell’icona. Ha uno sguardo
espressivo e meditativo, che si illumina quando
conversa con Dio e con la Consolata. Dai suoi
occhi traspare il dono del suo abituale sorriso.
La fronte spaziosa è simbolo della sapienza. La
bocca invita alla meditazione silenziosa e le sue
orecchie tese all’ascolto della Parola. Il colore
particolare del viso mostra una carnagione
trasfigurata, in cui possono riconoscersi
tutti i suoi figli e figlie, a qualunque popolo
appartengono.
La veste e la stola sono simbolo del suo sacerdozio.
Egli, rimasto sempre sacerdote diocesano, ha
scoperto la dimensione missionaria proprio
del presbitero e diventa fondatore di Istituti
missionari.
Il nimbo dorato è simbolo dei “somigliantissimi”,
cioè di quanti tendono alla santità e diventano
simili a Cristo: prima santi, poi missionari! Il
bastone rosso, che l’Allamano tiene in mano,
è il bastone del pellegrino. In iconografia, il
colore rosso è simbolo dell’amore totale fino al
sacrificio. L’amore totale spinge i missionari a
donarsi “fino a dare la vita”.
in un’elisse che indica il paradiso terrestre,
rappresentato da una cattedrale candida (che
simboleggia anche il santuario della Consolata)
e da una vegetazione paradisiaca.
Così descritta, l’icona riesce a parlare a chi la
contempla. Ogni figlio e figlia dell’Allamano
può fermarsi e trovare anche altri significati
connessi con la ricchezza dei simboli contenuti
in questa bella espressione artistica e spirituale
del Fondatore.
Icona scritta dai coniugi Paola
e Davide La Fede.
Si trova nella cappella della casa di Bedizzole
(BS) un’icona scritta all’inizio degli anni 2000
dai coniugi Paola e Davide La Fede, i quali ne
hanno offerto un’ampia descrizione, pubblicata
sulla rivista “Dalla consolata al mondo Giuseppe Allamano”, N. 3, 2006, pp. 27-28.
Eccone alcune parti.
Nell’icona, il beato Allamano illuminato, nella
sua santità, dalla luce che viene propagata
dall’oro dello sfondo e dalla Gerusalemme
Celeste che lo circonda, è in atteggiamento
orante. Indossa una veste liturgica mariana, dai
colori azzurro tenue e i riflessi cangianti delle
perle di fiume, perché è da Lei, Maria, che ha
ricevuto la grazia dello Spirito Santo, suscitando
in lui l’anelito missionario. “Annunzieranno
Il libro, cioè la Parola, è rosso ed esprime
l’incandescenza dell’annuncio. “Leggiamo la
Parola - è l’incoraggiamento dell’Allamano - essa
fortifica la nostra speranza e ci consola”
Gli altri elementi dell’icona: a destra del Beato, in
un medaglione dorato, c’è effige della Consolata.
È risaputo il posto che la Consolata occupa
nella vita e nella missione dell’Allamano. Sullo
sfondo, la mano del Padre fuoriesce dalla sfera
celeste e dona benedizione. L’icona è illuminata
dall’oro dello sfondo, simbolo di trascendenza
e luce divina. Il fondo dell’icona è racchiuso
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la mia gloria alle genti” è scritto sulla cornice
semicircolare dell’icona.
Colpiscono le parole dell’Allamano riguardo
la santità: “La vostra santificazione, ecco
il mio pensiero precipuo, la mia costante
preoccupazione”. Ecco perché la figura
dell’Allamano è stata inserita nella Gerusalemme
Celeste, simbolo della vita eterna; la città è
senza ombre perché si manifesti la gloria di
Dio (che è l’uomo “vivente” in Cristo); ha
porte e finestre aperte, perché chiunque possa
liberamente entrare e uscire stando nella “vera
pace”.
L’amore dell’Allamano alla Vergine è ben
rappresentato al centro della veste del beato,
nell’icona. Madre alla quale si è totalmente
affidato. Madre che, pur nelle sue infermità,
, ha mantenuto fede al progetto suscitatogli
nel cuore. È nel medaglione centrale dorato
che viene ben rappresentata la Consolata; da
lei nasce e prende vita l’albero della vita che si
interseca e si muove attorno al carro di fuoco,
“la Merlava”.
L’Allamano, infatti, è come sospeso su questa
nuvola rossa, piena di lingue di fuoco, che
sembrano muoversi senza tregue. In essa
si vedono i simboli dell’aquila (Giovanni),
dell’uomo (Matteo), del toro (Luca), del leone
(Marco), che hanno ognuno sei ali come i
Cherubini, per volare in ogni direzione e
portare la buona novella alle genti.
La mani innalzate non solo identificano
l’Allamano come nostro intercessore, ma
mostrano il suo atteggiamento di disponibilità
ad accogliere la volontà di Dio.
La contemplazione di questa icona ci aiuta a
vedere il nostro Fondatore in totale comunione
con la Consolata, perché è lei che spiega la sua
vita e le sue opere.
L’icona scritta da Gabrielle
Gendron.
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Una interessante icona dell’Allamano è stata
scritta, nel 2009, dalla signora Gabrielle
Gendron, cittadina del Canadà, vicina al nostro
ambiente. Esperta iconografa, in passato
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aveva già donato alcune sue opere all’Istituto e
alle missioni. Questa icona, invece, l’ha scritta
proprio per se stessa, per sentire, anche con lo
sguardo, l’Allamano presente nella propria casa.
L’autrice ha inviato una fotografia dell’icona
al p. Giuseppe Ronco, al quale, in seguito ha
donato una copia autentica della stessa icona,
che è stata esposta nella cappella della casa
generalizia durante il 2010, anno affidato alla
protezione speciale del Fondatore.
Di questa icona, che è piaciuta per la sua
delicatezza, sono state stampate diverse
immagini.
La signora Gabrielle ha voluto inviare una
sintetica spiegazione della sua opera, indicando
il significato dei vari elementi in essa contenuti.
Traduciamo letteralmente dal francese:
Lo Spirito Santo: per sottolineare la sua presenza
continua nella vita del beato Allamano.
La SS. Consolata: secondo la convinzione
dell’Allamano, è stata lei la vera fondatrice
dell’Istituto.
La Chiesa: evocazione del santuario della
Consolata dove l’Allamano fu rettore.
Il Libro: Vangelo di Cristo che l’Allamano
desiderava far conoscere in tutti i continenti.
Le Croci sulla stola: richiamo al suo ideale, che il
Cristo sia conosciuto e amato nei quattro angoli
della terra.
Le Parole dell’Allamano: «Non temere di sperare
troppo in Dio»
Questa icona è stata pubblicata sulla rivista
“Dalla Consolata al mondo - Giuseppe
Allamano”, N. 2/maggio-agosto 2009. Dopo
averne ricevuto copia, la signora ha inviato al
p. G. Ronco questo messaggio: «Come mi ha
chiesto, confermo che ho ricevuto proprio oggi
la rivista che presenta la mia icona. È un grande
onore che mi avete fatto pubblicando l’icona
e ve ne sono molto riconoscente. Sono stata
sorpresa che diversi missionari l’apprezzino e
desiderino averne copia. Sarei davvero felice se
voi la distribuite a quanti la desiderano.
Il mio più vivo desiderio è che il Beato sia
canonizzato il più presto possibile e così venga
pregato e invocato nel mondo intero. Egli è il
Santo della speranza. In questo mondo, in cui
c’è tanta disperazione, il Beato Allamano è un
salvagente, una grazia, un dono del cielo»..
Non c’è dubbio che l’autrice dell’icona sia stata
colpita dalla virtù caratteristica che il nostro
Fondatore aveva ereditato dal suo santo zio
Giuseppe Cafasso: la speranza. L’ha scritto
cartiglio dell’icona, l’ha confermato nella sua
lettera.
Questa icona può ricordare anche ai Missionari e
Missionarie della Consolata lo stesso messaggio
dell’Allamano. Noi, che partecipiamo alla sua
identità perché ci è Padre, siamo invitati ad
essere missionari della speranza, nonostante
tutti i segni contrari che la realtà attuale ci pone
di fronte agli occhi. Non dimentichiamo quelle
sue parole: «Non si spera mai troppo».
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“L’utopia di Francesco si è fatta... Chiara“
(Raimon Panikkar)
LA MISSIONE FRANCESCANA AD GENTES
P. Giuseppe Ronco, IMC
“San Francesco è il primo fondatore che scrive
nella sua Regola un capitolo per la missione in
terre cristiane, ma è il primo anche che scrive
un capitolo per la ‘Missio ad gentes’, per coloro
che andavano tra i cosiddetti saraceni e altri
non cristiani.”( fr. José Rodríguez Carballo,
Rivivranno il “Capitolo delle stuoie”).
Prima di tentare un’analisi sugli atteggiamenti
che Francesco chiedeva ai suoi frati missionari
ad gentes, è utile leggere con attenzione alcuni
articoli della Regola non bollata. Essi infatti
tracciano la magna charta della missio ad gentes
francescana.
I FRATI CHE VANNO TRA I
SARACENI E ALTRI INFEDELI:
REGULA NON BULLATA, 16
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Dice il Signore: «Ecco, io vi mando come
agnelli in mezzo ai lupi. Siate perciò prudenti
come serpenti e semplici come colombe».
Perciò tutti i frati che vorranno andare tra
i Saraceni e altri infedeli, ci vadano con il
permesso del loro ministro e servo. E il
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ministro dia loro il permesso e non li contrasti,
se li vedrà idonei alla missione; infatti sarà
tenuto a rendere conto al Signore se in questa
o in altre cose si muoverà senza discrezione.
I frati poi che vanno tra gli infedeli possono
vivere e comportarsi con loro, spiritualmente,
in due modi: un modo è che non suscitino liti
o controversie, ma siano soggetti, per amore
di Dio, a ogni umana creatura, e confessino
di essere cristiani; l’altro modo è che, quando
vedranno che piace al Signore, annuncino la
Parola di Dio, affinché quelli credano in Dio
Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo,
creatore di ogni cosa, e nel Figlio redentore e
salvatore, e siano battezzati e diventino cristiani,
poiché chi non rinascerà dall’acqua e dallo
Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio.
Queste e altre cose, che piaceranno al Signore,
possono certo dire ai Saraceni e ad altri, poiché
il Signore dice nel Vangelo: «Tutti coloro
che mi riconosceranno davanti agli uomini,
anch’io li riconoscerò davanti a mio Padre,
che è nei Cieli»; e: «Chi si vergognerà di me e
dei miei discorsi, anche il Figlio dell’uomo si
vergognerà di lui, quando verrà nella maestà
sua e del Padre e degli angeli».
E tutti i frati, dovunque sono, ricordino che
hanno offerto se stessi e hanno affidato i loro
corpi al Signore Gesù Cristo.
LA MISSIONE
FRANCESCO
AD
GENTES
DI
L’incontro con il Sultano
Francesco tentò più volte di andare nelle terre
dell’Islam. Nel 1211 si era
imbarcato per la Siria, ma i venti spinsero la nave
in Dalmazia, da dove tornò ad Ancona (1Cel.
55). Nel 1212-13 si era recato in Spagna per
passare in Marocco, ma una malattia lo fermò e
lo costrinse a tornare alla Porziuncola (1Cel. 56).
Francesco riuscì finalmente ad andare in terra
islamica nel 1219, in un momento drammatico
nei rapporti tra cristiani e musulmani, perché
era in corso la quinta crociata per riprendere
Gerusalemme, che si svolse tra il 1217 e il 1221.
La Palestina apparteneva al sultano d’Egitto
Malik al-Kamil, successo al padre nel 1218, a
crociata già iniziata, per cui le operazioni militari
si diressero contro l’Egitto, concentrandosi
attorno a Damietta.
Nel giugno del 1219 Francesco partì dal porto
di Ancona, e poco dopo arrivò a Damietta. In
questo clima di guerra Francesco, insieme a
frate Illuminato, ottenne dal legato pontificio
il permesso di poter passare, durante la tregua
tra la sconfitta del 29 agosto 1219 e la vittoria
crociata del novembre, nel campo saraceno, per
incontrare, disarmati, a loro rischio e pericolo, lo
stesso sultano.
Avendolo i saraceni catturato, disse: «Io sono
cristiano. Conducetemi davanti al vostro
signore». Quando gli fu portato davanti, il
Sultano lo ricevette
e per alcuni giorni l’ascoltò con molta attenzione,
mentre predicava Cristo davanti a lui e ai suoi.
Gli disse alla fine: «Prega per me, perché
Dio si degni di rivelarmi quale legge e fede gli è
più gradita».
Scrive Jacques de Vitry, vescovo di S. Giovanni
d’Acri, in una lettera della primavera del 1220 al
papa Onorio III: “Non ebbe timore di portarsi
in mezzo all’esercito dei nostri nemici e per
molti giorni predicò ai Saraceni la parola di
Dio, ma senza molto frutto. Ma il sultano, re
dell’Egitto, lo pregò, in segreto, di supplicare
per lui il Signore perché potesse, dietro
ispirazione divina, aderire a quella religione che
più piacesse a Dio”.
Restò a Damietta fin quando la città fu presa,
dopodiché, disgustato dalle violenze compiute
dai crociati, se ne andò via e si fermò per
qualche tempo in Siria; poi fece ritorno in
Italia. Aveva capito, proprio a Damietta, che
una guerra per motivi religiosi non avrebbe
portato alcun positivo risultato.
L’interpretazione del rapporto tra Francesco,
l’Islam e le crociate è ancora oggi oggetto di
discussione, in quanto c’è chi vede la sua azione
come un sostegno alle crociate o, al contrario,
come una loro sconfessione.
Elementi emergenti
1 – Considerava tutti, anche gli infedeli,
come fratelli
Francesco non vede in nessun uomo un nemico,
ma in tutti vede dei fratelli, anche i saraceni.
È la scoperta della paternità di Dio che ha
condotto Francesco a vivere in un atteggiamento
da Casa Madre 6/2012
13
di fraternità universale, chiamando tutti fratelli
e sorelle: i frati e i lebbrosi, i briganti e il Sultano,
le creature inanimate. Non vede le differenze di
ceto sociale, di cultura, di vocazione, persino di
religione, come minacce, ma come possibilità
inedite per creare legami nuovi e arricchenti.
In tutti Francesco riconosce il segno della
presenza dell’Altissimo che in ogni realtà ha
lasciato una traccia luminosa della sua bontà.
Dall’evangelo della paternità di Dio deriva
l’evangelo della figliolanza e della fraternità di
tutti gli uomini. È questo cammino che troviamo
espresso in Rnb XXIII, ed è tanta la gioia che
non possono tenerla solo per se stessi: sentono
la necessità e l’urgenza di comunicare a tutti
questo evangelo, questa notizia straordinaria.
Nessuno deve essere escluso dal venire a
conoscenza di questa notizia straordinaria: Dio
è Padre, noi siamo figli suoi e fratelli tra di noi.
2 - la missione è in comunione con la
Chiesa
“Perciò tutti i frati che vorranno andare
tra i Saraceni e altri infedeli, ci vadano con
il permesso del loro ministro e servo. E il
ministro dia loro il permesso e non li contrasti,
se li vedrà idonei alla missione”.
La missione non si realizza da soli, ma in
comunione con la Chiesa, tramite il Ministro
generale.
E’ importante notare che san Francesco non
rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma
solo in comunione con lui. Il poverello di Assisi
aveva compreso che ogni carisma donato dallo
Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di
Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in
piena comunione con l’autorità ecclesiastica.
3 - atteggiamenti fondamentali di
comportamento
«Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo
ai lupi. Siate perciò prudenti come serpenti
e semplici come colombe». I frati poi che
vanno tra gli infedeli non suscitino liti o
controversie, ma siano soggetti, per amore di
Dio, a ogni umana creatura, e confessino di
essere cristiani”.
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da Casa Madre 6/2012
Tommaso da Spalato (1222) narra che “tutta
la sostanza delle sue parole mirava a spegnere
le inimicizie e a gettare le fondamenta di
nuovi patti di pace. Portava un abito sudicio;
la persona era spregevole, la faccia senza
bellezza. Eppure Dio conferì alle sue parole
tale efficacia che molte famiglie signorili, tra le
quali il furore irridibile di inveterate inimicizie
era divampato fino allo spargimento di tanto
sangue, erano piegate a consigli di pace”.
Chiedeva ai fratelli un atteggiamento di assoluta
pace, al punto di raccomandare loro: « Chiunque
verrà dai frati, amico o nemico, ladro o brigante,
sia ricevuto con bontà» (Regola non bollata
7). « La pace che annunziate con la bocca,
abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori.
Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo,
ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla
concordia dalla vostra mitezza. Questa è la
nostra vocazione» (Leggenda dei tre Compagni
58).
Ciò che viene chiesto ai frati è che siano
portatori di liberazione nelle divisioni e negli
odi tra gli uomini.
La strategia utilizzata da Francesco per liberare
gli uomini da sentimenti e da pratiche di e di
violenza fu la bontà, la cordialità, la pazienza, la
fiducia nell’energia sana che alberga in ognuno.
Si trattava di aprire le porte alla cortesia . Il
libro dei Fioretti fa dire a san Francesco che
“la cortesia è un attributo di Dio”. Con la sua
presenza tra i credenti musulmani Francesco
apriva le porte alla cortesia e al rispetto,
considerandoli fondamentali per la missione.
4 – necessità dell’annuncio
E’ utile rileggere il racconto del dialogo tra
san Francesco e il Sultano, come presentato
dalla Leggenda Maggiore di san Bonaventura da
Bagnoregio. «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido
rispose che egli era stato inviato non da uomini,
ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al
suo popolo la via della salvezza e annunciare il
Vangelo della verità. E predicò al Sultano il Dio
uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo,
con tanto coraggio, con tanta forza e tanto
fervore di spirito, da far vedere luminosamente
che si stava realizzando con piena verità la
promessa del Vangelo: “Io vi darò un linguaggio
e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari
potrà resistere o contraddire”». (Giovanni Paolo
II)
5 - Amore preferenziale per i poveri
Leonardo Boff, nel suo saggio “Francesco d’Assisi
una alternativa umana e cristiana”, mette in luce il
messaggio francescano come irruzione della
tenerezza e della gioia di vivere insieme, nella
riproposta del modello di Cristo povero tra i
poveri.
E’ la presenza tra i poveri e la scelta preferenziale
dei più poveri, contro la povertà come ingiustizia,
a fare la differenza e a riportare alla credibilità il
vero messaggio di Cristo.
6 - Pace e bene, riconciliazione
Al vescovo e al podestà di Assisi insegnò a
perdonarsi per amor di Dio, e, infatti, nel
Cantico delle Creature (1225) aggiunge la
strofa del perdono: “Laudato si’, mi’ Signore,
per quelli che perdonano per lo Tuo amore”.
“Sono veri pacifici quelli che di tutte le cose
che sopportano in questo mondo, per amore
del Signore nostro Gesù Cristo, conservano
la pace nell’anima e nel corpo” (Ammonizioni,
1221). Questa è la vera e perfetta letizia.
Il Saluto di pace e bene è un saluto che troviamo
nella Leggenda dei tre compagni, ed è un augurio di
pace come stile di vita, che produce il bene. La
pace è il clima del Vangelo, il bene è il frutto del
Vangelo accolto.
Francesco viaggiava di città in città annunciando
la Pace di Dio e il Bene. Per Francesco, il Vangelo
va annunciato non solo con le parole, ma prima
di tutto con la testimonianza della vita; e al
momento opportuno, quando lo Spirito di Dio
ci spinge, cogliamo pure l’occasione di spiegare
agli altri le ragioni della nostra speranza, mai
scendendo tuttavia in discussioni.
Pace e riconciliazione sono elementi
fondamentali dell’apostolato di san Francesco.
Nel suo Testamento, afferma infatti che fu lo
stesso Signore a rivelargli le parole di augurio
che lo hanno caratterizzato: “Il Signore ti dia
Pace”. Francesco ha cantato e pregato la pace e
il perdono anche con queste parole: “Laudato si,
mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore
... Beati quelli che ‘l sosterranno in pace, ca da te,
Altissimo, siranno incoronati,.
San Francesco ha raggiunto la passione e
l’amore per la pace e la riconciliazione a partire
dalla sua esperienza di violenza e di divisione
familiare, sociale e civica in Assisi e nell’Italia
del XIII secolo. La croce gli ha svelato
un’alternativa.
6 –martirio o incontro?
Per Francesco la forma più perfetta di
evangelizzazione era il martirio, nel quale
si è uniti totalmente a Gesù, il perfetto
evangelizzatore, dando la vita per il messaggio
evangelico dell’Amore di Dio.
Canta Dante nel Paradiso:
«per sete di martirio»,
…per la sete del martiro
nella presenza del Soldan superba
predicò Cristo e l’altri che ‘l seguiro
(Paradiso XI, 100-102).
In realtà Francesco vedeva il martirio come
una possibilità, ma non lo ricercava. Ciò che gli
interessava era l’incontro con le persone!
Alla sfida dell’Islam al cristianesimo nel secolo
XIII, la risposta francescana fu di due tipi, che
possiamo collegare a due città: Marrakech in
Marocco e Damietta in Egitto. Da Siviglia i primi
missionari francescani partono per Marrakech
nel 1219 e, nella piazza della città, incominciano
a predicare: “Maometto è un vile schiavo del
da Casa Madre 6/2012
15
Anzi, prese dall’Islam ciò che di buono aveva.
Le Lodi di Dio altissimo, conservate su pergamena
con la benedizione di Francesco per frate
Leone, sono una preghiera che, nella ripetizione
di 30 lodi di Dio, introdotte sempre da «Tu sei»
(santo, forte, grande, altissimo, onnipotente,
ecc.) riecccheggia le 99 lodi (o i 99 nomi) di
Allah.
La pietà islamica influenzò Francesco, dopo il
suo soggiorno in Oriente.
diavolo: vi sta conducendo per la strada sbagliata
e menzognera alla morte eterna, all’inferno dove
egli è con tutti coloro che lo hanno ascoltato”.
Berardo e i suoi compagni saranno i primi
martiri francescani, i martiri di Marrakech.
Nello stesso anno 1219 Francesco si trova a
Damietta in Egitto e approfittando di una tregua,
Francesco va a parlare direttamente al sultano,
che non si converte, ma ascolta Francesco con
attenzione e rispetto e lo lascia ripartire libero.
C’è un abisso tra Marrakech e Damietta. Per i
frati del Marocco Maometto è il nemico, per
Francesco i musulmani con cui va a dialogare sono
dei fratelli separati. A Damietta Francesco non
affronta un sistema, ma incontra delle persone
e rinuncia definitivamente al razzismo religioso.
16
da Casa Madre 6/2012
CHIARA
Vorrei sottolineare due aspetti di Chiara verso
la missio ad gentes.
1 – Aiutò Francesco nel discernimento,
spingendolo alla predicazione, affinché
“molti per lui sieno salvati”.
In quale conto Francesco tenesse Chiara è
dimostrato dal fatto che ricorreva a lei per
rassicurare il suo spirito.
Nel tempo della dubitazione, indeciso se
consacrarsi alla preghiera o alla predicazione,
aveva detto a frate Masseo: «Va’ a suora Chiara,
e dille da mia parte, ch’ella con alcuna delle
più spirituali compagne, divotamente preghino
Iddio che gli piaccia dimostrarmi quale sia il
meglio».
La stessa cosa fece chiedere a frate Silvestro,
quello dei suoi frati che considerava più santo.
“Andonne frate Masseo e, secondo il
comandamento di santo Francesco, fece
l’ambasciata prima a santa Chiara e poi a
frate Silvestro. Il quale, ricevuta che l’ebbe,
immantenente si gittò in orazione e orando
ebbe la divina risposta, e tornò frate Masseo e
disse così: “Questo dice Iddio che tu dica a frate
Francesco: che Iddio non l’ha chiamato in questo
stato solamente per sé, ma acciò che faccia frutto
delle anime e molti per lui sieno salvati”. Avuta
questa risposta, frate Masseo tornò a santa
Chiara a sapere quello ch’ella avea impetrato da
Dio. Ed ella rispuose ch’ella e l’altre compagne
aveano avuta da Dio quella medesima risposta,
la quale avea avuto frate Silvestro” (Fioretti, 16).
E Francesco si rialzò «con grandissimo fervore»
dicendo:
«Andiamo, nel nome di Dio». Raccontano i
Fioretti che egli obbedì con tanto entusiasmo
che per via si mise a predicare anche agli uccelli
i quali «cominciarono ad aprire i becchi, a
stendere i colli, ad aprire l’ali, e riverentemente
chinare i capi sino in terra, e con atti e con canti
dimostrare che le parole del padre santo davano
a loro grandissimo diletto».
2 – Sosteneva la predicazione di Francesco
con la preghiera, intercedendo per l’umanità.
non c’è vita apostolica, se non ci si immerge nel
petto squarciato di Cristo crocifisso, scriveva ad
Agnese di Praga con le parole di San Paolo: «Ti
stimo collaboratrice di Dio stesso (Rm 16, 3) e
sostegno delle membra deboli e vacillanti del
suo ineffabile Corpo» (Lett. III, 8: FF 2886).
(Giovanni Paolo II alle Clarisse claustrali, 1993
“La vita di Chiara, sotto la guida di Francesco,
non fu una vita eremitica, anche se contemplativa
e claustrale. Chiara e le Sorelle avevano un
cuore grande come il mondo: da contemplative
intercedevano per l’ intera umanità. Quali anime
sensibili ai problemi quotidiani di ciascuno,
sapevano farsi carico di ogni pena: non c’era
preoccupazione altrui, sofferenza, angoscia,
disperazione che non trovasse eco nel loro
cuore di donne oranti. Chiara pianse e supplicò
il Signore per l’amata città di Assisi, assediata
dalle truppe di Vitale di Aversa, ottenendo la
liberazione della città dalla guerra; ella pregava
ogni giorno per gli ammalati e molte volte li
risanava con un segno di croce. Persuasa che
17
da Casa Madre 6/2012
attivitÀ della direzione generale
EMERGENZA PROFUGHI E SFOLLATI
Parrocchia di CAMP GARBA
Diocesi di Isiolo, Kenya.
P. Stefano Camerlengo, IMC
“Il Buon Pastore dà la propria vita per le
pecore … il mercenario le abbandona e
fugge … “(Gv 10,11-12)
Carissimi missionari,
Dalla Costa D’avorio, dove mi trovo per
la Conferenza della Delegazione e la visita
alle comunità, mi sono giunte delle notizie
preoccupanti sulla drammatica emergenza che
si è creata attorno alla parrocchia di Camp
Garba nella diocesi di Isiolo, dove lavorano i
nostri missionari p. Simon Wambua e p. Pietro
Tallone.
Vorrei presentarvi brevemente questa
situazione, in spirito di famiglia e con l’intento
di invitare tutto l’Istituto a manifestare la sua
vicinanza ai nostri missionari, chiamati a vivere
la missione a fianco di chi soffre, perché vittime
di soprusi e di razzie letali.
E’ risaputo da tanti missionari come spesso
le tribù di nomadi del Nord del Kenya si
scontrino, a volte anche in modo violento, per
il possesso del bestiame e assicurarsi il diritto
al pascolo.
18
Ma recentemente, come è stato ben spiegato
da p. Gigi Anataloni in un articolo apparso su
Missionari Consolata di Marzo 2012, interessi di
da Casa Madre 6/2012
politici locali, hanno trasformato la convivenza
tradizionale delle varie tribù, in sopraffazione e
violenza, per togliere le terre ai popoli nomadi
con la prospettiva di arricchirsi in accordo con
potenze economiche internazionali.
La commissione Giustizia e Pace della
Regione Kenya, in un suo recente rapporto,
ha documentato come dall’ ottobre 2011 a
oggi, in tre diversi occasioni, i Borana hanno
attaccato insediamenti Turkana, uccidendo 20
persone, distrutto 150 case, bruciato i raccolti e
disperdendo le loro mandrie di cammelli.
I sopravvissuti hanno trovato rifugio nelle
scuole, nelle chiese – cappelle della missione,
e in campi profughi allestiti nel territorio della
parrocchia. Altri ancora sono fuggiti nei vicini
centri abitati, ritenuti più sicuri.
lavorano.
La stima approssimativa delle persone assistite
nel territorio della parrocchia è di circa 3.300
persone.
La Madonna Consolata protegga i nostri
missionari, dia loro il coraggio della profezia
e li renda uomini di pace e riconciliazione.
Sull’esempio del “Buon Samaritano, li renda
capaci di versare sulle ferite delle migliaia di
profughi “l’olio della consolazione e il vino
della speranza”.
La situazione nei campi profughi è drammatica,
gli aiuti governativi alquanto insufficienti, tutti
hanno paura a recarsi nella zona, manca quindi
l’essenziale, soprattutto l’acqua, aumentando il
rischio di epidemie e morte soprattutto tra i più
indifesi, i bambini.
A fronte di questa situazione, voglio esprimere la
mia vicinanza prima di tutto ai nostri confratelli,
i padri Simon e Pietro, e poi, attraverso di
loro, alle migliaia di rifugiati. Lo faccio con la
preghiera e, soprattutto, unendo il loro sacrificio
a quello di Nostro Signore nella celebrazione
Eucaristica.
La Pasqua del Signore diventi l’orizzonte
intramontabile della Missione, garanzia di un
futuro di vita, pace e speranza per tutti.
Costa d’Avorio 01 Maggio 2012
Mi auguro che al più presto si possa far sedere
allo stesso tavolo i capi delle parti in conflitto per
raggiungere un accordo di pace, di riconciliazione
e di perdono e si riprenda così alpiù presto la
convivenza pacifica, nel pieno rispetto dei diritti
di tutti.
Ritengo inoltre, sia nostro dovere, far
conoscere questa situazione, attraverso i mezzi
di comunicazione, e altri strumenti a nostra
disposizione, con l’intento di smascherare e
denunciare i sobillatori che impunemente stanno
fomentando questa situazione sulle spalle dei
poveri. I mezzi di comunicazione sono inoltre
uno strumento efficace per sollecitare gesti
di solidarietà, e di aiuto concreto per aiutare i
nostri missionari a far fronte all’emergenza nei
campi profughi.
In questi giorni la liturgia ci presenta la figura del
“Buon Pastore” che a differenza del mercenario
non fugge davanti al pericolo (Gv. 10,11-18). Un
modello da imitare per vivere oggi la missione
a fianco dei poveri, lasciandoci coinvolgere
profondamente dalla situazione di coloro a cui si
annuncia il Vangelo. Il nostro Beato Fondatore,
sin dagli inizi, lo proponeva ai missionari con
l’espressione: “dovete avere viscere di carità”.
Questo appello si manifesta in tutta la sua
attualità per un’umanità in tanti modi ferita,
offesa e sofferente, come a Camp Garba e in
altre situazioni simili dove i nostri missionari
19
da Casa Madre 6/2012
MISSIONARI SEMPLICI E...(MA) PRUDENTI!!!
P. Stefano Camerlengo, IMC
(Per motivi di spazio pubblichiamo solo alcuni stralci della lettera, rimandando alla lettura integrale
che si trova a questo link: http://www.consolata.org/missione/missione-oggi/8425-missionarisemplici-eprudenti.html
Missionari carissimi,
la recente triste morte del nostro confratello
padre Valentim Camale, le difficoltà di tanti di
noi davanti alla “rabbia e fame” della nostra
gente, il trovarsi immersi in paesi che vivono
in stato di guerra o di disordine continuo, mi
hanno fatto fare questa riflessione che voglio
con fraternità condividere con voi. Questo
scritto non ha la pretesa di insegnamento,
ma è fatto in punta di piedi per provocare un
discorso che, credo, sia importante affrontare
insieme. Mio desiderio è quello di aprire un
dibattito fraterno e stimolare tutti a partecipare
alla riflessione affinché insieme possiamo
trovare sostegno, speranza nel nostro servizio
ed alcuni orientamenti per andare avanti con
coraggio ma anche con prudenza.
È molto duro morire per cause violente: è duro
per chi muore con paura e sofferenza, è duro
per chi rimane. Ma è un dato di fatto che sono
tanti i missionari rapiti, uccisi, feriti, depredati,
minacciati.
Come missionari, sacerdoti, suore, laici
consacrati, operatori pastorali locali, laici, siamo
tanti e sparsi in tutto il mondo. Lavoriamo spesso
in zone di disagio(tensioni) sociale e violenza
e di conflitti militare. Curare un missionario
ferito costa, sostituire un missionario morto è
più difficile. E quindi, si tratta di un problema
serio e vero o di inutili preoccupazioni? Cosa
dobbiamo fare: non farci caso o pensare e fare
qualcosa? È un fenomeno vecchio o qualcosa
di nuovo che esige risposte nuove?
20
Le ragioni di queste uccisioni, nella maggior
parte dei casi, non sono più, ormai da anni,
religiose, ma sono economiche e geopolitiche.
In tempo di crisi mondiale, noi missionari
siamo visti sempre più spesso, come dei
“ricchi” dalla gente del posto. Le uccisioni di
da Casa Madre 6/2012
missionari hanno sempre meno come movente
principale i motivi religiosi. A questo si aggiunge
l’età degli aggrediti che sono persone anziane
e\o considerate fondamentalmente deboli,
o giovani che si sentono in forza per reagire
peggiorando la situazione, preda comunque,
percepita come più indifesa perché “persone
buone ed evangeliche”.
Essere missionario, non bisogna dimenticarlo,
significa anche essere un osservatore
“pericoloso”: il missionario è normalmente una
persona colta, in grado di riferire alle autorità
ecclesiastiche, ai giornalisti, eventualmente alla
propria ambasciata, le violazioni dei diritti umani,
delle ingiustizie e dei soprusi. Il missionario
difende il diritto di ciascuno a professare una
religione; difende la “sua gente”, quelli che
vivono intorno alla missione, nel paese in cui
lavora, dalla povertà, dalle aggressioni, dalla
corruzione.
“Non mi succederà nulla! Sono anni e anni che
lavoro qui, tutti mi conoscono. La gente e Dio mi
proteggeranno”. È quello che molti missionari
ancora pensano e dicono. Vero, ma fino ad un
certo punto. E quel punto è il cambiamento
della situazione in cui noi missionari abbiamo
vissuto e lavorato. Un cambiamento non è certo
improvviso, ma è scivolato davanti agli occhi
e magari non si è ancora in grado di vederlo,
d’identificarlo. Quando poi succedono i guai,
la situazione ci scoppia tra le mani e si rimane
sorpresi.
Il vivere nel pericolo da parte dei missionari ha,
inoltre, una caratteristica specifica: l’accettazione
del pericolo per motivazioni religiose. La morte
violenta è vista come parte di una decisione
divina ed è un immolarsi per la propria fede.
L’essere missionario implica una dimensione di
martirio per cui il missionario non pensa o pensa
poco al pericolo. Molti viviamo ormai distaccati
dai paesi di origine. Spesso non sappiamo dove
e come vivono le autorità consolari del nostro
paese. Se succede qualcosa di pericoloso, queste
autorità non sanno né chi siamo né dove trovarci.
Colpisce dolorosamente il fatto che, nella
stragrande maggior parte dei casi, come
missionari non pensiamo a difenderci
opportunamente, chiaramente, con una difesa
non violenta. Poi, il nostro Istituto, come
anche le altre congregazioni religiose, in
generale, sembrano eludere il problema della
sicurezza dei propri missionari. I governi, non
sembrano aver elaborato strategie ad hoc per
proteggere i missionari stranieri. La sicurezza
costa. Nel caso dei missionari, invece, si tratta
del problema opposto: nei bilanci, il capitolo di
spesa per la loro sicurezza non esiste proprio
o quasi. Eppure, liberare un missionario rapito
costa; curare un missionario ferito costa, anche
allo Stato; sostituire un missionario morto è
sempre più difficile; un missionario rapito,
ferito o morto non fa più il suo lavoro e diviene
inutile per la missione cui era stato assegnato.
I costi umani, psicologici di un ferimento, di
un rapimento per chi ne è vittima, ma anche
per i collaboratori, per le famiglie, per gli altri
membri dell’Istituto, sono altissimi, se non
atroci.
E i pesi sulla bilancia sono diseguali: mentre la
sicurezza personale è un diritto irrinunciabile
e i costi per la violenza altissimi, una certa
sicurezza si può ottenere con limitate risorse
economiche. Inferriate, porte rafforzate,
recinzioni, radio ritrasmettenti: quanto possono
21
da Casa Madre 6/2012
pesare su un bilancio?
Non sono quindi le “cose per la sicurezza” che
pesano, ma i processi mentali e i comportamenti.
E nasce la domanda: quale posizione adottare?
Non ci sono assolutamente soluzioni uniche o
azioni dai risultati certi. Ma si deve cominciare
a cambiare delle mentalità che non tengono
conto dei livelli di violenza del nostro tempo.
Bisogna cominciare a capire cosa sente e
pensa il missionario quando vive esperienze di
conflitti, quali siano stati i suoi processi mentali,
le soluzioni a cui ha pensato mentre le viveva,
le riflessioni, il senso di colpa, i rimpianti dopo
averle vissute. Occorre ascoltare i missionari,
farli parlare, invitarli a raccontare fatti, esempi,
paure, tentativi, errori, orrori vissuti e consultarli
su idee, piani, proposte.
Come Missionari della Consolata abbiamo
messo nei nostri documenti che il missionario
resta a fianco della sua gente condividendone
anche le contraddizioni come la guerra e la
violenza. Ma, qualora la sua presenza mette
a rischio la vita della gente, del suo popolo,
oppure lo stesso missionario non regge
psicologicamente alla tensione che si crea,
allora è possibile pensare di lasciare la missione
per proteggersi e proteggere le persone. Mi
sembrano molto saggi questi orientamenti che
l’esperienza del nostro Istituto ha elaborato nel
tempo. Ora è sempre difficile saper discernere
in situazioni complesse e più grandi di noi. Il
Vangelo che vogliamo seguire è chiaro: non c’è
amore più grande di chi dona la vita per i suoi
amici! Pur riaffermando questo principio, credo
che sia importante anche saper apprezzare e
difendere la propria vita come dono di Dio e
servizio dei fratelli.
L’annuncio del Regno, Gesù lo predice senza
mezzi termini, comporta anche divisioni e
persecuzioni, violenze. «Hanno perseguitato
me, perseguiteranno anche voi» ( Gv. 15,18-21).
22
Sembra che gli apostoli siano mandati allo
sbaraglio, carichi delle loro debolezze e
letteralmente immersi nelle fauci dei potenti
della terra. A tutto questo Gesù contrappone
due virtù; la semplicità e la prudenza. La
prudenza li renderà capaci di guardarsi dagli
da Casa Madre 6/2012
inganni degli uomini, particolarmente da coloro
che si presenteranno in veste di agnelli, ma
dentro sono lupi rapaci. La semplicità della
colomba servirà invece ad alimentare la fiducia
totale in Dio e la certezza dell’assistenza dello
Spirito Santo. Dinanzi agli errori e alla trame
degli uomini la forza dei missionari sarà la
luce divina che consentirà loro di affrontare
tribolazioni di ogni genere e confutare ogni
errore.
Beati noi se ci poniamo alla scuola della Parola!
La prudenza e la semplicità di cui parla il
vangelo non sono sinonimi di ingenuità ed
(superficialità) indecisione...tutt’altro. Sappiamo
quanto sia necessario il traforo delle parole e
delle immagini per bere il nettare della Parola;
l’immagine del serpente, in riferimento al
cristiano, è molto suggestiva. S. Girolamo
commentava dicendo che il serpente usa la testa
per difendersi, il cristiano quando è tale usa la
testa, usa l’intelligenza, non per ingannare, cosa
che fece il serpente nel racconto di Genesi 3,
bensì per scoprire l’inganno, per scoprire cosa
lo allontana da Gesù Cristo. Guardando al
fenomeno della violenza, il cristiano, come il
serpente, sa sfuggire e sa lasciare certe situazioni
cui è molto legato pur di non perdere la Vita...
per il cristiano non c’è vita senza relazione con
Gesù.
Il cristiano, quando è tale è sempre intelligente...
di quell’intelligenza che non lo fa esporre al
male ma quando vi è dentro ha la fiducia di
vincere. La prudenza del serpente fa evitare il
pericolo laddove è possibile perché rende acuti
nel percepire la pericolosità di certe situazioni
e rende pronti nel prendere le decisioni...
tuttavia il credente sa anche affrontare il
pericolo quando è inevitabile. “Guardatevi
dagli uomini...” ( Mt.10,17-22 ), la prudenza
consiste proprio nel saper valutare la realtà. “...
per dare testimonianza”, le incomprensioni, le
persecuzioni...sono per noi cristiani occasioni
di “pubblicità della fede” vale a dire di martirio,
testimonianza di una relazione in atto. Il martire
non è colui che cerca la morte ma è colui che per
amore sa morire. Se si può, è bene fuggire...ma
chi fugge è un cristiano e ovunque arriva porta
gli effetti della vita cristiana, della relazione
col Maestro. Nella fuga il bene si diffonde e
cammina...l’agnello è sempre buono, sia da vivo
che da morto! Coraggio, Egli è con noi...finché
noi siamo con Lui...Lo diffondiamo.
Allora, cari missionari, prudenza e semplicità,
che Dio vi benedica. Ci poniamo in cordata
orante per tutti i missionari e cristiani
perseguitati. Aspettando vostre reazioni e
condivisioni affinché possiamo condividere
questa riflessione, così importante, insieme e
crescere nello stile evangelico.
L’Istituto ha già riflettuto un poco su queste
tematiche, ma, vista l’ampiezza e la novità del
fenomeno e la violenza relativa, credo che sia
saggio continuare a riflettere, a condividere idee
e proposte, a solidarizzare con chi fa più fatica
e si trova a vivere situazioni con grosse tensioni
e crisi, a prendersi cura della propria vita pur
accettando di donarla per il Vangelo e per i più
poveri nella logica del seme che muore.
Padre Stefano Camerlengo,
padre Generale
Certosa di Pesio, 16.05.2012
Ricordando il giorno del Fondatore!
23
da Casa Madre 6/2012
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casa
generalizia
Maggio 2012
P. Vedastus Kwajaba, IMC
1 maggio: Iniziamo il mese con un clima
ancora quasi invernale e con continue piogge.
Nonostante il mal tempo però la città è piena di
turisti e pellegrini da ogni parte, con lunghe code
per chi vuole entrare nella basilica di San Pietro
o nei Musei Vaticani.
Celebriamo la santa messa al mattino presieduta
da P. Karuthi Cyrus nella quale ricordiamo i
fratelli dell’ Istituto.
Intanto la comunità in questo periodo si è ridotta
perché Superiore Generale con il suo consigliere
ed economo generale sono partiti per la vista
delle diverse circoscrizioni.
02 Maggio: P. Ugo Pozzoli, consigliere generale
ritorna dalla Mongolia. Ci porta tanti saluti dai
nostri missionari e missionarie.
chiesto nella sua lettera.
Verso sera ci raduniamo pregando rosario per
il nostro confratello, poi celebriamo vespri
presieduti da P. Pendawazima, vice superiore
generale, con una testimonianza di P.Michael
Wamunyu. E’ una giornata molto triste.
06 maggio: P. Kota si riprende bene in salute,
dopo un intervento chirurgico.
07 maggio: P. Stefano ritorna dalla Costa
d’Avorio. Ci porta i saluti dei nostri confratelli.
10 maggio: P. Ugo Pozzoli, consigliere generale
si reca a Torino per partecipare alla conferenza
regionale di Italia.
03 Maggio: Di notte ci arriva la comunicazione
della triste notizia sull’assassino di Padre Camale
Valentim Eduardo alla nostra missione di
Liqueleva in Mozambico.
04 Maggio: Durante la messa del mattino
ricordiamo in modo particolare il deceduto P.
Valentino e la Regione del Mozambico. P. Cylus
Karuthi, che ha presieduto la SS messa ci invita
a pregare per il nostro confratello affinché Dio
misericordioso gli concede di godere la gioia
della vita senza fine.
La candela rimane accesa tutto il giorno, segno
delle nostre preghiere, come Il generale ci ha
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13 maggio: Ospitiamo per qualche giorno
Cardinale John Njue di Nairobi Kenya e il
Cardinal Adrien Sarr di Dakar , l’ arcivescovo di
Algeri Ghaleb Bader e l’arcivescovo di Garoua
in Camerun Antoine Ntalou. Altri ospiti sono
14 sacerdoti tutti dall’Africa che partecipano
al convegno ‘’IN ASCOLTO DELL’AFRICA:
I SUOI CONTESTI, LE SUE ATTESE,
LE SUE POTENZIALITÀ’’ all’università
Urbaniana.
“Il convegno, che si terrà dal 14 al 16 maggio del
2012, vuole mettersi in ascolto della speranza
che la Chiesa ripone nell’Africa e delle svolte che
in essa si stanno vivendo: dal grido dell’uomo
bisognoso di liberazione, alla responsabilità
per il proprio domani. Sarà importante per noi
ricevere il contributo della riflessione sul futuro
del continente che proviene dai centri di studio
e ricerca africani, e in particolare dagli Istituti
Affiliati della Pontificia Università Urbaniana.
Vorremmo considerare insieme l’impatto della
formazione accademica filosofica, teologica e
missiologica nel contesto africano.
Sappiamo che l’Africa è una realtà dalla storia
molto più complessa e variegata di quanto a
volte si creda. Sarà importante così mettere a
fuoco la varietà di esperienze, la diversità di
accenti, in una parola, la multiformità della
coscienza religiosa africana. Con coraggio
profetico e senso di responsabilità proveremo
a “immaginare” il futuro gettando il cuore
oltre l’ostacolo. Africae Munus, il documento
pontificio che ha concluso il recente Sinodo
dei Vescovi per l’Africa, ci spinge a percorrere
questa strada” (P. A. Trevisiol)
14 maggio: E’ morta la Signora Maria Tallone,
zia di Fr Mario Bernardi, economo della
comunità Casa Generalizia, che per l’occasione
partecipa a Cuneo ai funerali. Assicuriamo le
nostre preghiere e suffragio alla defunta e a
tutta la famiglia di Fr Mario Bernardi.
Nel frattempo alcuni confratelli della comunità’
partecipano ai tre giorni di convegno ‘’IN
ASCOLTO DELL’AFRICA’’ all’università
Urbaniana.
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20 maggio: P. Pendawazima Dietrich, Vice
Superiore Generale, ritorna dal Kenya, dove
è stato per la visita alle case di formazione e
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per la conferenza regionale. P. Ugo Pozzoli,
consigliere generale intanto parte per Portogallo
per la conferenza regionale.
28 maggio: P. Ugo Pozzoli, consigliere generale
ritornando dal Portogallo parte per la Corea:
animerà gli esercizi spirituali ai confratelli e
consorelle di Mongolia e Corea.
Notizia particolare
Il 13 gennaio, in occasione delle Celebrazioni
per il 150° Anniversario dell’unità d’Italia, il
Presidente della Repubblica Italiana, l’On.
Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale in
udienza privata la Conferenza dei Rettori delle
Università Pontificie di Roma. Tra i 15 Rettori
era presente anche il nostro p. Alberto Trevisiol
che ha potuto presentare brevemente la realtà
accademica dell’Urbaniana e il servizio che
svolge.
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vita nelle circoscrizioni
SOUTH AFRICA:
THE SIXTH DELEGATION CONFERENCE
STD Samuel-Francis Onyango, IMC
Sud Africa
It is expected that after the general chapter, the
regions and delegations organise conferences
to help see possible ways of how to implement
the proposals arrived at during the general
chapter. In the same spirit, confrerers in the
delegation of South Africa took time off from
their busy pastoral schedule to spend time in
what became the sixth delegation conference.
Delegates travelled from their missions on the
evening of 15th April 2012 to Pax Christi pastoral
centre in Newcastle where the conference was
to be held. The conference officially began on
Monday 16th- Friday 20th of April 2012.
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Day one of the conference began with the
celebration of the Eucharist presided over by
the general councillor for Africa, Fr. Marco
Marini. The bishop of Dundee diocese,
Graham Rose, in his welcoming remarks, at
the beginning of the very first session of the
conference, thanked the Consolata missionaries
for the good work that they are doing within
the diocese. He jokingly said that as much as
he prayed God that the Holy Spirit guides the
conference, he also appealed to the same Holy
Spirit not to be so revolutionary in action as
to direct the conference to take a decision
that may see Consolata missionaries leave the
diocese.
In total nineteen members attended the
conference with thirteen of them legible to vote.
Those who could not vote were representatives
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of the general direction (Vice superior general,
continental councillor, general administrator),
others were bishop Jose Luis Ponce de Leon and
two students’ representatives; André Nzunzi
and Samuel Francis Onyango. The debates and
discussions were very cordial and candid, while
sometimes getting heated. In all the discussions,
it was evident that the missionaries were seeking
for ways through which they can live fully their
missionary calling and be efficient in their
service to the institute, to the local church and
to the universal church.
In his closing remarks, the continental
councillor reminded the assembly that the end
of the conference is not a goal in itself but a
springboard towards a new way of doing things
guided by the resolutions of the conference.
He was pleased by the fact that the delegates
unanimously voted for the adoption of the acts,
a sign that every missionary owned the acts and
so would work towards its implementation.
During the closing Eucharistic celebration,
the vice general superior, Fr Pendawazima,
reminded the confrerers that the presence of
the representatives from the general direction
was mainly to encourage the confrerers to
cross over to the other bank. Crossing over
to the other bank calls for a strong will from
every individual. He added that as much as we
minister among the people of South Africa,
we should never ignore the fact that we are
With the conference over, the delegation is
now looking forward to the coming delegation
assembly as another moment to evaluate the
conference and also to begin the process of the
implementation of the acts of the conference.
May God grant us the will to cross over to the
other bank.
Sud Africa
Consolata missionaries and so never to ignore
the aspirations of our blessed founder Joseph
Alllamano.
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I MISSIONARI DEL NUOVO MILLENNIO
P. Rocco Marra, IMC
Sud Africa
I missionari del nuovo millennio sono i laici:
Questa è una frase pronunciata dal Beato
Giovanni Paolo II, e si sta verificando, man mano
che ognuno prende coscienza del suo battesimo.
Anche la Conferenza Episcopale dei paesi
del cono sud dell’Africa è in movimento per
la nuova evangelizzazione, con tutti i mezzi
possibili e immaginabili.
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Sul finire dell’Apartheid e all’albeggiare
della liberazione per il Sud Africa, i vescovi
avevano lanciato un piano di lavoro per il
germoglio di comunità ecclesiali di base.
Così nel 1989, con il documento “Comunità
al
Servizio
dell’Umanità”,
volevano
incoraggiare a creare relazioni umane più
cristiane, avendo la Santissima Trinità e
l’esempio di Gesù come modello. Nutriti
della Parola di Dio e fortificati dall’Eucarestia.
Forse in quest’ultimi anni ci si è come
assopiti, comunque si è alla ricerca di un
modo per svegliarsi e riprendere i nostri
impegni e essere messaggeri del Vangelo, nel
quotidiano della nostra vita. Così i vescovi da
circa due anni stanno incoraggiando, clero e
laici, a riunirsi, pregare, discutere, proporre.
Il centro è sempre Gesù, la sua missione, che
è la missione della chiesa oggi, nel mondo
che cambia velocemente
in moltissime sue realtà.
Il fuoco dello Spirito
suggerisce
poi
come
continuare il cammino.
Uniti a Cristo: Sacerdote, Re e
Profeta i fedeli laici possono
veramente
trasformare
la società e l’umanità.
Così i nostri vescovi, nella
prima fase di questa nuova
scalata, conclusasi lo scorso
anno, con non molto
successo, hanno voluto avere
la situazione della Chiesa del
Sud dell’Africa. Ora con la
fase due, stanno veramente
entusiasmando i fedeli.
da Casa Madre 6/2012
Hanno preparato dei libricini, per organizzare
incontri e preghiere.
Ci sono nove capitoli, ognuno strutturato,
con una parabola di vita ordinaria, Parola di
Dio, Documenti della Chiesa e tante semplici
domande che toccano l’esperienza quotidiana e
aiutano ad aprire gli occhi della fede e procedere
il cammino con l’impegno di essere più uniti a
Cristo, membri della sua chiesa e partecipanti
alla sua missione nel mondo dove ci si trova.
Sono stato molto contento, ieri, vedere un
centinaio di laici, provenienti dai diversi
punti cardinali dell’Arcidiocesi della capitale
sudafricana.
Si sono riuniti a Pretoria, “Bretoni Centre”, con
il loro Arcivescovo William Slattery e l’èquipe di
evangelizzazione diocesana. Sette ore insieme
per rincuorarsi, conoscersi di più, condividere
esperienze, approfondire con l’aiuto del
manuale della nuova evangelizzazione, dare
idee e impegnarsi perché il messaggio raggiunga
tutti i fedeli e le persone di buona volontà.
La celebrazione di Pentecoste quest’anno,
certamente sarà come un faro enorme che
illumina la vita della popolazione del Sud
dell’Africa.
P. Diamantino Antunes Guapo, IMC
Na noite do dia 3 de Maio o P. Valentim
Eduardo Camale, Missionário da Consolata e
vigário paroquial da paróquia de Liqueleva, nos
arredores de Maputo, partiu, de junto de nós, de
forma violenta inesperada.
Uma quadrilha de ladrões introduziu-se
furtivamente na paróquia de Santa Teresinha
do Menino Jesus de Liqueleva, e entrou na
residência dos padres. Corajoso, o Pe Valentim
enfrentou e ofereceu resistência aos ladrões que
entraram na residência paroquial para roubar. O
missionário foi violentamente atingido na cabeça
causando grande derramamento de sangue e
um traumatismo craniano. Noutro local da
residência dois sacerdotes estavam reféns de
outros membros da quadrilha, impotentes para
socorrer o seu confrade. Assim que os ladrões e
assassinos abandonaram o local, o Padre Fábio
Malesa, acorreu para socorrer o Pe Valentim que
encontrou numa poça de sangue. Conduziu-o
imediatamente ao hospital, onde porém já
chegou sem vida.
Na tarde do dia 7 de Maio, na Paróquia de
Liqueleva foi celebrada a Eucaristia de corpo
presente, sob a presidência do Arcebispo de
Maputo, Dom Francisco Chimoio e concelebrada
por 80 sacerdotes. A Eucaristia foi celebrada no
salão paroquial que foi pequeno para conter
a grande assembleia de fiéis que acorreu à
cerimónia. Foram muitas as centenas de pessoas
das comunidades das paróquias de Liqueleva
e Liberdade que quiseram vir dar a última
saudação ao falecido P. Valentim e irmanar-se
com a Consolata e a Igreja local num silencioso
grito de revolta pelo trágico acontecimento e
pela onda de violência e insegurança que se tem
vindo a fazer sentir. O choque e a consternação
eram visíveis nos rostos de todos.
No final da Missa foram lidas as mensagens
de recordação e homenagem da família, dos
naturais e amigos de Cabo Delgado, província
de onde era originário o P. Valentim, dos jovens
e dos acólitos, dos conselhos paroquiais das
paróquias de Liqueleva e Liberdade e por fim
Mozambico
MORTE E FUNERAL
DO P. VALENTIM EDUARDO CAMALE
dos Missionários da Consolata.
Concluída a liturgia, o féretro seguiu para
Pemba, no norte de Moçambique, em cujo
cemitério o corpo do P. Valentim será sepultado.
O Padre Valentim Camale, de 48 anos,
moçambicano, era natural de Montepuez, Cabo
Delgado. Tinha 12 anos de sacerdócio, alguns
deles vividos em Moçambique, nas Missões de
Mecanhelas e Maúa (Niassa), Costa do Marfim
e Portugal.
Regressou a Moçambique em 2010. Trabalhava
presentemente na Paróquia de Liqueleva,
Arquidiocese de Maputo.
A sua morte criou uma grande onda de
solidariedade e condenação à vaga de assaltos
a residências paroquiais e religiosas que se
assiste um pouco por todo o lado, sobretudo na
cidade de Maputo. Na manhã do dia 7 de Maio
a Confederação dos Institutos de Religiosos
e Religiosas presentes em Moçambique
(CIRM-CONFEREMO) deu uma conferência
de imprensa para denunciar o clima de
insegurança que se vive no país e reclamar
medidas urgentes de protecção. «Queremos
chamar a atenção do poder público, que tem o
dever constitucional de promover a segurança
do seu povo, e também de toda a sociedade,
para que tomem atitudes pró-ativas no que se
refere à sua segurança pessoal e dos seus, e no
rompimento do ciclo de violência», apelou o
Padre Ederaldo Oliveira, secretário-geral da
Conferência dos Institutos Religiosos.
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CONSOLATA NEWS KENYA
From the Regional Council
In the present Newsletter we would like to
share with you some news coming from the
last two Council Meetings (6th-9th March and
20th April 2012)
Fr. Giuliano Gorini was given the go ahead to
build a Consolata Residence at Mary Mother
of Grace Secondary School.
At Familia ya Ufariji, they have completed the
formulation of the Strategic Plan.
The Regional Council thanks all those who
cooperated in the work of Auditing that was
done in Institutions and Regional Offices. That
has helped and will help us to improve our
efficiency and work in the Region.
Monthly community meeting for planning life,
activities, and evaluations.
Share responsibilities within a community
(Superior, Parish Priest/Father-in-charge and
Financial Administrator). Nobody should hold
all the three responsibilities without a good
reason.
Regarding Human Resource Management
New Assignments
For us, we have the constitutions that guide our
life. It is important the stability of personnel,
however there are situations that force the
change of personnel.
In the recent council meeting Fr. Gerardo
Martinelli was appointed as full Acting
Administrator, assisted by Fr James Lengarin.
He also takes care of the sick members of the
region.
Holidays: For the expatriates they should make
the arrangement for their holidays (3 months)
known by January. Every confrere must take
three weeks of rest per year.
Kenya
Honor the contracts of the workers. Every
worker should be employed on one or two years
contract, and at the end of the contract, gratuity
is to be paid accordingly. Workers should be
registered under Diocesan employment and
remuneration policies.
And it is in this regard that the Region is trying
to come up with some policies that dictate our
life and the management of what we have been
charged with. Some of those policies are:
The Region will try to make the community of
three where necessary.
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Reinforce the expectations that fall upon those
who are appointed to a particular responsibility.
Should anything irregular be done by the
missionary that is not in order with our religious
life and values or go against the laws of the
country, the Kenyan law would be applied.
Each should make arrangements for the annual
retreat; for the zonal recollections and possible
for the monthly day off. The community should
plan and inform the Regional Superior.
The annual retreat is compulsory in the year.
If one cannot participate in the one organized
by the Region, he must take part in a retreat
somewhere.
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Holy Trinity Kileleshwa was officially
announced by His Emminance John Cardinal
Njue to be raised to the status of a Parish. Fr
Fr. Korambu has been appointed coordinator
of Sagana complex.
Fr. Lee Dung Uk Assistant Parish Priest of
Consolata Shrine.
Fr. Mathew Magak Parish Priest of Alendu.
Fr. Peter Kariuki to Nazareth Hospital
Chaplaincy
Fr. James Githinji was requested by the General
Administration to go to the Theological
Seminary in South Africa
Fr. Samuel Wachira is in the region from the
region of Amazzonia for holidays and renewal
course.
Deacon Zaccheus Allaroh to Alendu Parish.
Fr. Reuben Kanake Kajogo is in the region
from Tanzania for a renewal course
Fr. Chrispine Agunja Assistant parish Priest of
Ugunja.
Fr. Daniel Lorunguiya is expected from Congo
for holidays and renewal course.
Kenya
Fiorenzo Canzian has been appointed Parish
Priest.
Fr. Sibilia appointed Parish Priest of Baragoi.
Fr. Josephat Mwanzia Assistant Parish Priest of
Thegu.
Br. Severino Mbae Vice Principal and Manager
of Sagana Technical Training Institute.
Fr. Joseph Kihwaga Principal of Sagana
Technical Training Institute.
Fr. Charles Jjagwe Assistant Parish Priest of
Wamba
Fr. Mario Parra Leon Assistant Parish Priest of
Githurai
Fr. Michael Njue as Assistant Parish Priest of
Likoni
Fr. Daniel Bertea Regional Secretariat
Coming up Ordinations:
On 21st April Deacon Edwin Duyani Osalleh
was ordained priest at Likoni Parish. Joseph
Musito Wabwoba the seminarian in the year
of Service in Kenya, though he had studied in
Sao Paolo was admitted to the Perpetual Vows
and he will be ordained deacon on 28th April
at Mundika Parish in Bungoma diocese. In the
same day and place deacon Gabriel Kwedho
will be ordained priest. On 30th June Deacon
Mathew Kamwara will be ordained priest at
Gatunga parish. As we thank the lord for the
gift of vocations, we continue to pray for our
younger missionaries to be faithful in their
vocation and missionary zeal.
Fr. Zachariah Kingar’u Superior of the Regional
House
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“JOSEPH ALLAMANO - A FATHER IN THE FAITH
OF INNUmERABLE CHRISTIANS”
P. Pietro Baudena, IMC
libretto che contiene la biografia dell’Allamano,
opera di P. Francesco Pavese IMC e suor
Angeles Mantineo MC, tratto dal libro “Così
vi voglio”, più un compendio della dottrina
spirituale, questa pure tratta dallo stesso libro.
Questo compendio, inteso in particolare per i
nostri laici, tralascia la parte diretta ai membri
dell’istituto, riguardante la consacrazione
religiosa, e tende a presentare i punti fondamentali
della ricca, esigente ma semplice spiritualità
del Beato che mira in alto, alla pienezza della
vita Cristiana, alla perfezione dell’amore, alla
santità, ma non allo straordinario. Prevenendo
quanto dirà il beato Giovanni Paolo II con altre
parole, essa si concretizza nella “straordinario
nell’ordinario”.
È questo il titolo di una nuova pubblicazione
sul Beato Allamano edita dalle “Paulines
Publications Africa”, Nairobi, 2012.
Kenya
Era sentita l’opportunità della presenza del
nostro Beato in una serie di biografie di santi
della suddetta editrice in cui si trovavano i
fondatori e le fondatrici di tutte le congregazioni
religiose operanti in Kenya, eccetto il nostro.
D’altra parte il desiderio dei nostri cristiani che
si sentono “figli spirituali” dell’Allamano (di
qui l’idea del titolo del libro) di avere maggiori
informazioni sulla sua vita e spiritualità
attendeva di essere soddisfatto.
In risposta a queste due attese si cercò invano
di trovare qualcuno che scrivesse una nuova
biografia adatta alla nostra situazione. Il
sottoscritto pensò, in accordo con l’ ufficio
della Postulazione della causa di canonizzazione
e del superiore regionale di preparare questo
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da Casa Madre 6/2012
Partendo dal suo motto: ”prima santi poi
missionari”, si ricorda quanto Egli sottolineava
che la santità è frutto di volontà piena, energica
e costante, ma sostenuta da fede viva e pratica,
di un “magazzino di confidenza”, coronata
da un amore ardente, “amore di amicizia con
Dio”.
Si passa poi ai mezzi che Egli presenta come
necessari alla santità. Anzitutto la preghiera ben
fatta: “chi prega bene vive bene”, “la preghiera
dev’essere la nostra priorità, la preghiera con
la Parola di Dio: “la Bibbia è il nostro libro,
provvede tutto per la santità, “il cuore di
Dio nella Parola”, “meditazione, scorciatoia
alla santità, meditazione che con i suoi frutti
ricordati lungo la giornata trasforma la vita.
Meditazione però non solo come esercizio di
mente, ma che “riscalda il cuore”, che diventa
preghiera come raccomanda oggi il Magistero
della Chiesa con la “Lectio Divina” (Sinodo dei
Vescovi, lettere pastorali degli untimi Sommi
Pontefici).
Non vengono certo trascurate le caratteristiche
delle congregazioni operanti in Kenya, ma
soprattutto per l’aiuto ai nostri cristiani a
conoscere meglio il loro Padre nella fede, e a
fare sempre maggior frutto delle sue illuminate
direttive per la loro crescita spirituale. Potrebbe
anche essere uno strumento per i confratelli e
consorelle della Consolata per aiutarli a questo
fine.
Kenya
eucaristica e mariana della spiritualità
allamaniana. “L’Eucarestia mistero di fede e di
amore, la migliore preghiera”. ”Gesù Vittima”
: Messa “non solo ricordo ma attuazione del
sacrificio della croce”. “Il tempo più bello della
nostra vita”. “Gesù Pane Vivo, Comunione
intima partecipazione nel sacrificio”, “Gesù Dio
con noi”: adorazione, visita: “Egli ci accoglie con
affetto, anzi con acceso desiderio ogni volta che
andiamo a visitarlo”. Unitamente all’Eucarestia
si ricorda la Preghiera delle Ore, “la preghiera più
bella dopo la Messa”, “Imitazione del concerto
celeste”.
Per ultimo, ma non certo la meno importante:
la devozione mariana, “La devozione a Maria
è una necessità. Senza questa devozione, non
solo una devozione qualunque, ma una tenera
devozione, non potrete mai essere santi”. “Chi
vuole salvarsi e trascura la Beata Vergine fa un
serio errore. Voi potete raggiungere Gesù solo
con Maria. Viene poi ricordata l’importanza di
una “devozione mariana genuine”. “Il genuino
amore a Maria non è un qualche cosa di
sentimentale, ma è disponibilità a fare tutto quel
che è richiesto dal servizio di Dio e dal suo onore.
Dobbiamo pregare Maria e imitarla, soprattutto
nella purezza delle nostre intenzioni”. “Maria è
via alla santità” Chi vuole farsi santo senza la
Nostra Signora, è uno che vuol volare senz’ali”.
Il nostro Padre ci invita poi a sentirci figli e figlie
della Consolata “La Nostra Signora, non è forse
la nostra tenera madre sotto questo titolo? Non
siamo noi i suoi figli e le sue figlie? Dobbiamo
essere piamente fieri di appartenere alla vergine
Consolata”.
Per la nostra devozione mariana Egli raccomanda
in particolare il rosario, come preghiera vocale
e mentale allo stesso tempo, come la migliore
possibilità di meditare sulle vite di Nostro
Signore e della Nostra Signora. Con S. Agostino
ci ricorda di lasciare libero freno al nostro cuore
in questa meditazione. “Così pregato il rosario
diventa nutrimento sia al cuore che all’anima”
Conclusione. Spero che questo lavoretto
risponda non solo allo scopo di una presenza del
nostro Beato nella serie di santi e beati fondatori
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Consolata Missionaries in Kenya Meet
to Map the Road to Self-Sustenance
By Fr Daniel Mkado
The 11th regional conference of the Consolata
Missionaries from Kenya and Uganda was held
on Monday May 7 at Bethany House, Sagana in
Nairobi. The conference held every six years,
ends Saturday May 12, 2012.
Kenya
The 5-day conference discussed: economy of
communion and sustainability; evangelization
and mission; spiritual and community life;
formation; organizational structure and,
missionary animation and vocational promotion
and communication.
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Among other participants of the conferences
were: Vice-Superior General of the Consolata
Missionaries
worldwide,
Fr
Dietrich
Pendawazima, the General Councilor incharge of Africa, Fr Marco Marini, the General
Administrator, Fr Rinaldo Cogliati, the Regional
Superior, Fr Joya Hieronymus and 40 delegates
drawn from Kenya and Uganda.
The Vice-Superior General, Fr Pendawazima
da Casa Madre 6/2012
expressed hopes that the conference would
capture the mandate of the General Chapter.
The General Chapter held in Rome last year,
resolved to set up a Continental Secretariat
which would help to re-qualify the Consolata
mission, improve sharing of personnel,
restructure the congregation’s presence and
economic support to increase the sense of
belonging in the continent.
The Continental Secretariat Council will consist
of regional and delegate superiors and General
Councilor in charge of the continent who will
coordinate with the General Council in Rome.
This will guarantee the flow of coordination,
information and programs. The idea is to
decentralize the decision-making powers of the
General Council,” he said.
Fr Pendawazima called on missionaries to be
aware of the economic challenges facing the
congregation, saying these should not trigger
Kenya
alarm as Consolata Missionaries are called to
live a more austere lifestyle.
He urged missionaries to be calm amidst financial
crisis that the congregation is undergoing as it is
a worldwide phenomenon.
“Crises are cyclical, benefactors are disappearing,
our administrators should be therefore trained,”
he told CISA in an interview.
Fr Joya, the Regional Superior, acknowledged
that the congregation in Kenya is grappling
with rising numbers in the vocations, but due to
financial constraints, the conference will have to
re-think the number of students to admit in its
seminaries.
Fr Joya said that Kenya and Uganda is a very
important region as it is the first mission and
has the highest number of human resources. He
urged the delegates to plan well for the region’s
future.
“It’s a region that is endowed with many
resources and opportunities that if well tapped,
even economically, it can really help the continent
and also the whole congregation”, he said.
Amidst all of these challenges, he noted, many
local ordinaries continue to extend invitations
to the Consolata missionaries to open missions
in their respective dioceses. He expressed hope
that even if there are no available resources,
the Christians in these parishes would work
hand in hand with the congregation.
“It is a sign that the local ordinary appreciate
our work,” adding “This conference will
therefore have a look into the resources we
have and see if we can answer to this requests.
Through divine providence God will give an
answer to it”
Fr Joya expressed optimism that the conference
would come up with plans to mitigate the
economic challenges including investment and
resource mobilization ideas to sustain mission
work.
The Consolata Missionaries are working in 25
different countries in the world. The Kenyan
region has a total of 168 members (priests,
brothers, novices and students in formation).
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da Casa Madre 6/2012
VENEZUELA, CHI SEI TU E COSA FAI?
P. Andrea Bignotti, IMC
Venezuela, piccola Venezia? Forse! É la mia
seconda patria e chiesa particolare per aver già
spesi più della metà dei miei anni di sacerdozio
missionario. I Missionari della Consolata sono
presenti con un piccolo gruppo-delegazione,
nato come espansione dalla vicina Colombia e
come espressione della missionarietà di questa
regione e chiesa.
Fino agli anni 2000 c’era una presenza
equilibrata di missionari, europei, americani ed
africani, oggi giorno, dal 2010 in poi, il gruppo
ha cambiato molto ed io sono l’unico europeoitaliano; quasi mi potrebbero dire: “come, sei
tu l’unico pellegrino e forestiero?” Sono anche
il più vecchio, ma anche la memoria storica in
questa delegazione formata da buoni e bravi
missionari, americani ed africani.
Venezuela
In questi tempi in cui sono cambiate le
situazioni sociali, politiche e religiose, la
necessità e le frontiere sono molte, e dobbiamo
essere capaci di leggere i segni dei tempi e
sapere poi discernere e prender decisioni con
saggezza. per non ripeter certi sbagli e pentirci
poi amaramente per aver aperto o chiuso alcune
presenze.
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Non possiamo fare di tutto ed essere missionari
generici, che fanno a loro modo in una società
di specializzazioni. Perciò anche in Venezuela,
cerchiamo di essere presenti e portare avanti
presenze significative e missionarie, con “una
fedeltà dinamica al carisma”. Siamo pochi, però
di qualità, camminando in comunione con la
Chiesa locale, conoscendo ed appoggiando
il lavoro diocesano, innestando lo spirito e
la dimensione missionaria nella pastorale
ordinaria. No c’è molto spazio per altre
avventure o iniziative individuali.
Siamo presenti nelle grandi città, come
Caracas e Barquisimeto, dove si sono rifugiati
contadini ed indigeni e si palpa l’abbandono
sociale, politico e religioso, dove la sfida della
secolarizzazione e del multiculturalismo sono
urgenti, alla porta e chiedono una risposta
di vita e di salvezza. Voglio qui ricordare
da Casa Madre 6/2012
l’esperienza di disobbedienza ed obbedienza
di Giona, quando Dio volle inviarlo a Ninive.
Dov’è più indispensabile la nostra presenza
oggi? E’ finita una pastorale di individualismi o
eroismi, ma dobbiamo essere buoni osservatori
ed ascoltatori, essere capaci di annunziare
con coraggio il Vangelo di Gesù Cristo ed
accompagnare il suo popolo con pazienza ed
amore..
Siamo presenti anche tra le minoranze etniche,
fra i Warao del delta de Amacuro, dove sbocca
il Fiume Orinoco. Qui la nostra presenza è
condivisa con le nostre Suore della Consolata.
Anche questi indigeni, in pieno esodo
dalle città, esigono la nostra utile presenza,
accompagnamento e solidarietà, perché
corrono il rischio di perdere la loro identità e di
sparire dalla circolazione per tante lotte etniche
e politiche, per le manipolazioni sociali ed
economiche. Noi missionari , in nome di Dio
e della dignità umana e sociale di questi popoli,
abbiamo il difficile compito di prepararli e
accompagnarli non ad uno scontro, ma ad una
integrazione a tutti i livelli.
Tutta la nostra vita presenza e lavoro è
appoggiare pastoralmente e missionariamente
la Chiesa locale, che in questi ultimi anni,
anche se vocazionalmente si è rinforzata, ha
avuto molte contrarietà e tempi difficili a livello
sociale, politico ed ecclesiale. E’ una Chiesa,
Venezuela
oggi più che mai chiamata ad essere presente e
solidale in mezzo al popolo di Dio., ad essere
più madre che maestra, più evangelizzatrice,
profetica e missionaria.
Obbedendo alla nostre caratteristiche di essere
presenti nelle chiese locali ed accompagnare, per
un tempo limitato il suo cammino, mi è stato
assegnato il lavoro della Animazione Missionaria
nella Chiesa Venezuelana e da alcuni anni sono
direttore nazionale delle Opere Missionarie
Pontificie in Venezuela, dove già mi aveva
preceduto brillantemente il P. Sandro Faedi.
In questa Chiesa come in altre, per rinnovare la
fede e l’impegno cristiano, c’è bisogno di una
nuova evangelizzazione, di essere sempre aperti
alla Missione ad gentes, perché non basta fare
dei buoni documenti e poi lettera morta, fare
grandi concentrazioni e poi rinchiudersi in
individualismi religiosi ed ecclesiali, non basta
chiedere e ricever missionari, fede ed aiuti, ma
bisogna anche dare e condivider quello che ci
è stato annunziato, trasmesso e dato gratis. Di
fronte al futuro, dobbiamo formare persone
e comunità capaci di una fede contagiosa,
condivisa ed impegnata.
Per tutte queste buone ragioni ed altre , si
sta organizzando in Venezuela e per tutto il
Continente il Quarto Congresso Americano
Missionario, CAM-4, che ci vedrà come
organizzatori e per dire a tutta la Chiesa
Americana e venezuelana che è arrivata l’ ora “di
dare dalla sua povertà”, di passare all’altra sponda
(Gv.6,17), affinché possa essere “annunziata la
gloria di Dio, Cristo, a tutte le nazioni e genti.”
(Is.66, 19).
Se non siamo missionari in ogni luogo e
situazne, siamo dei poveri cristiani.
E’ un tempo propizio e di grazia che potrà offrire
alla chiesa universale “ una nuova primavera di
fede e di vocazioni”.
A tutti voi il mio grazie per la stima affettuosa
e l’appoggio missionario, vibrando per il Regno
di Dio.
39
da Casa Madre 6/2012
DIÁCONO: SINAL DE CRISTO NA COMUNIDADE!
P. Mário de Carli, IMC
Robério foi um dos primeiros adolescentes
que se interessaram por receber a Boa Notícia
que estes novos missionários vinham trazer ao
povo. Levado pela curiosidade, se surpreendeu
com muitas perguntas que não sabia de onde
vinham. Aprendeu a olhar a si mesmo e à Igreja
de uma forma nova e positiva. À medida que
participava das atividades pastorais e vendo o
testemunho dos missionários da Consolata
sentiu o desejo de «ser como um deles e também,
que deveria dar um passo além. E assim eu fiz»,
afirma Robério.
Passou por acompanhamento e discernimento
vocacional em Cascavel, Paraná, onde fez o
propedêutico (2003) e a filosofia em Curitiba
(2004-2006). No ano de 2007 foi à Argentina
onde fez o noviciado e sua profissão religiosa.
Fez seus estudos teológicos na Faculdade
Dominicana de Teologia em São Paulo. No
dia 6 de maio fez sua profissão religiosa de
consagração a Deus.
Brasile
No dia 19 de maio, às 18h00, realizou-se na
Paróquia Nossa Senhora da Penha, Jardim Peri,
Zona Norte de São Paulo, a ordenação diaconal
de Robério Crisóstomo da Silva, missionário da
Consolata. Robério é o último dos três filhos e
duas filhas de Laércio Crisóstomo da Silva e de
Maria Adelina Gonçalves da Silva, nascido na
cidade de Jaguarari, sertão da Bahia.
40
A celebração foi presidida pelo cardeal dom
Odilo Pedro Scherer, arcebispo metropolitano
de São Paulo. Dom Servílio Conti, bispo
emérito de Roraima também esteve presente,
além do superior regional, padre Elio Rama,
bom número de padres e irmãs missionários
da Consolata, seminaristas e irmãs da Casa de
Maria. A igreja da Penha estava lotada com
muitos cristãos vindos de várias comunidades
para viver com intensidade este momento de
graça e gratidão.
No ano de 1985 os missionários da Consolata
chegaram a Jaguarari, no interior da Bahia.
da Casa Madre 6/2012
Ao ser perguntado sobre a sua trajetória
vocacional afirma que «ao longo de todos esses
anos pedi a Deus que me confirmasse a vocação
missionária». O noviciado feito na Argentina em
2007 foi a primeira experiência de ter saído do
Brasil. «Lá, aprofundei a minha espiritualidade,
minha comunhão com Deus e com Jesus Cristo.
Vi como o povo argentino vivia a sua fé. Fui
percebendo que a importância da vida religiosa
no seguimento de Jesus Cristo é estar ao lado
do povo. Foi um caminho trilhado pelo Espírito
de Deus no meio das crises e dificuldades que
eu tinha, mas permanecia fiel à voz de Deus,
que todos os dias me chamava”. Durante
os estudos de teologia via bem melhor sua
vocação e aprofundou o carisma do Instituto da
Consolata, «que é a evangelização dos povos».
O que significa ser diácono nesta Igreja que se
define atualmente «discípula-missionária» num
mundo que é adulto e numa Congregação que
tem por carisma anunciar as alegrias de Maria
aos povos? Na opinião de Robério «é uma vida
de sacrifício e de amor dedicada a Cristo. É vida
Durante a celebração da ordenação diaconal,
dom Odilo manifestou a alegria pela opção
que Robério assumiu na vida, «dedicando-a ao
Reino de Deus: diácono é missão do anúncio
do Evangelho, servir no altar e dedicar a vida
à caridade. Alegria de servir os pobres. É vida
doada na missão do serviço e do testemunho
como Jesus Cristo: sacerdote, profeta e
santificador do povo».
Um dos parentes de Robério agradeceu a vida
e a opção do neo-diácono, afirmando que «a
missão do serviço do diácono é identidade
e parte integrante do ser cristão». Robério
agradeceu a Deus pelo chamado e a todos que o
ajudaram nesta caminhada. Pediu orações a fim
de que seu lema: «Concedei que vossos servos
anunciem corajosamente vossa palavra», possa
ser vivido cada vez mais.
Brasile
colocada à disposição e a serviço do povo. Ser
diácono é ser sinal de Cristo na comunidade. Sinal
do Cristo pobre, humilde, casto, obediente ao Pai
e serviçal. É estar ao lado do povo, caminhando
com ele, ouvindo-o e se comprometendo com
seus anseios e desejo de vida mais plena. É
ter uma resposta positiva diante dos desafios.
Alegria na doação e disposição. Lutar ao lado do
povo, sobretudo pobre, para que tenha uma vida
digna. A minha maior alegria é anunciar o amor
de Deus revelado em Jesus Cristo».
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da Casa Madre 6/2012
CHIUSURA DELLA III CONFERENZA IMC
DELLA REGIONE ITALIA
P. Nicholas Muthoka, IMC
“Una conferenza che si chiude non è una porta che si
chiude, ma un cammino che si apre” ha affermato
il Superiore Regionale dei Missionari della
Consolata in Italia a chiusura della Conferenza
Regionale, celebrata in Certosa di Pesio con
il compito di tracciare il cammino di vita e
lavoro dei missionari in Italia per i prossimi sei
anni. Sono state 5 giorni impegnative e dense
di relazioni, omelie, adorazioni silenziose,
votazioni, discussioni animate con qualche
osservazione un po’ fuori luogo, richiami
dalla Direzione generale. Insomma, tutte cose
normali in un momento di forte discernimento!
È stato un momento di ascolto comunitario,
di quello “che lo
Spirito
dice
alle
Chiese”, un ascolto
anche
dell’uomo,
delle sue ansie e
preoccupazione, un
ascolto reciproco.
Italia
Il clima e ritmo di
vita è stato animato
dalla preghiera e
dal
discernimento;
il nostro non era
un incontro di una
azienda, e nemmeno di un’organizzazione
umanitaria, ma una Conferenza di missionari,
chiamati e scelti dal Signore per portare
la Consolazione al mondo. “È doveroso
pensare, pregare e riflettere sulla missione
oggi, se vogliamo essere significativi nel nostro
apostolato missionario,” aveva ribadito il
regionale, p. Sandro Carminati, nel suo discorso
introduttivo.
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Momento particolare di ascolto dell’uomo e
delle sue ansie e problemi è stato l’intervento di
Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Migranti
di Torino e dell’Asai (Associazione Animazione
Interculturale Torino): ci ha aiutato a entrare
più in profondità nella realtà socio culturale ed
ecclesiale italiana con tanto di cifre e percentuali;
da Casa Madre 6/2012
ci ha parlato della crisi dell’economia, dell’etica
e della speranza; ha messo in evidenza la
fragilità giovanile, la società che sta fortemente
invecchiando, la popolazione dei migranti in
aumento, le situazioni dei figli della seconda
generazione di migranti, la domanda religiosa
ed esistenziale dei giovani d’oggi (italiani e di
provenienza straniera) che esigono profondità.
Ci ha sfidato a tornare ad abitare le piazze, le
città, le scuole, i condomini, ad abitare la vita
reale degli uomini del nostro tempo. “È finita la
società dei semafori, ci ha detto, ed è cominciata
quella delle rotonde (dalle quali qualcuno non
esce mai),” per significare la fine di una società
con regole precise e il
passaggio ad un modo
di vivere autoregolato
ed autoreferenziale.
Dopo
relazioni,
discussioni, lavoro di
gruppo e condivisione
delle
esperienze,
l’Assemblea, preso atto
della nuova realtà, ha
concluso affermando
che i “lontani dalla
Chiesa sono affare
nostro”. Per questo, tra gli altri orientamenti,
è nata la proposta di costituire una equipe di
missionari per la “nuova evangelizzazione”
con il compito di riflettere, studiare e offrire
poi delle proposte di lavoro per noi stessi e
a servizio della Chiesa locale. L’animazione
missionaria della chiesa locale, nei suoi vari
aspetti, rimane il nostro compito prioritario,
ma non semplicemente perché la chiesa locale
sviluppi una coscienza più missionaria, ma
perché diventi essa stessa missionaria per la sua
gente. A noi l’impegno di rafforzare sempre
più e meglio lo spazio da dedicare all’ad gentes.
Inoltre, “oggi è inderogabile promuovere una
sincera e seria riflessione sulla realtà e fare un
“salto di qualità”, dare più spessore spirituale
alla nostra vita e soprattutto maggiore fedeltà
all’ad gentes. Per il padre generale, Stefano
Camerlengo, riqualificare l’ad gentes qui in Italia,
vuol dire rivitalizzare la ragione per cui siamo
nati. Questa prospettiva sarà l’inizio di un nuovo
cammino della regione, fortemente richiamato
dal Superiore regionale nella sua prolusione di
apertura: partendo dai molteplici cambiamenti
in atto, “la nuova realtà socio-ecclesiale ci chiede
una presenza diversa sul territorio”.
Altro aspetto è stato quello di mettere l’accento
sulla vita comunitaria per riqualificarla e renderla
più accogliente anche per rispetto verso i
confratelli anziani e malati che rientrano in Italia
dopo aver speso tutta la loro vita alla missione.
L’ascolto delle necessità della chiesa e della società
ci ha portato ad aprirci con più determinazione
verso l’accompagnamento pastorale dei migranti
come l’ad gentes che ci può caratterizzare in
Italia
Italia: accoglierli, accompagnarli, aiutarli a
sentirsi figli di Dio e fratelli tra di loro. Questo
significa rafforzare il già esistente impegno
che la regione porta avanti verso i migranti e
renderla ancora più significativa e impegnativa.
Nella celebrazione Eucaristica di conclusione
dei lavori, il padre regionale ha, con parole di
fiducia affermato: “Sono sicuro che cammin
facendo potremo migliorare tutti questi aspetti,
riprenderli, rafforzarli, qualificarli e forse
anche osare maggiormente con un po’ più
di profetismo.” Le famose quattro T offerte
dal p. Ugo rimangono una sfida: riprenderci
il Territorio e riqualificare la nostra presenza
in essa e accompagnare la società, magari
anticipando i cambiamenti, sempre alla luce
della Parola di Dio; fare Teologia cioè saper
leggere e riflettere; tutto questo in un clima
di Team, insieme, riqualificando e dando un
brusco sobbalzo alla nostra vita spirituale e
comunitaria per una maggiore Testimonianza
della gioia della nostra fede. Il p. Regionale
ha concluso dicendo che la Conferenza è
“un cammino, una porta che si apre” e il p.
Generale ci ha invitato a tornare alle nostre
comunità con più entusiasmo, ottimismo e
animare i Confratelli a vivere la missione, ad
essere quei “missionari energici, costanti, attivi,
laboriosi e obbedienti” come il Fondatore ce lo
ha ricordato all’inizio di ogni giornata.
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da Casa Madre 6/2012
vita nelle comunitÀ
JUBILEU DE OURO
Brasilia
P. Emanuele Gavosto, IMC
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da Casa Madre 6/2012
Essa foi a primeira vez que Dom Sérgio visitou
nossa Paróquia. À tarde, já alguns paroquianos e
catequizandos haviam tido um encontro com o
Pe. Emanuele e riram muito com suas histórias.
Após a Missa houve um jantar festivo. No
domingo, 15, Festa da Divina Misericórdia, Pe.
Emanuele e Pe. Hélio concelebraram na Capela
da 311/12. A comunidade se fez presente nas
celebrações e orou, cantou e louvou a Deus por
nos ter concedido a graça de um sacerdote tão
dedicado e tão cheio de entusiasmo. A missão
recebida de Deus e que abraçou com fidelidade
e compromisso ao longo de tanto tempo. Um
exemplo de vida para todos nós que também
devemos levar com fidelidade e compromisso a
missão que Deus nos confiou. rever parentes e
amigos. Celebrar o sacerdócio é um fato que toca
diretamente na alma da comunidade, unindo-a
num só corpo e num só espírito. Mais que isso,
a celebração do jubileu de ouro sacerdotal é
um acontecimento de toda a Igreja: Corpo
Místico de Cristo. A Igreja deposita no Padre
sua missão principal – continuar a Obra da
Salvação começada pelo próprio Cristo. Prova
disso foi a presença do Arcebispo, Dom Sérgio
da Rocha, sinal da comunhão eclesial e da
unidade. E l e representou todo o episcopado,
incluindo o Santo Padre, e o rebanho do
Senhor que habita Brasília. Também a presença
do Superior da Consolata no Brasil foi sinal de
festa: a Congregação, espalhada pelo mundo,
também se faz unida. Como herança da festa,
a certeza de que, em Deus, não há tempo nem
distância, e a unidade pedida por Jesus na sua
oração se faz também a partir do sacerdote.
Afinal, o Padre é testemunho vivo e utêntico
disto, pois “está sempre pronto para responder às
necessidades das almas” (Cura d’Ars).
Brasilia
Celebramos os cinquenta anos de vida sacerdotal
de nosso querido Pároco, Pe. Emanuele Gavosto
nos dias 14 e 15 de abril. Dom Sergio da Rocha,
Arcebispo Metropolitano de Brasilia , o Suoerior
da Congregacão dos adres da Consolata no Brasil
e vários Padres da Asa Norte concelebraram a
Missa em Ação de Graças na Matriz no sábado.
Na história e nas obras de Pe. Emanuele,
compreendemos o valor da doação, da Fé, do
cumprimento exclusivo da Vontade de Deus
e, sobretudo, da Paz que Jesus veio anunciar e
estabelecer.
Ganhamos o presente, como comunidade
paroquial, de fazer festa por uma razão única:
meio século de dedicação incansável ao Povo
de Deus, na qualidade -+de sacerdote do padre
Emanuele.
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da Casa Madre 6/2012
PADRE GIULIO CRIPPA
CELEBRA 50 ANNI DI SACERDOZIO
STD Peter Lengurnet, IMC
Bravetta
Il seminario Teologico Internazionale di
Bravetta, ha celebrato il cinquantesimo
anniversario di ordinazione sacerdotale di Padre
Giulio Crippa con un’eucarestia Missionaria, il
sabato 21 di Aprile.
46
Padre Giulio Crippa, nato nel 1932 ad ArcoreMilano, dopo aver compiuto gli studi di ginnasio
e di liceo a Rosignano Monferrato e il noviziato
alla Certosa di Pesio, ha fatto la professione
temporanea nel 1956 e la professione perpetua
nell’anno 1959; dopo aver terminato gli studi di
filosofia e di teologia negli anni 1956-1962 fu
ordinato sacerdote a Torino nel 1962.
Padre Giulio ha lavorato principalmente in
due paesi: Kenya e Italia. In kenya ha svolto
il servizio missionario in diversi luoghi nella
provincia centrale del paese: Nyeri, Kimorori,
Gaicangiru, Kerugoya, Mogoiri e in Italia a
Bevera, Rovereto, Bedizzole, Certosa di Pesio,
Torino, santa Maria a Mare e Roma dove ora si
trova nel Seminario Internazionale di Bravetta.
da Casa Madre 6/2012
Padre Giulio nell’omelia dell’eucaristia celebrata
ha ringraziato Dio per il dono del sacerdozio
ricevuto e per averlo accompagnato nella sua
missione. Il suo motto preferito è “Vogliamoci
bene.” Nell’Eucaristia, Padre Giulio è stato
accompagnato dai Padri della casa di Bravetta
e da una nutrita rappresentanza di confratelli
della Casa Generalizia a cui si sono aggiunti i
famigliari venuti da Arcore e un nutrito gruppo
di amici e simpatizzanti. L’atto liturgico fu
animato dagli studenti del Seminario Teologico
Internazionale.
La comunità del Seminario Teologico
Internazionale ringrazia il Signore, la Consolata
e il beato fondatore per il dono di Padre Giulio
all’Istituto e in modo speciale alla comunità di
Bravetta.
Auguri Padre Giulio! Dio ti benedica sempre!
Ad multos annos.
P. Ramón Lázaro Esnaola, IMC
Siento haber pasado todo este tiempo en silencio
pero hace un mes que no tengo conexión de
internet en Dianra.
seis kilómetros de viacrucis bajo un calor
demoledor. ¡Qué bueno fue volver a la misión
y beber agua del frigorífico!
La verdad es que he empezado a un ritmo
muy fuerte. Esperemos soportarlo. Tengo
la impresión de no parar ni un momento:
reencuentros, visitas, preparar la Pascua,
viacrucis, bautizos, fiesta, danzas, visita del
obispo, situaciones personales, enfermos,
alfabetización, microcréditos a mujeres,
programar los próximos seis años IMC en Costa
de Marfil, arreglar el coche, acondicionar la casa,
seguir editando materiales en senanri, asamblea
de mujeres de la parroquia, apoyar a las CEB a
las que les falta un animador...
- La Conferencia IMC nos ha exigido un
esfuerzo de preparación pero ahora estamos
recogiendo los frutos porque, si Dios quiere,
terminaremos mañana.
Muchas, muchas cosas. Pero, en el fondo, una
gran alegría de fondo. Una gran serenidad. Y
una esperanza de seguir construyendo Reinado
de Dios CON este pueblo.
Dianra
¡a toda marcha!
Creo que esto os da una idea de lo que voy
haciendo por aquí. A ver si os puedo escribir
más despacito para ir describiendo mis
sensaciones y los soplos del Espíritu por esta
zona.
Ah, otra novedad fue que mi ordenador hizo
“plof ” y tuve que formatearlo. Bueno, son
cosas que pasan. No aguantó el cambio de Kin
a Dianra. Paz y bien.
Os mando un par de fotos de la visita del obispo
y el “uniforme” que hicieron las mujeres para su
asamblea.
Bueno, os pongo al día en algunas cosas:
- Este año recibieron microcréditos 130 mujeres
de toda la parroquia y el mes pasado hicieron
el primer reembolso. El segundo lo harán
la semana que viene. Parece que todas están
trabajando bastante bien y están obteniendo
buenos beneficios porque el precio del arroz
se ha duplicado en relación al tiempo en que lo
compraron.
- La Asamblea de mujeres fue un éxito ya que
hubo unas 120 mujeres. Algo menos que el
año pasado pero todas acabaron contentas de
la formación que recibieron sobre la higiene
corporal, el tema de la ablación y los abortos
espontáneos. Así como sobre el compromiso de
la mujer en la Iglesia. - Las Pascuas tuvieron mil y un incidentes pero
todo fue bien. Yo acabé agotado después de
pasar casi cinco días en dos aldeas. Me tragué
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da Casa Madre 6/2012
JOVENS FORMANDOS ENTRE OS DETENTOS
STD Antonio Hugo Botelho da Silva
Manaus
“Recebei como herança o reino que meu pai
vos preparou desde a criação do mundo! Pois eu
estava na prisão e fostes me visitar. em verdade
eu vos digo que todas as vezes que fizeste isso
a um dos menores de meus irmãos, foi a mim
que o fizestes” (Mt. 25, 34. 36.40)
48
O sentido de ser missionário não é somente
sair de sua terra, e sim quando vamos à busca
do outro filho de Deus como nós, levando
sempre a consolação. É com esse intuito que
nós formandos do Instituto Missões Consolata
(da Amazônia: Antonio Hugo Botelho da
Silva e José Silva Menezes), vamos apresentar
a nossa contribuição na pastoral Carcerária na
Arquidiocese de Manaus.
Realizamos o trabalho pastoral na Cadeia
Raimundo Vidal Pessoal na Av. 7 de Setembro
da Casa Madre 6/2012
nº 213 Bairro Centro, sempre aos domingos às
08:00 até 11:00. Para nós a partir da pastoral
carcerária vemos a missão com outra ótica,
voltada para o nosso carisma “ide e evangelizai
e levai consolação a todos”, com isso, o sentido
da missão está vinculado, evidentemente,
com o encontro pessoal com Cristo: se este
companheiro de viagem ocupa um posto
privilegiado em nosso coração, com certeza
vai surgir em nós a grande necessidade de
compartilhar com outros a alegria deste
encontro. E falar aos irmãos internos o que
Jesus significa é falar de um encontro que não
pode ser calada, porque pertence como dom
ao indivíduo, porém como gratuidade, a toda
a humanidade. Isso nos remete ao tempo dos
apóstolos que estavam reunidos com medo
da missão que lhe foi confiada, porém nosso
Senhor aparece a eles e os envia para missão
Manaus
com a força do Divino Espírito Santo: “Como o
pai me enviou também eu vos envio. Então soprou sobre
eles e falou: Recebei o Espírito Santo. (Jo. 20, 21-22).
Irmãos e irmãs, essa é uma das nossas, missões
que o Senhor dá a cada um de nós hoje. “pois
estava preso e fostes me visitar. Em verdade eu vos digo
que todas as vezes que fizeste isso a um dos menores
de meus irmãos, foi a mim que o fizestes” (Mt. 25,
36.40). Ainda hoje o Senhor conta com cada
um de nós e nos envia como missionário para
anunciar o Reino de Deus. Essa é uma grande
responsabilidade que o Senhor coloca em nossas
mãos, pois a Pastoral Carcerária ainda conta com
pouquíssimos membros e por falta de recursos
financeiros. Apesar da boa vontade, seus
membros ficam impossibilitados de fazer visitas
regulares aos presídios e o acompanhamento
com os familiares dos presos. Fraco também é
o apoio efetivo e solidário da Igreja como um
todo. Como podemos reverter esse paradigma?
Como superar a visão da maioria da sociedade
que acha que “essa gente não merece”, que pensa
que “quanto mais longe os presos estiverem será
melhor”? Portanto devemos também olhar para
Jesus Cristo, e perceber também que ele foi preso,
torturado e crucificado. Como podemos amar
e comungar com Jesus, sem amarmos o preso,
o torturado e humilhado de nossa sociedade?
Fomos perdoados para celebrar o perdão e
assumir a missão de Jesus, levando solidariedade,
misericórdia, consolação e reconciliação com
nossa sociedade, com os presos, familiares de
presos e os egressos.
Portanto, no final das visitas saímos com
muita gratidão porque em vez de “bandidos”,
encontramos pessoas que ficam felizes e muito
agradecidas porque alguém que foi, em nome
de Deus, escutar e se interessar por suas vidas
de levar essa consolação que através do nosso
instituto Deus nos pede a realizar. Enfim, a
pastoral é a presença da Igreja no meio deles,
levando “vida” e “consolação” e ficamos felizes
por sermos agentes de pastoral carcerário,
e convidamos a todos que venham fazer
parte dessa missão desafiadora, porém muito
contagiado pelo o Amor de Deus Pai!
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da Casa Madre 6/2012
40 GIORNI DI DESERTO A WERAGU
Emanuele e Michelangelo
Emanuele
Weragu
Sono Emanuele un ragazzo di 31 anni e vengo
da Faenza. Voglio condividere con voi la mia
esperienza di deserto di 40 giorni nella missione
di P. Paolo a Weragu.
50
Il mio percorso di vita iniziava a prendere una
direzione diversa; l’idea di entrare in seminario
si fece più realistica dopo la conversazione
con il responsabile degli anni di propedeutica
del seminario di Faenza. Dopo aver preso il
contatto con P. Paolo Angheben, presentai
le mie dimissioni in azienda e mi preparai
per partire. Una ventina di giorni prima della
partenza si unisce a me Michelangelo, un
ragazzo pugliese, con lo stesso obbiettivo fare
il deserto e successivamente arriverà Carla
dalla Sardegna. Arrivammo a Addis Abeba il
24 febbraio, venne a prenderci P. Eduardo con
la sua geep toyota e ci dirigemmo verso la casa
madre Consolata Fathers.
da Casa Madre 6/2012
Arrivati a Weragu, P. Paolo ci diede come
sistemazione una piccola casetta in legno
un vero chalet di montagna costruita su due container. Il piccolo villaggio è abitato da gente
semplice,cordiale e accogliente. La maggioranza
sono di religione musulmana e ortodossa
mentre i cattolici pur essendo inferiori come
numero formano una bella e vivace comunità.
L`ambiente e`molto diverso da quello di città,
la natura domina su tutto, le alte montagne
abbracciano il villaggio, le tipiche capanne di
eucalipto si mimetizzano con l`ambiente, le
strade sassose rendono avventuroso il tragitto e
buoi,asini e capre in quantità.
Il deserto ebbe inizio una settimana dopo
l`arrivo a Weragu. In quella settimana visitammo
altre missioni.
La storia della salvezza era il titolo del deserto,
un percorso biblico per conoscere il progetto
Il messaggio del Mistero della Salvezza ha
raggiunto il mio cuore.
Michelangelo
Cosa spinge un giovane a percorrere 2779 miglia
per poter trascorrere 60 giorni lontano dagli
affetti, dalle comodità, dal “mondo virtuale” in
una terra di cui non conosce nulla né lingua, né
cultura? Sono approdato in Etiopia per vivere
l’esperienza del “deserto” - 40 giorni in ascolto
della Parola, in un periodo durante il quale
avevo difficoltà a essere giovane. Il mio nome è
Michelangelo, 24 anni, pugliese, precisamente di
Terlizzi, città situata a nord di Bari, laureando in
teologia. Il 4 marzo abbiamo dato ufficialmente
il via al “deserto” nella missione di Weragu, un
luogo divino, inserito nella natura e dove il silenzio
non manca. In questo tempo mi sono lasciato
guidare dalla Parola di Dio cercando di
leggere la mia vita all’interno della Storia
della Salvezza, e darle nuovo significato.
I giorni erano scanditi da un programma
ben definito: al mattino dopo l’Eucaristia,
con la guida di padre Paolo, attraverso il
metodo della Lectio Divina ho ascoltato
e interrogato il Signore, seminando
nel mio cuore tanti piccoli semi. Il
pomeriggio per circa due ore ho messo
a disposizione le mie capacità manuali,
insieme ai ragazzi della missione mi sono
dedicato al “mestiere del taglialegna”,
questo tempo non disturbava il ritmo del
deserto, anzi dava maggior spessore alla Parola
ascoltata e meditata al mattino. Dopo il lavoro
c’era tempo per riflettere ancora prima di
ritrovarsi tutti in chiesa per la recita del Rosario
e dei Vespri. Mettersi all’ascolto di qualcuno
non è facile e ancora più impegnativo è mettersi
all’ascolto della Parola, in questo periodo ho
sperimentato la fatica di fare silenzio, come sia
difficile far spazio nel proprio cuore lasciando
che la Trinità ne prenda il possesso. In molte
occasioni ho sperimentato lo scoraggiamento e
il pensiero di abbandonare tutto era alla porta,
ma grazie al dialogo quotidiano con padre
Paolo sono riuscito lentamente a ritrovare la
strada dell’Amore. Ho infatti scoperto come
sia l’Amore il motore del vivere quotidiano. Il
vivere in missione mi ha dato la possibilità di
realizzare le riflessioni scaturite dal Vangelo e
il comprendere che si imparano molte più cose
in un volto sincero piuttosto che sui libri. Ogni
volto “nascondeva” una storia, una storia che
mi veniva donata gratuitamente attraverso un
sorriso, una stretta di mano o semplicemente
attraverso uno sguardo. Lentamente capivo che
la Parola “prendeva possesso della sua casa”
e mi riempiva di Amore Trinitario. Durante
il cammino ho trovato anche la risposta al
perché io mi sia ritrovato qui, all’inizio ho
creduto che io ero venuto per ricercare Dio
ma la Parola mi ha fatto comprendere come
sia stato Dio a venirmi incontro a cercarmi; io
ero qui per un “bisogno innato”, per esprimere
la relazione tra Dio e me, ormai offuscata nel
mio cuore. “Io sono fatto per te, Signore, e il
mio cuore è inquieto finché non riposa in te.”
(cf S.Agostino).
Weragu
di Dio sull`uomo. Il cammino si rivelò subito
faticoso,la scalata della Lectio Divina richiedeva
disciplina e costanza ma con l`aiuto del Signore
e della nostra guida spirituale riuscii ad avere
un buon equilibrio interiore che mi permise
di affrontare ogni passo con determinazione
e impegno. E` il primo frutto del deserto che
illumina il mio percorso e cioè accogliere con
fede e amore la Parola di Dio, mettendomi
in profondo ascolto, facendo silenzio, per
comprendere e vivere il Suo messaggio. Questo
messaggio e` vivere la comunione con Dio e
gli uomini. Accogliere il messaggio Trinitario
trasforma la vita dell`uomo e ne acquista un
significato diverso. Cosi come Maria, canto la
mia lode di gioia e di ringraziamento a Dio.
51
da Casa Madre 6/2012
CACEM O MÊS DE ABRIL
Pe. Daudi Kuzenza, IMC
O mês de Abril começa carregado de atividades
e preparações que tudo aponta para o grande
evento da salvação de humanidade a Pascoa.
«Se estivéssemos sempre atentos á voz do
Espírito, depressa nos tornaríamos santos.
Ele opera maravilhas naqueles que o seguem
com coragem e generosidade e transforma
os em heróis de santidade, como fez com os
Apóstolos. Neles e por meio deles renova a
face da terra» cf. Pontos de Luz.
Dia 2 chega o Pe Maurício de Roma onde tinha
ido acompanhar os leigos num retiro dos artistas
que tive lugar na casa geral dos missionários da
Consolata. No mesmo dia fez visita relâmpago
o Pe Hélder Bonifácio na companhia da sua
família à nossa comunidade onde convivemos
com una chávena de chá.
Dia 4 parte o primeiro grupo para pascoa jovem
rumo ao Alentejo, reuniu jovens do norte, sul e
centro acompanhados por leigos, Pe. Maurício
e o Tiago.
Cacem
Dia 5 parte outros grupos para pascoa em
diversos lugares, Pe. Batista com Tesha na
companhia de leigos e alguns jovens rumo a
Figueira da Foz. No mesmo dia parte o Pe.
Kuzenza na companhia de leigos e jovens rumo
a Castelo Branco. O Pe. Joaquim tomou conta
da comunidade do Zambujal nos preparativos
da semana maior até a Páscoa da Ressurreição.
O Pe. Barros encarregou-se dos preparativos
de pascoa na paróquia de São Marcos até ao
domingo da Ressurreição.
52
Dia 8, todos regressados à comunidade sãos e
salvos graças ao Ressuscitado.
Dia 9 foi a partilha da experiencia pascal
dentro da missa comunitária, em geral, todos
satisfeitos e contentes sinal de que fizeram o
encontro com o Ressuscitado nas diversas
povoações.
Dia 14 os padres Batista, Maurício e Tiago
foram ao convívio pascal com os jovens, uma
semana depois da pascoa em Fátima. Todo
da Casa Madre 6/2012
correu bem mas com poucos jovens.
Dia 15 decorreu na nossa comunidade um
convívio dos elementos do AMC donde os
padres foram convidados á participar no
almoço.
Dia 21 o Pe. Joaquim participou no passeio
vicarial com os membros da paróquia de São
Marcos á Óbidos.
Dia 25 realizamos um convívio de fraternidade
e amizade dentro da família missionária da
Consolata num passeio a Vila Viçosa.
Pe. Aventino Oliveira, IMC
1 de abril: “Dia da mentira, dia das petas, dia dos
tolos, dia dos bobos.” Um dia em cheio! Temos a
agradável visita do P. Mario Codamo, de 34 anos,
até aqui secretário da Nunciatura apostólica em
Maputo, Moçambique, que foi recentemente
destinado à nunciatura na Suiça onde vai exercer
o mesmo cargo. Veio acompanhado pela sua
irmã Rita e o P. Massimo, reitor do Colégio da
Universidade Lateranense em Roma. Vieram
com o nosso P. Manuel Tavares, e almoçaram
aqui connosco.
O P. Mario veio recomendar a Nossa Senhora o
seu futuro trabalho na Suiça. 1-7 de abril: Semana
Santa. Como não temos cerimónias na nossa
capela pública, a maior parte dos membros da
comunidade participa nas cerimónias na Igreja
da Santíssima Trindade.
Mais de 1.300 jovens espanhóis passaram este
ano a Semana Santa em Fátima. Muitos mais
queriam ter vindo, mas não foi possível, segundo
um deles, que achou a experiência “dura mas
muito bonita”. “Impressionante”, na expressão
de outro, a visita ao Centro João Paulo II para
Deficientes.
2 de abril: Participamos no retiro mensal do
clero diocesano no Santuário, pregado pelo
actual superior dos Carmelitas aqui em Fátima,
o P. Joaquim da Silva Teixeira. Desafiou-nos ele
a considerarmos, nós sacerdotes, em que estado
se encontra em nós o dever que assumimos na
imposição das mãos durante a nossa ordenação
sacerdotal. “Fomos chamados, disse, a imitarmos
os gestos do Bom Pastor”, e a oferecermos
continuamente a nossa vida pelo povo que o
Senhor nos confiou.
5-8 de abril: O nosso seminarista Tesha,
juntamente com o P. João Batista e a Irmã
Irene Nair, foram celebrar a Páscoa Missionária
na freguesia de Ribas, Figueira da Foz: Tríduo
pascal, Via Sacra na 6ª-Feira Santa pelas ruas
da aldeia com todo o povo; encontro com os
jovens e as crianças; visita aos doentes. Semana
Santa e Páscoa em cheio.
Fatima
AQUI FÁTIMA
O P. Elísio foi celebrar a Páscoa Missionária
em Paradela do Vouga, onde se juntaram
vários membros de diversos grupos da Família
da Consolata que foram participar e animar a
Páscoa missionária naquela paróquia.
O P. Carlos Domingos esteve em Vale
do Pereiro, Ermida, perto da Sertã para a
celebração da Páscoa Missionária, lugares bem
por ele conhecidos pois é nativo daquela zona.
8 de abril, Páscoa da Ressurreição do Senhor
Jesus. Dizia o nosso Beato José Allamano:
“Devemos ressuscitar para uma vida de mais
fervor… Não tenhais medo de ser excessivamente
fervorosos”.
9 de abril: Mais um dia de anos, o do P. João
Coelho Baptista, que celebra hoje as suas 80
primaveras. Parabéns e ad multos - e bons!
11 de abril: Recebemos a notícia que o técnico
2 de abril: Churrasco monstro e monstra
desgraça. Cerca de 173.000 galinhas e 300.000
ovos foram destruidos por um incêndio num
aviário situado na freguesia de Dornes, lugar
do famoso Santuário de Nª Srª do Pranto, no
concelho de Ferreira do Zêzere. Um prejuizo de
cerca de 2 milhões e meio de euros…
53
da Casa Madre 6/2012
do INEM e antigo membro do grupo de Jovens
Missionários da Consolata, Inácio Barroso, de
37 anos, está internado no Hospital de São
João, no Porto, após um acidente rodoviário
que lhe causou um traumatismo crânioencefálico, acidente que ocorreu quando viajava
numa ambulância do INEM, onde trabalhava.
Acompanham-no as nossas orações.
12 a 15 de abril: Temos a agradável visita de
parentes do nosso P. Antonio Rovelli, membro
da Direção Geral do IMC, que vieram visitar
Fátima e a “Senhora mais Brilhante que o Sol”.
15 de abril: Acompanhada pelo P. António
Fernandes, chega a Fátima, para uma curta visita,
a senhora Enza Cimetta, amiga da família do
P. Stefano Camerlengo, nosso Superior Geral.
Desejamos-lhe uma estadia alegre durante esta
sua visita ao Santuário de Fátima.
Recebemos hoje a notícia do falecimento
da irmã do P. Luis Ferraz, nosso confrade ,
que trabalha nas missões em Moçambique.
Agradecemos-lhe também a ela o ter ajudado
o seu irmão a dar a vida pela evangelização do
mundo. Acompanham-os as nossas orações, a
ela e ao P. Luis. Que ela esteja já a usufruir da
luz e da consolação ilimitadas na Casa do Pai.
16 de abril: Chega o maquinário com que
se devem fazer os trabalhos de alterações
necessárias no Hotel Pax e no Seminário. Hoje
começam a montar a grua que transportará as
peças para os seus lugares. Incógnito o tempo
que tudo isto vai levar: devagar se vai ao longe.
Fatima
16 de abril: Hoje é o dia 16 do mês, dia
allamaniano na comunidade. O P. Eduardo
Frazão anima o Terço antes da Missa das 19h00
na nossa capela pública.
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20 de abril: O Terço rezado hoje na Capelinha
das Aparições e transmitido pela Rádio
Renascença esteve hoje a cargo dos Missionários
da Consolata. Obrigado ao P. Eugénio por ter
dirigido em nosso nome esta oração tanto
pedida por Nª Senhora.
26 de abril. Às 18h00, hora de adoração pelas
vocações na nossa capela pública, preparada e
orientada pelo P. A. Gaspar com a colaboração
do nosso seminarista Tesha.
da Casa Madre 6/2012
29 de abril: Mais um aniversário aqui na nossa
comunidade. Desta vez “caiu na asneira” o P.
Carlos M. Domingos: 50 anos, meio seculozito
apenas. Muitos e bons, praza a Deus! A partir
da Páscoa vamos notando o aumento pouco a
pouco de peregrinos no nosso Hotel Pax e no
Seminário, especialmente no que diz respeito a
grupos de estrangeiros. Mas a crise também faz
o seu negócio.
O P. Eugénio Butti lá andou por vários lugares
da paróquia de Ourém (velha) a dar a Bênção
Pascal (compasso) em nome do senhor prior.
Esperamos que não tenha abusado também
da coleta dos copitos… neste trabalho de
colaboração com a Igreja local.
Os trabalhos na nova avenida Dom José Alves
Correia da Silva, aqui em Fátima, lá vão indo, às
vezes mais depressa, outras vezes mais devagar.
Pelos vistos não tem sido fácil concretizar esta
obra. Como diz o provérbio, “Devagar que
tenho pressa”. Tudo na obra parece avançar a
passo certo, segundo o vereador de Fátima na
Câmara de Ourém, não obstante as “baboseiras”
de todos os tamanhos inventadas por aí acerca
do dito trabalho.
Graças a Deus que depois de tantas orações
e votos já começou a chover. Segundo uma
senhora que repara nessas graças, as primeiras
gotas de água cairam, aqui em Fátima,
exatamente às três horas da tarde de SextaFeira Santa. Deus louvado!
Por hoje é tudo. A todos um Maio muito florido
e muito mariano.
Ingwavuma
Ingwavuma Youth
+ José Luis Ponce de León, IMC
The Youth of the Vicariate has just presented
their new uniform: red Tshirt and black skirt or
trousers.
The official “launching” of the new Tshirt will
be done next 16 June at one of their annual
gatherings.
The Tshirt has the coat-of-arms of the Bishop
and his motto: “IZwi laba yinyama” (The Word
became flesh).
At the back the words:
“Mina ngisebenzela iBandla ebusheni bami.
Wena?” (I work for the Church as a young
person. What about you?) which is not only
a sign of their personal commitment but an
invitation to others to join them.
The cost of the Tshirt is R100 and is now being
sold in all the communities of the Vicariate of
Ingwavuma.
55
da Casa Madre 6/2012
San Vicente del Caguan
PASQUA!
P. Angelo Casadei, IMC
Carissimi,
è la settima Pasqua che passo in questa
terra Colombiana e nella selva Amazzonica,
dove la natura è una continua esplosione di
vegetazione per il sole e l’acqua che si alternano
continuamente da millenni, alimentando questa
selva che oggi piange per le dure ferite che
l’uomo gli infligge.
Oggi abbiamo un motivo in più per temere,
l’estrazione del prezioso oro nero che hanno
aggravato il conflitto tra guerriglia e Stato. Grave
è il disastro ecologico provocato da chi estrae
il petrolio e da chi con attentati dinamitardi fa
esplodere lungo il cammino i camion pieni di
greggio.
In questo conflitto noi continuiamo a stare
fisicamente in mezzo alla gente.
La casa dove vivo è dentro un quartiere
popolare.
San Vicente
Ascoltiamo le persone con i loro drammi e le
loro gioie e anche quest’ anno celebrerò con
loro la Pasqua e pure quest’anno il Venerdì
Santo sarà il giorno più importante perché,
Gesù crocifisso si vede in mezzo a questa gente
che soffre, anche se grande è il desiderio di
farlo risorgere.
56
É già passato un anno circa da quando sono
stato nominato Amministratore del Vicariato
di San Vicente Puerto Leguizamo e con un
altro missionario appunto seguo la parrocchia
della Consolata alla periferia del paese.
La cittadina è composta di circa 35 mila abitanti
in cui vi è molta estrema povertà. La vita qui è
molto insicura causa dei continui conflitti tra
Esercito e guerriglia delle Farc. Da sempre
questa zona è oggetto di scontri e contese e
d è la gente che ne soffre di questa continua
violenza e soprusi da ambo le parti.
Per quanto riguarda i bambini qui a San Vicente
da Casa Madre 6/2012
del Caguan come già sapete è presente la Finca
del Nino dove vivono 32 bambini e bambine
che sono orfani o che hanno subito violenze.
La loro età va dai 7 ai 13 anni e frequentano le
classi elementari.
Sono seguiti da alcune suore ed anche un laico,
che era catechista quando ero a Remolino
del Caguan ed ora si occupa anche della loro
educazione, e vengono seguiti negli studi.
Nella Finca per auto mantenersi hanno pure un
orto che tutti coltivano, animali da cortile… però
come ben sappiamo questo non è sufficiente
per poter coprire le spese che sono molte e
questi bambini meritano di trovare un ambiente
anche confortevole seppur sobrio.
Purtroppo queste situazioni di degrado e di
incertezza del futuro fa sì che alcune volte
questi bambini si allontanano dalla Finca poiché
San Vicente
i parenti si trasferiscono in altri luoghi della
Colombia e perciò ci troviamo sempre davanti a
nuove situazioni spesso difficili da gestire.
Già molti ci collaborano con il progetto No alla
Coca sì al cacao e molte sono le opere di carità
che tutti voi svolgete a favore dei poveri vicini
e lontani però vi invito anche a far conoscere
questo progetto importante per i ragazzi di questa
zona per la loro istruzione, sostentamento, cure
mediche che vanno a benefico di tutti e non di
un singolo bambino.
Vi ricordo sempre con molto affetto, ammirato
per la vostra sensibilità verso i più poveri della
terra.
So che in Europa e in Italia l’ economia sta
subendo forti scossoni, però rimango stupito
quando mi accorgo che ci sono persone come
voi che nonostante le difficoltà pensano a chi
sta peggio.
Vi ringrazio per la vostra collaborazione, vi
penso e prego per voi in questa Pasqua che il
Signore della Vita vi riempia di benedizioni.
Grazie a presto.
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da Casa Madre 6/2012
SULLA VIA APPIA CON SAN PAOLO
P. Paolo Fedrigoni, IMC
Roma
Entrando in la città, al quarto miglio, sulla
destra della via, ora giacciono i resti della
villa dei Quintili. Essa era come un santuario,
piena di statue di dei protettori ed è come lo
specchio della mentalità religiosa del tempo. La
villa era la lussuosa abitazione dei due fratelli
Quintili, consoli sotto l’imperatore Adriano,
fatti uccidere dal suo successore Commodo
perché accusati di cospirazione. Quanto
l’accusa di cospirazione fosse davvero fondata
non è dato di accertarlo, fatto sta che, a seguito
della sentenza di morte, l’immobile divenne di
proprietà del demanio e Commodo ne fece una
sua residenza. Si trattava di una dimora signorile
con terme private, costruita un centinaio di anni
dopo l’arrivo di Paolo a Roma. Egli perciò non
la vide, ma essa riflette molto bene il mondo
che Paolo ha trovato giungendo nella capitale.
Di essa ora rimangono le vestigia degli ambienti
termali, con ben visibili gli ingegnosi sistemi
ad aria per riscaldare i vani, alcuni pavimenti in
marmo policromo e resti scultorei.
58
In un giorno di vacanza mi sono recato, con
padre Giuseppe Ronco, a fare un giro sull’Appia
Antica. Volevamo percorrere la via che San
Paolo ha seguito arrivando a Roma. Abbiamo
camminato sulle lastre di pietra calpestate da
lui e visto alcuni monumenti funebri di illustri
cittadini, allineati sulla strada, già esistenti
quando egli passò, come la tomba di Cecilia
Metella. Chissà l’emozione che egli, cittadino
romano, avrà provato nell’arrivare alla vista
della capitale. Chissà il conforto che gli avrà
arrecato, a lui prigioniero, il benvenuto datogli
da alcuni discepoli della giovane comunità
cristiana di Roma che gli sono andati incontro
proprio su questa via consolare., mentre
arrivava da Pozzuoli. Chissà l’impressione che
avrà suscitato nel suo animo la presenza lungo
la strada di statue, cippi, lastre dedicate ad una
o all’altra divinità del pantheon romano.
da Casa Madre 6/2012
Quest’ultimi sono esposti in vetrine in un
museo– l’ex stalla di epoca medioevale – sito
all’entrata della villa e documentano il mondo
religioso romano di quei tempi. In mezzo
troneggia un’enorme statua di Giove, la massima
divinità dell’Olimpo. Poi a destra una statua di
Artemide, e vicino una di Ermes. Artemide,
raffigurata con decine di mammelle, è venerata
quale patrona dell’amore e della fertilità. Ermes,
il dio messaggero: conveniva guadagnarne la
La sensazione, lasciatemi passare il paragone,
è di essere in un supermercato dove sui banchi
si trovano prodotti adatti per far fronte ad
ogni necessità della vita: viaggi, malattie, pene
d’amore o difficoltà derivanti dall’essere in
guerra (allora frequenti!). Gli dei erano intagliati
per rispondere ai diversi bisogni umani!
E non è tutto. Come su Internet si può andare
alla ricerca di prodotti e siti provenienti da
luoghi lontani, così a Roma al tempo di Paolo!
Infatti tra i cimeli esposti nelle vetrine che
troviamo? La statua di Artemide, così come era
venerata a Efeso, nell’odierna Turchia. Due
resti in alabastro di una statua di Iside, divinità
egiziana. Una bellissima raffigurazione del dio
persiano Mitra che uccide ritualmente il toro.
Un frammento di una scultura della dea fenicia
Astarte.
Roma
protezione prima di affrontare una battaglia! In
fondo, due stele con delle epigrafi dedicatorie. Si
tratta di ex voto: uno per una guarigione e l’altro
per essere tornato incolume da un viaggio.
Gli idoli, frutto dell’immaginazione umana,
non sono Dio! Paolo invece crede nel Dio
vivo. Quante difficoltà gli crea la sua fede nel
Dio vivo e la sua conseguente predicazione
missionaria! Basta ricordare Efeso: città
che Paolo è costretto a lasciare a causa della
rivolta dei produttori di immagini sacre – che
raffiguravano la famosa Artemide efesina, quella
dalle numerose mammelle, un cui esemplare è
stato rinvenuto ed è esposto proprio qui, nella
villa dei Quintili. Produttori che si sono sentiti
minacciati nella loro attività economica dalla
sua predicazione!
Il rombo di un aero in fase di atterraggio
a Ciampino ci riporta al giorno d’oggi.
Riprendiamo la macchina e rientriamo a
casa, dopo aver dato un’occhiata alla bella
chiesa moderna di Richard Meier, al Casilino,
dedicata al Padre delle misericordie. Accendo
la radio: danno i risultati delle partite. Passando,
vediamo tanta gente che ancora si attarda a fare
picnic sull’erba dei giardini pubblici, ragazzi
che giocano al pallone, turisti che si aggirano
nei negozi – ora aperti anche la festa. Per strada
c’è il traffico della domenica pomeriggio:
famiglie che rientrano da una bella giornata di
sole in campagna, chi si reca a mangiare cena in
ristorante, giovani in motorino forse diretti ad
una birreria o ad un pub.
Mi chiedo: che penserebbe Paolo se fosse a
Roma con noi oggi? Che direbbe di questa
città, della sua gente e …di noi missionari qui?
Divinità provenienti da tutto il mondo allora
conosciuto dai Romani. Divinità, come Astarte,
non nuova a Paolo, essendo ella la sposa di Baal,
dio dei Cananei con i quali spesso hanno lottato
gli ebrei nell’Antico Testamento. Divinità, come
Mitra, invece entrata in Roma dopo la presenza
di Paolo, ma il cui culto, proveniente dall’Oriente,
dai caratteri misterici ed esoterici, si diffonderà
in modo considerevole nella capitale.
Ecco il mondo religioso che Paolo trovò a
Roma. Che avrà pensato davanti a tutte queste
divinità? Mi viene in mente la sua reazione,
descritta negli Atti degli Apostoli, quando entra
in Atene: “Paolo fremeva dentro di sé al vedere
la città piena di idoli” (At 17,16).
59
da Casa Madre 6/2012
CONSOLATA SIGUE FLORECIENDO EN MEXICO…
Guadalajara
Comunidad de Guadalajara
60
Agradecemos a Dios dueño de la Viña por un
año más que nos permitió ser sus instrumentos
y llevar su palabra a una nueva comunidad
de misión. Unos de los lugares que se tenían
previstos para llevar cabo la misión fue en la
periferia de la ciudad de Guadalajara que es
una de las más grandes de México, llamada
Lomas del Camichin, con un estilo de vida
“moderno”. En general las familias viven en
departamentos reducidos, están conformadas
por padres jóvenes donde ambos trabajan la
mayor parte del día con jornadas laborales,
algunos comienza de 4:00 am hasta las 10:00
pm para tener una mejor calidad de vida,
ocasionando que los hijos se queden la mayor
parte del tiempo solos, orillándolos a buscar
distracciones erróneas en las calles como la
drogadicción, embarazos en adolescentes y
pandillerismo principalmente. Provocando
da Casa Madre 6/2012
desintegración familiar con diversas carencias
tanto materiales como espirituales.
Este lugar de misión previamente ya sea había
conocido debido a que el P. Abishu Morke
Barisso había convivido durante una semana
vocacional en la parroquia de Nuestra Señora
de Guadalupe, que está a cargo del P. Enrique
González González en el mes de junio del
año 2011, también se habían realizado algunas
actividades como la posada en diciembre del
mismo año, donde los jóvenes misioneros de
la Consolata participaron al igual que algunos
bienhechores en llevar regalos y dulces a los
niños de este lugar, y se estuvo acompañando
a las familias periódicamente. Gracias a la
accesibilidad como el apoyo del párroco se
decidió realizar la misión de este año en esta
comunidad.
Para la realización de esta misión como de las
anteriores continuamente estuvo en formación el
grupo de 33 jóvenes misioneros de la Consolata,
acompañados por 3 sacerdotes quienes forman
parte de la Consolata en México.
Esta semana santa fue una experiencia
totalmente nueva para todos, debido a que
anteriormente habíamos ido a pueblos alejados
de la ciudad donde aún se mantiene mas los
aspectos religiosos, que en comparación con la
ciudad, fue un gran reto al convivir con familias
provenientes de diversas regiones del país con
culturas, tradiciones y costumbres diferentes,
que en un principio fue un impedimento al ver
el rechazo y la indiferencia al visitar los hogares
pero finalmente hubo una participación no del
todo pero satisfactoria.
Otro reto que se nos presento fue que tuvimos
que acoplarnos a un programa que ya estaba
conformado, fue difícil debido a que teníamos
que coincidir y quedar de acuerdo tanto con
el grupo organizador de la parroquia como
nuestro mismo grupo misionero en las diversas
actividades, pero en general se realizo un buen
trabajo, tanto con niños, jóvenes como adultos,
viéndose reflejada más participación de los
niños y jóvenes, que de los adultos, creemos
que fue porque estos la mayoría del tiempo
trabajan y no están en sus hogares, así como
la presencia de personas de otras religiones o
familias indiferentes que no tuvieron el interés
en participar en las actividades que fueron
organizadas para esta semana.
Finalmente concluimos que la gente necesita
que se les tome en cuenta al expresar que se
sienten abandonados, es necesaria una nueva
evangelización donde se involucre más a las
personas. Debido al interés e inquietud de 40
jóvenes se decidió formar un grupo misionero
por parte de La Consolata donde se les dio
la oportunidad de participar sin importar si
pertenecen o pertenecieron a algún grupo,
congregación o situaciones particulares.
Guadalajara
P. Tonino, quienes nos abrieron sus puertas y
nos dieron la confianza para descansar durante
esta semana. La comunidad siempre tuvo la
disponibilidad de brindarnos los alimentos así
como sus hogares, en los cuales compartimos
experiencias de vida.
Otra respuesta de nuestro trabajo misionero
fue la aceptación de la gente en general y
también el párroco manifestó su simpatía
y agradecimiento al expresar en la misa de
resurrección la posibilidad de que alguna
persona pudiera donar un terreno para la
construcción del seminario de los Misioneros
de la Consolata en un futuro.
Agradecemos por el esfuerzo que dios nos da
cada día para realizar esta misión consoladora
según nuestro carisma, que siempre nos
acompañe Virgen María Consolata.
JOVENES CON ONDA… MISIONEROS
DE LA CONSOLATA MEXICO
Referente al hospedaje agradecemos al
seminario de los Rogacionistas, al superior el
61
da Casa Madre 6/2012
PER UNA EVANGELIZZAZIONE “NUOVA”
P. Francesco Giuliani, IMC
ha potuto raggiungere la sua missione della
Costa d’Avorio, dove sta attualmente operando.
Nel 2007, per ragioni diverse, anche il diac.
Maurizio e p. Armando hanno dovuto lasciare
Gibuti. La loro partenza è stata integrata subito
da p. Francesco Giuliani giunto dall’Italia.
Da quattro anni, la comunità dei Missionari
della Consolata di Gibuti è composta da due
sacerdoti: p. Francesco e p. Matthieu.
Djibouti
Il nostro apostolato. L’apostolato fatto in
questi anni si è concentrato soprattutto sul
servizio religioso alle comunità di suore e fratelli
presenti in quattro cittadine del paese e nel
dialogo con i nostri amici musulmani. Il paese
è tutto musulmano; i pochi cristiani presenti
sono di altre nazionalità.
62
I Missionari e le Missionarie della Consolata sono
presenti a Gibuti dal 15 Settembre 2004, con l’obiettivo
di “realizzare una presenza significativa nell’Africa
Musulmana; per il dialogo interreligioso; per conoscere
la realtà e poter, in seguito, essere di aiuto alle altre
nostre presenze nel continente». Questa missione,
relativamente giovane, si propone di realizzare e vivere
il carisma missionario dell’Allamano oggi, e in un
contesto socio-religioso molto particolare, come è quello
di Gibuti.
Un cenno di cronaca. Il primo gruppo
di Missionari della Consolata a Gibuti era
formato dal diac. Maurizio Emanueli, p.
Matthieu Kasinzi e p. Armando Olaya. Due ani
dopo, nel 2006, vista la necessità di conoscere
la lingua araba, p. Matthieu è stato destinato
al Cairo, in Egitto, sia per lo studio della
lingua, sia per specializzarsi in “Studi Arabi
e Islamici”. Per tutta la durata del corso, p.
Matthieu è stato provvisoriamente sostituito
dal congolese p. André Nekpala, che in seguito
da Casa Madre 6/2012
Il dialogo con i musulmani consiste soprattutto
nell’intessere relazioni di amicizia, attraverso
l’insegnamento nelle scuole cattoliche
frequentate da ragazzi e ragazze musulmane e
l’essere vicini ai più poveri, collaborando con
le suore che sono inserite nei posti più lontani.
Realizziamo anche contatti con i nomadi
offrendo loro assistenza con alimentari e
curando l’istruzione dei figli .
La povertà della Chiesa presente a Gibuti
(dove il vescovo è senza sacerdoti diocesani),
ci affascina e ci interpella come “Missionari Ad
Gentes” ad essere una presenza significativa
anche se piccola. Guai a noi se fossimo
indifferenti davanti a una tale povertà in una
Chiese locale in pericolo di sparire come è già
avvenuto nello Yemen, in Arabia Saudita e in
Somalia.
Il nostro impegno giornaliero è semplice, ma
costante: cerchiamo di essere una presenza
di fraternità, tolleranza, amicizia discreta, per
quanto ci è stato possibile. Rimaniamo fedeli
al progetto iniziale realizzando il dialogo con la
vita quotidiana e la collaborazione nelle attività
della Chiesa diocesana e nei servizi sociali.
Noi crediamo che oggi il nostro carisma
missionario, ereditato dall’Allamano, si realizzi
Come si vede, in questo paese siamo chiamati
a vivere una evangelizzazione speciale, nuova,
direi addirittura “del futuro”, dove il “fare
missione” è solo e semplicemente essere
persone di fede, di preghiera, di accoglienza
dell’altro; in una parola missionari che sanno
amare gratuitamente tutti, senza distinzioni e
senza strombazzamenti.
proprio alla frontiera delle povertà attuali: chiesa
povera; paese povero; solitudine grande per
l’isolamento al quale il paese ci costringe; umiltà
e semplicità nel fare missione! Non sono queste
le caratteristiche che il Padre Fondatore voleva
che avesse la nostra azione evangelizzatrice?
Il modo di vivere queste caratteristiche sarà
diverso oggi rispetto a ieri, la sostanza è identica
a quella delle origini.
Ogni giorno siamo interpellati a vivere l’ideale
che il Fondatore proponeva e ricordava sempre
ai missionari partenti: “prima santi e poi
missionari”, “testimoniare con la vita la nostra
fede”.
Anche il ministero dell’Eucaristia, nel quale
siamo impegnati ogni giorno, siamo chiamati
a viverlo nella povertà e semplicità. Facciamo
molti km. per celebrare l’Eucarestia con la
presenza di una o due persone, il che ci convince
che è Gesù che salva il mondo attraverso la
nostra collaborazione così limitata e povera.
Djibouti
quanto riguarda la parte spirituale: celebrazioni
di S. Messe assieme, condivisione di servizi,
momenti di festa.
Il nostro Superiore Generale, p. Stefano
Camerlengo, nell’ultima lettera sulla povertà
scrive: «Alla luce della Parola di Dio, siamo
tutti invitati a verificare quotidianamente la
verità che è in noi e a saper intraprendere quel
cammino di conversione permanente che ci
permetterà di essere dei testimoni credibili
con la nostra vita, perché, come affermava il
Papa Paolo VI nell’Esortazione “Evangelii
Nuntiandi”: “L’uomo contemporaneo ascolta
più volentieri i testimoni che i maestri, o se
ascolta i maestri io fa perché sono testimoni”.
La vera missione si è sempre realizzata con i
testimoni, i martiri, i confessori, i santi». Per
noi missionari a Gibuti queste indicazioni sono
attualissime.
La missione, oggi, deve rifuggire da qualsiasi
atteggiamento trionfalista per intraprendere
la via dell’umiltà e della semplicità, con nel
cuore i sentimenti che Paolo, quando scriveva
ai cristiani di Efeso: «Vi esorto dunque io, il
prigioniero nel Signore, a comportarvi in
maniera degna della vocazione che avete
ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e
pazienza, sopportandovi a vicenda con amore,
cercando di conservare l’unità dello spirito per
mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo,
un solo spirito, come una sola è la speranza alla
quale siete stati chiamati, quella della vostra
vocazione; un solo Signore, una sola fede, un
solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che
è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed
è presente in tutti» (Efesini 4,1-6)
A Gibuti, fin dall’inizio, sono presenti a Gibuti
anche sei suore Missionarie della Consolata,
con le quali collaboriamo fraternamente sia per
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Necrologio
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P. VALENTIM EDUARDO CAMALE, IMC
P. Valentim Eduardo Camale IMC, è stato barbaramente ucciso il 3 maggio 2012 durante una
rapina alla missione di Liqueleva (Mozambico), avvenuta alle ore 20 della sera. Assalito da quattro
ladri, P. Valentim ha reagito immobilizzando uno dei banditi, ma è stato sopraffatto dagli altri che
lo hanno percosso a morte. Trovato in una pozza di sangue da P. Fabio Malesa, che rientrava dal
lavoro pastorale, è stato trasportato d’urgenza all’ospedale, morendo durante il tragitto.
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da Casa Madre 6/2012
Nato il 29 novembre 1963 a Intiquita-Montepuez, provincia di Cabo Delgado, in Mozambico,
frequentò le scuole elementari a Montepuez e le medie nel Seminario di Cristo Rei. A Maputo-Santo
Agostinho seguì il corso di filosofia, prima di entrare in Noviziato. Emise la professione religiosa
il 7 gennaio 1995 a Maputo e subito fu destinato al Seminario di Kinshasa per la teologia. Già in
Congo, da studente, durante uno stage pastorale in parrocchia, fu assalito dai ribelli congolesi.
Al termine del ciclo teologico, lavorò nella parrocchia S.Miguel di Cuamba in Mozambico, e fu
ordinato sacerdote a Montepuez Pemba da Dom Tomé Makhweliha, Arcivescovo di Nampula, il
27 febbraio 2000.
Destinato al Mozambico, svolse attività pastorali a Maùa e a Mecanhelas nella parrocchia Nossa
Senhora de Fatima. Dopo un breve soggiorno in Portogallo, lavorò nella parrocchia di S. Terezinha
do Menino Jesus in Liqueleva, dove morì il 3 maggio 2012. L’autopsia ha stabilito che padre
Valentim è morto in seguito a un forte trauma cranico.
Aveva 48 anni di età, di cui 17 di Professione Religiosa e 12 di Sacerdozio.
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LETTERA DEL SUPERIORE GENERALE
Dalla Costa d’Avorio, 3 maggio 2011
“Per noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché ò appaia che questa potenza straordinaria
viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti,
ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi, portando sempre e
dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro
corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche
la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale” (2 Cor 4, 1-11).
“ Missionari carissimi,
vi scrivo dalla Costa d’Avorio dove mi trovo in visita, vi invito ad unirci
insieme per fare memoria del nostro padre Camale Valentim, che è stato ucciso, questa sera, da
banditi nella nostra missione di Liqueleva in Mozambico. Una morte violenta come questa ci lascia
sgomenti per l’atrocità di quanto avviene e per l’impotenza che ci rimane dentro. Non è facile capire
quanto vale una vita davanti alla dinamica di questo avvenimento, non è facile “leggere” con la fede
una tale morte, non è facile capire il perché della morte di questo ancora giovane missionario,
non è facile giustificare e perdonare chi ha commesso una tale azione violenta.
Per questo carissimi, invito ogni comunità a ricordare padre Valentim con una celebrazione
comunitaria accendendo una candela e celebrarlo nel silenzio della preghiera affinché il Signore
lo accolga in cielo, dia consolazione alla sua famiglia e dia a noi la pace e la forza per continuare a
servirlo nella missione nonostante tutto!
La legge del Vangelo è quella del seme che caduto per terra ‘muore’ per
produrre il suo frutto. Lo Spirito Santo sostenga noi e in particolare chi si trova in condizioni di
sofferenza, di minaccia, di rischio.
Fraternamente a tutti e ad ognuno,
P. Stefano Camerlengo, IMC
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Chulo y bufanda a rayas
lana de alpaca andino
Bolivia
Sommario
“REGINA DEI MISSIONARI”
(CCV 154)......................................... 2
MONS. GIOVANNI CRIPPA
VESCOVO ausiliare di San
salvador de bahia . ....................... 4
L’ALLAMANO IN TRE
DELICATE ICONE............................... 8
LA MISSIONE FRANCESCANA
AD GENTES....................................... 12
EMERGENZA PROFUGHI E SFOLLATI
Parrocchia di CAMP GARBa
Diocesi di Isiolo, Kenya................. 18
MISSIONARI SEMPLICI E...(MA)
PRUDENTI!!!...................................... 20
Maggio 2012.................................... 25
SOUTH AFRICA: THE SIXTH
DELEGATION CONFERENCE.................. 28
I MISSIONARI
DEL NUOVO MILLENNIO...................... 30
MORTE E FUNERAL
DO P. VALENTIM EDUARDO CAMALE..... 31
CONSOLATA NEWS KENYA................... 32
“JOSEPH ALLAMANO A FATHER IN THE FAITH
OF INNUmERABLE CHRISTIANS”........... 34
Consolata Missionaries in Kenya
Meet to Map the Road to
Self-Sustenance............................. 36
VENEZUELA,
CHI SEI TU E COSA FAI?..................... 38
DIÁCONO: SINAL DE CRISTO
NA COMUNIDADE!............................. 40
CHIUSURA DELLA III CONFERENZA IMC
DELLA REGIONE ITALIA . .................... 42
JUBILEU DE OURO.............................. 44
PADRE GIULIO CRIPPA CELEBRA 50 ANNI
DI SACERDOZIO................................ 46
Sommario
JOVENS FORMANDOS
ENTRE OS DETENTOS......................... 48
68
40 GIORNI DI DESERTO A WERAGU..... 50
CACEM O MÊS DE ABRIL...................... 52
AQUI FÁTIMA..................................... 53
Ingwavuma Youth........................... 55
San Vicente del Caguan PASQUA!.... 56
da Casa Madre
SULLA VIA APPIA CON SAN PAOLO....... 58
Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
CONSOLATA SIGUE FLORECIENDO
EN MEXICO…..................................... 60
Redazione: Segretariato Generale per al Missione
Supporto tecnico: Adriano Podestà
Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821
C/C postale 39573001 - Email: [email protected]
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PER UNA
EVANGELIZZAZIONE “NUOVA”............. 62
necrologio..................................... 65