da Casa Madre 6/2012 - Missionari della Consolata
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da Casa Madre 6/2012 - Missionari della Consolata
da Casa Madre Anno 92 - N.6 - 2012 Istituto Missioni Consolata Perstiterunt in Amore Fraternitatis Editoriale “REGINA DEI MISSIONARI” (CCV 154) P. Giuseppe Ronco, IMC «Quando il cielo baciò la terra nacque Maria, che vuol dire la semplice, la buona, la colma di grazia: è il respiro dell’anima, l’ultimo soffio dell’uomo» (Alda Merini). Celebrare con solennità la festa della Consolata è per noi un bisogno del cuore, “e il cuore dice ciò che bisogna fare per una madre!” (CVV 159), ma più profondo è il desiderio di scoprire aspetti nuovi legati a questo titolo, per noi ispiratore della missione. Il consolare, l’essere vicini alla gente nel momento della sofferenza e del bisogno, l’annunciare Cristo come pienezza di vita, è fondamentale. La storia di Maria è stata, infatti, una storia di consolazione quasi sempre nascosta e silenziosa, fatta di presenza e di conforto efficace. Ci ha aiutato così a scoprire l’Emanuele, il Dio vicino, il Dio con noi. Meno evidente, ma non meno importante, è l’esperienza di Maria Consolata, nell’aspetto passivo di questo aggettivo, nell’avere cioè ricevuto lei stessa da Dio consolazione e conforto. Vivendola, ha tracciato per noi l’itinerario del missionario: si può consolare gli altri solo nella misura in cui noi stessi abbiamo sperimentato la consolazione che viene da Dio (cf 2 Cor, 1, 3-7). “Il nome che portate deve spingervi ad essere ciò che dovete essere” (CVV 158). La sua consolazione vera è di aver tessuto nel suo grembo la carne di Gesù, rendendosi conto che la Parola di Dio, la Scrittura antica dei profeti e dei sapienti, si faceva uomo, persona, Gesù. 2 Quella Parola che Dio voleva dire in modo da Casa Madre 6/2012 definitivo all’umanità, quel Vangelo di salvezza che voleva annunziato a tutti, quel Logos “significato” della vita, Maria lo ha portato in sé. Si metteva a disposizione del Padre per un progetto di salvezza che non nasceva dai suoi desideri, ma che Dio aveva preparato con pazienza e fedeltà attraverso i secoli. Il sì di Maria ha permesso all’opera di Dio di realizzarsi, di incarnarsi nella storia umana, di dare a tutti la possibilità di stabilire un nuovo rapporto con Dio e con gli altri. Da allora, quel Dio che diventava uomo nel grembo di Maria non si separò più dal genere umano, facendo dell’umano il suo tratto rivelatore. «Il Figlio dell’Altissimo venne e dimorò in me, ed io divenni sua madre. Come io ho fatto nascere lui – la sua seconda nascita – così anch’egli mi ha fatto nascere una seconda volta. Egli indossò la veste di sua madre – il suo corpo; io indossai la sua gloria» (Inni sulla Natività). Così sant’Efrem il Siro evoca la nascita di Gesù, parlando del corpo come di un abito e richiamando il titolo di “tessitrice”, di ricamatrice, attribuito anticamente a Maria dalle Chiese siriache. L’icona siriana dell’Annunciazione presentava infatti la Vergine con un gomitolo rosso in mano: ricamava il corpo del Verbo, Cristo, che da lei riceveva come “vestito”. A Pasqua la consolazione di Maria conoscerà la sua pienezza. Presente accanto al Figlio nel mistero pasquale, riconoscerà in lui Crocifisso e Risorto la Parola definitiva che il Padre voleva dire all’umanità: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”(Gv 3,16). L’esperienza del Servo di Yahwe (cf Is 52,1353,12), il suo essere umiliato, maltrattato e schernito, Maria l’aveva vissuta nella sua vita. Donna umiliata perché vergine incinta, serva solidale fino in fondo con l’umiliazione del Figlio, continua a fidarsi di Dio, sostenuta dalla fede e dal desiderio di compiere la sua volontà. Nel baratro dell’umiliazione, sperimenta la consolazione di sentire Dio vicino che la risolleva, ribalta la situazione. Maria gioisce e canta la sua risurrezione: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiliazione della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”(Lc 1, 46-48). Maria ha creduto che la Parola di Dio si sarebbe compiuta anche attraverso di lei e l’umiliazione accettata con fede è diventata causa di esaltazione. Il Magnificat diventa così il canto degli oppressi liberati e delle situazioni umane che si capovolgono (vv. 51-52) per effetto della potenza di un Dio che ama gli umiliati e si ricorda di loro. «O Figlia di Sion, il tuo orecchio ha udito gaudio e letizia, fa’ che anche noi possiamo sentire da te l’annuncio gioioso. L’angelo aspetta la tua risposta. Stiamo aspettando anche noi, o Signora, la tua parola di compassione. Rispondi presto, o Vergine. Apri, dunque, o Vergine beata, il tuo cuore alla fede, le tue labbra alla parola, il tuo seno al creatore. Ecco, colui che è il desiderato di tutte le genti sta fuori e bussa alla tua porta. Alzati, corri, apri. Alzati con la tua fede, corri col tuo affetto, apri col tuo consenso » (S. Bernardo, Sermoni per le feste della Madonna). 3 da Casa Madre 6/2012 MONS. GIOVANNI CRIPPA VESCOVO ausiliare di San salvador de bahia www.resegoneonline.it 4 da Casa Madre 6/2012 Il 13 maggio, nella chiesa di S. Antonio in Feira de Santana, nello stato della Bahia – Brasile, ha avuto luogo l’ordinazione episcopale di Padre Giovanni Crippa, Missionario della Consolata che ha vissuto la sua infanzia nella comunità di S. Vito di Barzanò. Per la felice occasione abbiamo posto alcune domane al futuro Vescovo. Eccellenza, cosa ha provato lo scorso 21 marzo quando la Santa Sede ha ufficializzato la sua nomina a Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di San Salvador, quale è stato il suo primo sentimento? É stata una grande sorpresa a cui si é aggiunto un sentimento di felicitá e, allo stesso tempo, di trepidazione. Sono arrivato in Brasile nel 2000, come missionario, per servire la Chiesa nella forma che il Signore mi avrebbe richiesto. Con questo spirito di amore e di servizio, nonostante i miei limiti, ho osato dare il mio si alla richiesta del Santo Padre che mi chiamava al ministero episcopale. E cosa pensa proverà domenica quando riceverà la consacrazione e le insegne episcopali? Che è bello e grande sentirsi amati dal Signore, ma che questa nuova chiamata esigerá da me un “piú” di fede, caritá, fedeltá e servizio. Ci può descrivere il suo stemma e il suo motto episcopale? Lo stemma è uno scudo con un campo rosso (il mondo) e verde (la speranza della salvezza), sormontato da una allegoria grafica dorata, che simbolizza lo Spirito Santo. In questo campo, si vede una croce di oro, simbolo de Cristo. Questa Croce nasce da un giglio – la Vergine Maria – madre Del Salvatore Del mondo. L’anello d’argento che racchiude il centro della croce ci ricorda la fede professata dai cristiani, allo stesso tempo un libro bianco, con due lettere greche, indica Colui che fu inchiodato alla croce. Egli é l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine, annunciato dagli Apostoli e dai loro successori. Dal libro Sacro promanano raggi che illuminano il mondo intero con la Parola di Salvezza indicandoci, così, il carisma “ad gentes” dei Missionari della Consolata. Nella parte inferiore del campo rosso vediamo due ostie, ricordandoci che l’Eucaristia è il centro e l’apice della vita cristiana e che deve essere distribuita per la salvezza di tutti, rimandandoci, così, al mio motto episcopale: “In aedificationem Corporis Christi”, cioè, “Per edificare il Corpo di Cristo” (Ef 4,12), che è la Chiesa. Quali sono i ricordi degli anni trascorsi nella comunità di Barzanò quando era ragazzo? Sono nato in uma famiglia umile, dove il lavoro dignificava le persone e la fede sosteneva le lotte quotidiane. I miei genitori, Franco e Rita, sono stati per me um esempio e uma testimonianza de vita. Chierichetto fin dall’età di cinque anni, mi alzavo presto, tutti i giorni, per il servizio dell’altare nella chiesetta delle Suore del Preziosissimo Sangue di Villanova, frazione di Barzanò. Lí conobbi i Missionari della Consolata. Ci sono dei volti in particolare che hanno segnato questo tratto della sua vita? Sono tante le persone che il Signore ha messo sul mio cammino e che hanno collaborato alla mia crescita con l’esempio, la testimonianza e la dedicazione. Oltre ai miei gemitori, non posso dimenticare alcuni dei mei formatori: p. Antonio Barbero, p. Guido Limonta, p. Claudio Brualdi e p. Antonio Vismara che mi hanno trasmesso l’amore per la missione; don Giuliano Sala, il mio parroco che mi ha accompagnato in tutti questi anni con un’amicizia paterna e fraterna; le Suore Preziosine di Villanova con la loro costante preghiera; la gente della Parrocchia di S. Vito Martire di Barzanò e della Parrocchia da Santissima Trindade di Feira de Santana dove ho vissuto in questi ultimi dodici anni. Ce ne sarebbero altri, è difficile ricordarli uno ad uno, ma tutti conservo nel cuore. Dopo le elementari l’ingresso nel Seminario di Bevera. Una vocazione chiara fin dall’inizio? Essere missionário fu il desiderio che nacque nel mio cuore già nell’infanzia. Così entrai nel Seminario minore dei Missionari della Consolata di Bevera di Castello Brianza (Lecco) da Casa Madre 6/2012 5 all’età di undici anni. Non mancò la nostalgia di casa, dei miei genitori, dei miei fratelli Maria Rosa e Gerardo. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10, 8). Questa frase del Vangelo, più tardi, verso i diciotto anni, há ispirato il mio cammino vocazionale: dare gratuitamente, senza misurare tempo e energie, mettendo i miei doni a servizio dei fratelli. Nel 1985 l’ordinazione sacerdotale. Il giovane missionario è desideroso di partire per la missione, invece … prosegue gli studi, poi lavora in mezzo ai giovani con l’animazione missionaria e, infine, come professore universitario. Quali sono state le sfide? Dopo La mia ordinazione sacerdotale, mi sono dedicato ancora agli studi ottenendo la licenza in Storia Ecclesiastica, Dal 1987 a 1993 sono stato animatore missionario e vocazionale nella Casa Madre del mio Istituto a Torino. É stata un’esperienza molto positiva perché ebbi la possibilità de accompagnare molti giovani a scoprire la bellezza della vocazione cristiana. Alcuni hanno risposto positivamente alla chiamata di Dio e hanno lasciato la loro terra per annunciare il Vangelo di Gesù. Nel 1993 sono ritornato a Roma dove, nel 1996, ho conseguito il dottorato in Storia Ecclesiastica nella Pontificia Università Gregoriana. Allo stesso tempo, dal 1993 ho iniziato a insegnare nella Facoltà di Missiologia e nell’Istituto di Catechesi Missionaria della Pontificia Università Urbaniana. Preparare persone provenienti dai cinque Continenti per servire la Chiesa e conoscere le loro ricchezze culturali e spirituali è stata uma grande sfida di cui, ancora oggi, ringrazio il Signore. Cosa significa essere Vescovo missionario della Consolata secondo il carisma del fondatore, il beato Giuseppe Allamano? Il missionario – diceva il Beato Giuseppe Allamano – é chiamato a donare la vita. S. Agostino nell’occasione di un’ordinazione episcopale, scriveva: “Praepositi sumus, et servi sumus: praesumus, sed si prosumus”. Siamo posti a capo, e siamo servi: siamo capi, ma se serviamo al bene di qualcuno (Serm. 340/A, 3). 6 da Casa Madre 6/2012 Servire è la caratteristica fondamentale del discepolo di Gesù, servire è la ragion d’essere di colui che è chiamato al ministero. Per questo, credo più nell’autorità del servizio che nel servizio dell’autorità. “Chi ama, arriva prima”, è un’espressione che abitualmente ripetevo e cercavo di vivere nel quotidiano della mia comunità parrocchiale. Così deve essere un vescovo e così cercherò di esserlo: servo del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, affinché possa crescere nella fede, nella speranza e nella carità. Qual è la realtà della diocesi in cui sarà incardinato. La può sintetizzare brevemente? É una realtà che dovrò imparare a conoscere, amare e servire. L’Arcidiocesi di São Salvador da Bahia é la prima diocesi del Brasile (1551). Attualmente è composta di 15 municipi che sommano una superficie di 2.718kmq e una popolazione di 3,5 milioni di abitanti. Il lavoro pastorale è distribuito in 112 parrocchie e quattro cappellanie militari. L’arcidiocesi conta con 250 sacerdoti (175 diocesani), 49 seminaristi, 133 religiosi e 624 religiose. L’arcivescovo Dom Murilo Sebastião Ramos Krieger, conta con tre Vescovi Ausiliari: Dom Gregorio Paixão, Dom Gilson Andrade da Silva e il sottoscritto. C’è un messaggio che intende far pervenire alla Chiesa lecchese in generale ed in particolare ai giovani? Che possano scoprire la vita come vocazione, che si lascino condurre per mano da Lui. Il rischio che possiamo correre – diceva il beato Giuseppe Allamano – è pensare che già abbiamo dato abbastanza a Dio, che già gli abbiamo dato tutto. Non abbiate paura di rispondere con generosità. All’Amore possiamo rispondere solamente com l’amore! Quando pensa di tornare in Italia e condividere questa sua gioia con la comunità di Barzanò, tra i padri di Bevera ed altre parrocchie del territorio che, attraverso i gruppi missionari, la ricordano sempre con tanto affetto? Ritornerò in Italia nel mese di settembre per partecipare a un corso per i nuovi Vescovi che sarà realizzato a Roma. Approfitterò questo periodo per incontrarmi con le comunità e rivedere parenti e amici e così celebrare insieme la bellezza del dono e della missione di cui sono stato investito. Conto con la vostra preghiera e chiedo alla Vergine Consolata che susciti nel mio cuore uma generosa e rinnovata donazione a Cristo e alla sua Chiesa. 7 da Casa Madre 6/2012 L’Allamano nell’iconografia L’ALLAMANO IN TRE DELICATE ICONE P. Francesco Pavese IMC Quando, poco dopo la beatificazione dell’Allamano, è apparsa la prima icona con la sua effige, non tutti si sono trovati subito d’accordo. Qualcuno pensava che era una forzatura costringere la figura del Fondatore in una icona. Tuttavia, anche questo genere di pittura - che non è solo pittura - non era estraneo all’esperienza di vita del nostro Padre. Egli ha vissuto la maggior parte del suo sacerdozio accanto alla Consolata, che è un’icona. Se lui ha trovato delicato quel volto dell’icona della Vergine, perché noi non possiamo ammirare lui nell’espressione artistica e spirituale di un’icona Precisato questo, presentiamo le tre icone scelte tra le 6, tutte interessanti, che possediamo. L’icona scritta Radaelli. 8 da Silvano È questa la prima icona che presenta l’Allamano. Inaugurata il 17 febbraio 1994 nella casa di Milano, allora sede del superiore regionale, ben presto è stata diffusa in tutto l’Istituto, come immagine, cartoncino postale e quadretto su legno. Per leggere questa icona, ci facciamo guidare della descrizione di Maria Grazia Radaelli, moglie dell’artista, apparsa sulla rivista “Dalla Consolata al mondo - Giuseppe Allamano”, N. 1, gennaio-marzo 1994, pp. 3-8. da Casa Madre 6/2012 Anzitutto diciamo che, ispirata alla tradizione delle Chiese orientali, l’icona non è un semplice dipinto. È destinata al culto liturgico. In essa non si deve cercare la somiglianza fisica del santo raffigurato. Attraverso colori, simboli, iscrizioni, posizioni, l’artista si preoccupa di tradurre la personalità umana e spirituale. L’icona non si guarda e basta. Occorre sostare davanti ad essa: meditare, contemplare, lasciare che il personaggio entri dentro di noi. E veniamo all’icona del Fondatore. Anzitutto il volto. Circonfuso da nimbo (aureola), il volto è posto al centro dell’icona. Ha uno sguardo espressivo e meditativo, che si illumina quando conversa con Dio e con la Consolata. Dai suoi occhi traspare il dono del suo abituale sorriso. La fronte spaziosa è simbolo della sapienza. La bocca invita alla meditazione silenziosa e le sue orecchie tese all’ascolto della Parola. Il colore particolare del viso mostra una carnagione trasfigurata, in cui possono riconoscersi tutti i suoi figli e figlie, a qualunque popolo appartengono. La veste e la stola sono simbolo del suo sacerdozio. Egli, rimasto sempre sacerdote diocesano, ha scoperto la dimensione missionaria proprio del presbitero e diventa fondatore di Istituti missionari. Il nimbo dorato è simbolo dei “somigliantissimi”, cioè di quanti tendono alla santità e diventano simili a Cristo: prima santi, poi missionari! Il bastone rosso, che l’Allamano tiene in mano, è il bastone del pellegrino. In iconografia, il colore rosso è simbolo dell’amore totale fino al sacrificio. L’amore totale spinge i missionari a donarsi “fino a dare la vita”. in un’elisse che indica il paradiso terrestre, rappresentato da una cattedrale candida (che simboleggia anche il santuario della Consolata) e da una vegetazione paradisiaca. Così descritta, l’icona riesce a parlare a chi la contempla. Ogni figlio e figlia dell’Allamano può fermarsi e trovare anche altri significati connessi con la ricchezza dei simboli contenuti in questa bella espressione artistica e spirituale del Fondatore. Icona scritta dai coniugi Paola e Davide La Fede. Si trova nella cappella della casa di Bedizzole (BS) un’icona scritta all’inizio degli anni 2000 dai coniugi Paola e Davide La Fede, i quali ne hanno offerto un’ampia descrizione, pubblicata sulla rivista “Dalla consolata al mondo Giuseppe Allamano”, N. 3, 2006, pp. 27-28. Eccone alcune parti. Nell’icona, il beato Allamano illuminato, nella sua santità, dalla luce che viene propagata dall’oro dello sfondo e dalla Gerusalemme Celeste che lo circonda, è in atteggiamento orante. Indossa una veste liturgica mariana, dai colori azzurro tenue e i riflessi cangianti delle perle di fiume, perché è da Lei, Maria, che ha ricevuto la grazia dello Spirito Santo, suscitando in lui l’anelito missionario. “Annunzieranno Il libro, cioè la Parola, è rosso ed esprime l’incandescenza dell’annuncio. “Leggiamo la Parola - è l’incoraggiamento dell’Allamano - essa fortifica la nostra speranza e ci consola” Gli altri elementi dell’icona: a destra del Beato, in un medaglione dorato, c’è effige della Consolata. È risaputo il posto che la Consolata occupa nella vita e nella missione dell’Allamano. Sullo sfondo, la mano del Padre fuoriesce dalla sfera celeste e dona benedizione. L’icona è illuminata dall’oro dello sfondo, simbolo di trascendenza e luce divina. Il fondo dell’icona è racchiuso 9 da Casa Madre 6/2012 la mia gloria alle genti” è scritto sulla cornice semicircolare dell’icona. Colpiscono le parole dell’Allamano riguardo la santità: “La vostra santificazione, ecco il mio pensiero precipuo, la mia costante preoccupazione”. Ecco perché la figura dell’Allamano è stata inserita nella Gerusalemme Celeste, simbolo della vita eterna; la città è senza ombre perché si manifesti la gloria di Dio (che è l’uomo “vivente” in Cristo); ha porte e finestre aperte, perché chiunque possa liberamente entrare e uscire stando nella “vera pace”. L’amore dell’Allamano alla Vergine è ben rappresentato al centro della veste del beato, nell’icona. Madre alla quale si è totalmente affidato. Madre che, pur nelle sue infermità, , ha mantenuto fede al progetto suscitatogli nel cuore. È nel medaglione centrale dorato che viene ben rappresentata la Consolata; da lei nasce e prende vita l’albero della vita che si interseca e si muove attorno al carro di fuoco, “la Merlava”. L’Allamano, infatti, è come sospeso su questa nuvola rossa, piena di lingue di fuoco, che sembrano muoversi senza tregue. In essa si vedono i simboli dell’aquila (Giovanni), dell’uomo (Matteo), del toro (Luca), del leone (Marco), che hanno ognuno sei ali come i Cherubini, per volare in ogni direzione e portare la buona novella alle genti. La mani innalzate non solo identificano l’Allamano come nostro intercessore, ma mostrano il suo atteggiamento di disponibilità ad accogliere la volontà di Dio. La contemplazione di questa icona ci aiuta a vedere il nostro Fondatore in totale comunione con la Consolata, perché è lei che spiega la sua vita e le sue opere. L’icona scritta da Gabrielle Gendron. 10 Una interessante icona dell’Allamano è stata scritta, nel 2009, dalla signora Gabrielle Gendron, cittadina del Canadà, vicina al nostro ambiente. Esperta iconografa, in passato da Casa Madre 6/2012 aveva già donato alcune sue opere all’Istituto e alle missioni. Questa icona, invece, l’ha scritta proprio per se stessa, per sentire, anche con lo sguardo, l’Allamano presente nella propria casa. L’autrice ha inviato una fotografia dell’icona al p. Giuseppe Ronco, al quale, in seguito ha donato una copia autentica della stessa icona, che è stata esposta nella cappella della casa generalizia durante il 2010, anno affidato alla protezione speciale del Fondatore. Di questa icona, che è piaciuta per la sua delicatezza, sono state stampate diverse immagini. La signora Gabrielle ha voluto inviare una sintetica spiegazione della sua opera, indicando il significato dei vari elementi in essa contenuti. Traduciamo letteralmente dal francese: Lo Spirito Santo: per sottolineare la sua presenza continua nella vita del beato Allamano. La SS. Consolata: secondo la convinzione dell’Allamano, è stata lei la vera fondatrice dell’Istituto. La Chiesa: evocazione del santuario della Consolata dove l’Allamano fu rettore. Il Libro: Vangelo di Cristo che l’Allamano desiderava far conoscere in tutti i continenti. Le Croci sulla stola: richiamo al suo ideale, che il Cristo sia conosciuto e amato nei quattro angoli della terra. Le Parole dell’Allamano: «Non temere di sperare troppo in Dio» Questa icona è stata pubblicata sulla rivista “Dalla Consolata al mondo - Giuseppe Allamano”, N. 2/maggio-agosto 2009. Dopo averne ricevuto copia, la signora ha inviato al p. G. Ronco questo messaggio: «Come mi ha chiesto, confermo che ho ricevuto proprio oggi la rivista che presenta la mia icona. È un grande onore che mi avete fatto pubblicando l’icona e ve ne sono molto riconoscente. Sono stata sorpresa che diversi missionari l’apprezzino e desiderino averne copia. Sarei davvero felice se voi la distribuite a quanti la desiderano. Il mio più vivo desiderio è che il Beato sia canonizzato il più presto possibile e così venga pregato e invocato nel mondo intero. Egli è il Santo della speranza. In questo mondo, in cui c’è tanta disperazione, il Beato Allamano è un salvagente, una grazia, un dono del cielo».. Non c’è dubbio che l’autrice dell’icona sia stata colpita dalla virtù caratteristica che il nostro Fondatore aveva ereditato dal suo santo zio Giuseppe Cafasso: la speranza. L’ha scritto cartiglio dell’icona, l’ha confermato nella sua lettera. Questa icona può ricordare anche ai Missionari e Missionarie della Consolata lo stesso messaggio dell’Allamano. Noi, che partecipiamo alla sua identità perché ci è Padre, siamo invitati ad essere missionari della speranza, nonostante tutti i segni contrari che la realtà attuale ci pone di fronte agli occhi. Non dimentichiamo quelle sue parole: «Non si spera mai troppo». 11 da Casa Madre 6/2012 “L’utopia di Francesco si è fatta... Chiara“ (Raimon Panikkar) LA MISSIONE FRANCESCANA AD GENTES P. Giuseppe Ronco, IMC “San Francesco è il primo fondatore che scrive nella sua Regola un capitolo per la missione in terre cristiane, ma è il primo anche che scrive un capitolo per la ‘Missio ad gentes’, per coloro che andavano tra i cosiddetti saraceni e altri non cristiani.”( fr. José Rodríguez Carballo, Rivivranno il “Capitolo delle stuoie”). Prima di tentare un’analisi sugli atteggiamenti che Francesco chiedeva ai suoi frati missionari ad gentes, è utile leggere con attenzione alcuni articoli della Regola non bollata. Essi infatti tracciano la magna charta della missio ad gentes francescana. I FRATI CHE VANNO TRA I SARACENI E ALTRI INFEDELI: REGULA NON BULLATA, 16 12 Dice il Signore: «Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Siate perciò prudenti come serpenti e semplici come colombe». Perciò tutti i frati che vorranno andare tra i Saraceni e altri infedeli, ci vadano con il permesso del loro ministro e servo. E il da Casa Madre 6/2012 ministro dia loro il permesso e non li contrasti, se li vedrà idonei alla missione; infatti sarà tenuto a rendere conto al Signore se in questa o in altre cose si muoverà senza discrezione. I frati poi che vanno tra gli infedeli possono vivere e comportarsi con loro, spiritualmente, in due modi: un modo è che non suscitino liti o controversie, ma siano soggetti, per amore di Dio, a ogni umana creatura, e confessino di essere cristiani; l’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annuncino la Parola di Dio, affinché quelli credano in Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, e nel Figlio redentore e salvatore, e siano battezzati e diventino cristiani, poiché chi non rinascerà dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio. Queste e altre cose, che piaceranno al Signore, possono certo dire ai Saraceni e ad altri, poiché il Signore dice nel Vangelo: «Tutti coloro che mi riconosceranno davanti agli uomini, anch’io li riconoscerò davanti a mio Padre, che è nei Cieli»; e: «Chi si vergognerà di me e dei miei discorsi, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella maestà sua e del Padre e degli angeli». E tutti i frati, dovunque sono, ricordino che hanno offerto se stessi e hanno affidato i loro corpi al Signore Gesù Cristo. LA MISSIONE FRANCESCO AD GENTES DI L’incontro con il Sultano Francesco tentò più volte di andare nelle terre dell’Islam. Nel 1211 si era imbarcato per la Siria, ma i venti spinsero la nave in Dalmazia, da dove tornò ad Ancona (1Cel. 55). Nel 1212-13 si era recato in Spagna per passare in Marocco, ma una malattia lo fermò e lo costrinse a tornare alla Porziuncola (1Cel. 56). Francesco riuscì finalmente ad andare in terra islamica nel 1219, in un momento drammatico nei rapporti tra cristiani e musulmani, perché era in corso la quinta crociata per riprendere Gerusalemme, che si svolse tra il 1217 e il 1221. La Palestina apparteneva al sultano d’Egitto Malik al-Kamil, successo al padre nel 1218, a crociata già iniziata, per cui le operazioni militari si diressero contro l’Egitto, concentrandosi attorno a Damietta. Nel giugno del 1219 Francesco partì dal porto di Ancona, e poco dopo arrivò a Damietta. In questo clima di guerra Francesco, insieme a frate Illuminato, ottenne dal legato pontificio il permesso di poter passare, durante la tregua tra la sconfitta del 29 agosto 1219 e la vittoria crociata del novembre, nel campo saraceno, per incontrare, disarmati, a loro rischio e pericolo, lo stesso sultano. Avendolo i saraceni catturato, disse: «Io sono cristiano. Conducetemi davanti al vostro signore». Quando gli fu portato davanti, il Sultano lo ricevette e per alcuni giorni l’ascoltò con molta attenzione, mentre predicava Cristo davanti a lui e ai suoi. Gli disse alla fine: «Prega per me, perché Dio si degni di rivelarmi quale legge e fede gli è più gradita». Scrive Jacques de Vitry, vescovo di S. Giovanni d’Acri, in una lettera della primavera del 1220 al papa Onorio III: “Non ebbe timore di portarsi in mezzo all’esercito dei nostri nemici e per molti giorni predicò ai Saraceni la parola di Dio, ma senza molto frutto. Ma il sultano, re dell’Egitto, lo pregò, in segreto, di supplicare per lui il Signore perché potesse, dietro ispirazione divina, aderire a quella religione che più piacesse a Dio”. Restò a Damietta fin quando la città fu presa, dopodiché, disgustato dalle violenze compiute dai crociati, se ne andò via e si fermò per qualche tempo in Siria; poi fece ritorno in Italia. Aveva capito, proprio a Damietta, che una guerra per motivi religiosi non avrebbe portato alcun positivo risultato. L’interpretazione del rapporto tra Francesco, l’Islam e le crociate è ancora oggi oggetto di discussione, in quanto c’è chi vede la sua azione come un sostegno alle crociate o, al contrario, come una loro sconfessione. Elementi emergenti 1 – Considerava tutti, anche gli infedeli, come fratelli Francesco non vede in nessun uomo un nemico, ma in tutti vede dei fratelli, anche i saraceni. È la scoperta della paternità di Dio che ha condotto Francesco a vivere in un atteggiamento da Casa Madre 6/2012 13 di fraternità universale, chiamando tutti fratelli e sorelle: i frati e i lebbrosi, i briganti e il Sultano, le creature inanimate. Non vede le differenze di ceto sociale, di cultura, di vocazione, persino di religione, come minacce, ma come possibilità inedite per creare legami nuovi e arricchenti. In tutti Francesco riconosce il segno della presenza dell’Altissimo che in ogni realtà ha lasciato una traccia luminosa della sua bontà. Dall’evangelo della paternità di Dio deriva l’evangelo della figliolanza e della fraternità di tutti gli uomini. È questo cammino che troviamo espresso in Rnb XXIII, ed è tanta la gioia che non possono tenerla solo per se stessi: sentono la necessità e l’urgenza di comunicare a tutti questo evangelo, questa notizia straordinaria. Nessuno deve essere escluso dal venire a conoscenza di questa notizia straordinaria: Dio è Padre, noi siamo figli suoi e fratelli tra di noi. 2 - la missione è in comunione con la Chiesa “Perciò tutti i frati che vorranno andare tra i Saraceni e altri infedeli, ci vadano con il permesso del loro ministro e servo. E il ministro dia loro il permesso e non li contrasti, se li vedrà idonei alla missione”. La missione non si realizza da soli, ma in comunione con la Chiesa, tramite il Ministro generale. E’ importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Il poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. 3 - atteggiamenti fondamentali di comportamento «Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Siate perciò prudenti come serpenti e semplici come colombe». I frati poi che vanno tra gli infedeli non suscitino liti o controversie, ma siano soggetti, per amore di Dio, a ogni umana creatura, e confessino di essere cristiani”. 14 da Casa Madre 6/2012 Tommaso da Spalato (1222) narra che “tutta la sostanza delle sue parole mirava a spegnere le inimicizie e a gettare le fondamenta di nuovi patti di pace. Portava un abito sudicio; la persona era spregevole, la faccia senza bellezza. Eppure Dio conferì alle sue parole tale efficacia che molte famiglie signorili, tra le quali il furore irridibile di inveterate inimicizie era divampato fino allo spargimento di tanto sangue, erano piegate a consigli di pace”. Chiedeva ai fratelli un atteggiamento di assoluta pace, al punto di raccomandare loro: « Chiunque verrà dai frati, amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà» (Regola non bollata 7). « La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate nessuno all’ira o allo scandalo, ma tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla concordia dalla vostra mitezza. Questa è la nostra vocazione» (Leggenda dei tre Compagni 58). Ciò che viene chiesto ai frati è che siano portatori di liberazione nelle divisioni e negli odi tra gli uomini. La strategia utilizzata da Francesco per liberare gli uomini da sentimenti e da pratiche di e di violenza fu la bontà, la cordialità, la pazienza, la fiducia nell’energia sana che alberga in ognuno. Si trattava di aprire le porte alla cortesia . Il libro dei Fioretti fa dire a san Francesco che “la cortesia è un attributo di Dio”. Con la sua presenza tra i credenti musulmani Francesco apriva le porte alla cortesia e al rispetto, considerandoli fondamentali per la missione. 4 – necessità dell’annuncio E’ utile rileggere il racconto del dialogo tra san Francesco e il Sultano, come presentato dalla Leggenda Maggiore di san Bonaventura da Bagnoregio. «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Sultano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: “Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire”». (Giovanni Paolo II) 5 - Amore preferenziale per i poveri Leonardo Boff, nel suo saggio “Francesco d’Assisi una alternativa umana e cristiana”, mette in luce il messaggio francescano come irruzione della tenerezza e della gioia di vivere insieme, nella riproposta del modello di Cristo povero tra i poveri. E’ la presenza tra i poveri e la scelta preferenziale dei più poveri, contro la povertà come ingiustizia, a fare la differenza e a riportare alla credibilità il vero messaggio di Cristo. 6 - Pace e bene, riconciliazione Al vescovo e al podestà di Assisi insegnò a perdonarsi per amor di Dio, e, infatti, nel Cantico delle Creature (1225) aggiunge la strofa del perdono: “Laudato si’, mi’ Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore”. “Sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo” (Ammonizioni, 1221). Questa è la vera e perfetta letizia. Il Saluto di pace e bene è un saluto che troviamo nella Leggenda dei tre compagni, ed è un augurio di pace come stile di vita, che produce il bene. La pace è il clima del Vangelo, il bene è il frutto del Vangelo accolto. Francesco viaggiava di città in città annunciando la Pace di Dio e il Bene. Per Francesco, il Vangelo va annunciato non solo con le parole, ma prima di tutto con la testimonianza della vita; e al momento opportuno, quando lo Spirito di Dio ci spinge, cogliamo pure l’occasione di spiegare agli altri le ragioni della nostra speranza, mai scendendo tuttavia in discussioni. Pace e riconciliazione sono elementi fondamentali dell’apostolato di san Francesco. Nel suo Testamento, afferma infatti che fu lo stesso Signore a rivelargli le parole di augurio che lo hanno caratterizzato: “Il Signore ti dia Pace”. Francesco ha cantato e pregato la pace e il perdono anche con queste parole: “Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore ... Beati quelli che ‘l sosterranno in pace, ca da te, Altissimo, siranno incoronati,. San Francesco ha raggiunto la passione e l’amore per la pace e la riconciliazione a partire dalla sua esperienza di violenza e di divisione familiare, sociale e civica in Assisi e nell’Italia del XIII secolo. La croce gli ha svelato un’alternativa. 6 –martirio o incontro? Per Francesco la forma più perfetta di evangelizzazione era il martirio, nel quale si è uniti totalmente a Gesù, il perfetto evangelizzatore, dando la vita per il messaggio evangelico dell’Amore di Dio. Canta Dante nel Paradiso: «per sete di martirio», …per la sete del martiro nella presenza del Soldan superba predicò Cristo e l’altri che ‘l seguiro (Paradiso XI, 100-102). In realtà Francesco vedeva il martirio come una possibilità, ma non lo ricercava. Ciò che gli interessava era l’incontro con le persone! Alla sfida dell’Islam al cristianesimo nel secolo XIII, la risposta francescana fu di due tipi, che possiamo collegare a due città: Marrakech in Marocco e Damietta in Egitto. Da Siviglia i primi missionari francescani partono per Marrakech nel 1219 e, nella piazza della città, incominciano a predicare: “Maometto è un vile schiavo del da Casa Madre 6/2012 15 Anzi, prese dall’Islam ciò che di buono aveva. Le Lodi di Dio altissimo, conservate su pergamena con la benedizione di Francesco per frate Leone, sono una preghiera che, nella ripetizione di 30 lodi di Dio, introdotte sempre da «Tu sei» (santo, forte, grande, altissimo, onnipotente, ecc.) riecccheggia le 99 lodi (o i 99 nomi) di Allah. La pietà islamica influenzò Francesco, dopo il suo soggiorno in Oriente. diavolo: vi sta conducendo per la strada sbagliata e menzognera alla morte eterna, all’inferno dove egli è con tutti coloro che lo hanno ascoltato”. Berardo e i suoi compagni saranno i primi martiri francescani, i martiri di Marrakech. Nello stesso anno 1219 Francesco si trova a Damietta in Egitto e approfittando di una tregua, Francesco va a parlare direttamente al sultano, che non si converte, ma ascolta Francesco con attenzione e rispetto e lo lascia ripartire libero. C’è un abisso tra Marrakech e Damietta. Per i frati del Marocco Maometto è il nemico, per Francesco i musulmani con cui va a dialogare sono dei fratelli separati. A Damietta Francesco non affronta un sistema, ma incontra delle persone e rinuncia definitivamente al razzismo religioso. 16 da Casa Madre 6/2012 CHIARA Vorrei sottolineare due aspetti di Chiara verso la missio ad gentes. 1 – Aiutò Francesco nel discernimento, spingendolo alla predicazione, affinché “molti per lui sieno salvati”. In quale conto Francesco tenesse Chiara è dimostrato dal fatto che ricorreva a lei per rassicurare il suo spirito. Nel tempo della dubitazione, indeciso se consacrarsi alla preghiera o alla predicazione, aveva detto a frate Masseo: «Va’ a suora Chiara, e dille da mia parte, ch’ella con alcuna delle più spirituali compagne, divotamente preghino Iddio che gli piaccia dimostrarmi quale sia il meglio». La stessa cosa fece chiedere a frate Silvestro, quello dei suoi frati che considerava più santo. “Andonne frate Masseo e, secondo il comandamento di santo Francesco, fece l’ambasciata prima a santa Chiara e poi a frate Silvestro. Il quale, ricevuta che l’ebbe, immantenente si gittò in orazione e orando ebbe la divina risposta, e tornò frate Masseo e disse così: “Questo dice Iddio che tu dica a frate Francesco: che Iddio non l’ha chiamato in questo stato solamente per sé, ma acciò che faccia frutto delle anime e molti per lui sieno salvati”. Avuta questa risposta, frate Masseo tornò a santa Chiara a sapere quello ch’ella avea impetrato da Dio. Ed ella rispuose ch’ella e l’altre compagne aveano avuta da Dio quella medesima risposta, la quale avea avuto frate Silvestro” (Fioretti, 16). E Francesco si rialzò «con grandissimo fervore» dicendo: «Andiamo, nel nome di Dio». Raccontano i Fioretti che egli obbedì con tanto entusiasmo che per via si mise a predicare anche agli uccelli i quali «cominciarono ad aprire i becchi, a stendere i colli, ad aprire l’ali, e riverentemente chinare i capi sino in terra, e con atti e con canti dimostrare che le parole del padre santo davano a loro grandissimo diletto». 2 – Sosteneva la predicazione di Francesco con la preghiera, intercedendo per l’umanità. non c’è vita apostolica, se non ci si immerge nel petto squarciato di Cristo crocifisso, scriveva ad Agnese di Praga con le parole di San Paolo: «Ti stimo collaboratrice di Dio stesso (Rm 16, 3) e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo» (Lett. III, 8: FF 2886). (Giovanni Paolo II alle Clarisse claustrali, 1993 “La vita di Chiara, sotto la guida di Francesco, non fu una vita eremitica, anche se contemplativa e claustrale. Chiara e le Sorelle avevano un cuore grande come il mondo: da contemplative intercedevano per l’ intera umanità. Quali anime sensibili ai problemi quotidiani di ciascuno, sapevano farsi carico di ogni pena: non c’era preoccupazione altrui, sofferenza, angoscia, disperazione che non trovasse eco nel loro cuore di donne oranti. Chiara pianse e supplicò il Signore per l’amata città di Assisi, assediata dalle truppe di Vitale di Aversa, ottenendo la liberazione della città dalla guerra; ella pregava ogni giorno per gli ammalati e molte volte li risanava con un segno di croce. Persuasa che 17 da Casa Madre 6/2012 attivitÀ della direzione generale EMERGENZA PROFUGHI E SFOLLATI Parrocchia di CAMP GARBA Diocesi di Isiolo, Kenya. P. Stefano Camerlengo, IMC “Il Buon Pastore dà la propria vita per le pecore … il mercenario le abbandona e fugge … “(Gv 10,11-12) Carissimi missionari, Dalla Costa D’avorio, dove mi trovo per la Conferenza della Delegazione e la visita alle comunità, mi sono giunte delle notizie preoccupanti sulla drammatica emergenza che si è creata attorno alla parrocchia di Camp Garba nella diocesi di Isiolo, dove lavorano i nostri missionari p. Simon Wambua e p. Pietro Tallone. Vorrei presentarvi brevemente questa situazione, in spirito di famiglia e con l’intento di invitare tutto l’Istituto a manifestare la sua vicinanza ai nostri missionari, chiamati a vivere la missione a fianco di chi soffre, perché vittime di soprusi e di razzie letali. E’ risaputo da tanti missionari come spesso le tribù di nomadi del Nord del Kenya si scontrino, a volte anche in modo violento, per il possesso del bestiame e assicurarsi il diritto al pascolo. 18 Ma recentemente, come è stato ben spiegato da p. Gigi Anataloni in un articolo apparso su Missionari Consolata di Marzo 2012, interessi di da Casa Madre 6/2012 politici locali, hanno trasformato la convivenza tradizionale delle varie tribù, in sopraffazione e violenza, per togliere le terre ai popoli nomadi con la prospettiva di arricchirsi in accordo con potenze economiche internazionali. La commissione Giustizia e Pace della Regione Kenya, in un suo recente rapporto, ha documentato come dall’ ottobre 2011 a oggi, in tre diversi occasioni, i Borana hanno attaccato insediamenti Turkana, uccidendo 20 persone, distrutto 150 case, bruciato i raccolti e disperdendo le loro mandrie di cammelli. I sopravvissuti hanno trovato rifugio nelle scuole, nelle chiese – cappelle della missione, e in campi profughi allestiti nel territorio della parrocchia. Altri ancora sono fuggiti nei vicini centri abitati, ritenuti più sicuri. lavorano. La stima approssimativa delle persone assistite nel territorio della parrocchia è di circa 3.300 persone. La Madonna Consolata protegga i nostri missionari, dia loro il coraggio della profezia e li renda uomini di pace e riconciliazione. Sull’esempio del “Buon Samaritano, li renda capaci di versare sulle ferite delle migliaia di profughi “l’olio della consolazione e il vino della speranza”. La situazione nei campi profughi è drammatica, gli aiuti governativi alquanto insufficienti, tutti hanno paura a recarsi nella zona, manca quindi l’essenziale, soprattutto l’acqua, aumentando il rischio di epidemie e morte soprattutto tra i più indifesi, i bambini. A fronte di questa situazione, voglio esprimere la mia vicinanza prima di tutto ai nostri confratelli, i padri Simon e Pietro, e poi, attraverso di loro, alle migliaia di rifugiati. Lo faccio con la preghiera e, soprattutto, unendo il loro sacrificio a quello di Nostro Signore nella celebrazione Eucaristica. La Pasqua del Signore diventi l’orizzonte intramontabile della Missione, garanzia di un futuro di vita, pace e speranza per tutti. Costa d’Avorio 01 Maggio 2012 Mi auguro che al più presto si possa far sedere allo stesso tavolo i capi delle parti in conflitto per raggiungere un accordo di pace, di riconciliazione e di perdono e si riprenda così alpiù presto la convivenza pacifica, nel pieno rispetto dei diritti di tutti. Ritengo inoltre, sia nostro dovere, far conoscere questa situazione, attraverso i mezzi di comunicazione, e altri strumenti a nostra disposizione, con l’intento di smascherare e denunciare i sobillatori che impunemente stanno fomentando questa situazione sulle spalle dei poveri. I mezzi di comunicazione sono inoltre uno strumento efficace per sollecitare gesti di solidarietà, e di aiuto concreto per aiutare i nostri missionari a far fronte all’emergenza nei campi profughi. In questi giorni la liturgia ci presenta la figura del “Buon Pastore” che a differenza del mercenario non fugge davanti al pericolo (Gv. 10,11-18). Un modello da imitare per vivere oggi la missione a fianco dei poveri, lasciandoci coinvolgere profondamente dalla situazione di coloro a cui si annuncia il Vangelo. Il nostro Beato Fondatore, sin dagli inizi, lo proponeva ai missionari con l’espressione: “dovete avere viscere di carità”. Questo appello si manifesta in tutta la sua attualità per un’umanità in tanti modi ferita, offesa e sofferente, come a Camp Garba e in altre situazioni simili dove i nostri missionari 19 da Casa Madre 6/2012 MISSIONARI SEMPLICI E...(MA) PRUDENTI!!! P. Stefano Camerlengo, IMC (Per motivi di spazio pubblichiamo solo alcuni stralci della lettera, rimandando alla lettura integrale che si trova a questo link: http://www.consolata.org/missione/missione-oggi/8425-missionarisemplici-eprudenti.html Missionari carissimi, la recente triste morte del nostro confratello padre Valentim Camale, le difficoltà di tanti di noi davanti alla “rabbia e fame” della nostra gente, il trovarsi immersi in paesi che vivono in stato di guerra o di disordine continuo, mi hanno fatto fare questa riflessione che voglio con fraternità condividere con voi. Questo scritto non ha la pretesa di insegnamento, ma è fatto in punta di piedi per provocare un discorso che, credo, sia importante affrontare insieme. Mio desiderio è quello di aprire un dibattito fraterno e stimolare tutti a partecipare alla riflessione affinché insieme possiamo trovare sostegno, speranza nel nostro servizio ed alcuni orientamenti per andare avanti con coraggio ma anche con prudenza. È molto duro morire per cause violente: è duro per chi muore con paura e sofferenza, è duro per chi rimane. Ma è un dato di fatto che sono tanti i missionari rapiti, uccisi, feriti, depredati, minacciati. Come missionari, sacerdoti, suore, laici consacrati, operatori pastorali locali, laici, siamo tanti e sparsi in tutto il mondo. Lavoriamo spesso in zone di disagio(tensioni) sociale e violenza e di conflitti militare. Curare un missionario ferito costa, sostituire un missionario morto è più difficile. E quindi, si tratta di un problema serio e vero o di inutili preoccupazioni? Cosa dobbiamo fare: non farci caso o pensare e fare qualcosa? È un fenomeno vecchio o qualcosa di nuovo che esige risposte nuove? 20 Le ragioni di queste uccisioni, nella maggior parte dei casi, non sono più, ormai da anni, religiose, ma sono economiche e geopolitiche. In tempo di crisi mondiale, noi missionari siamo visti sempre più spesso, come dei “ricchi” dalla gente del posto. Le uccisioni di da Casa Madre 6/2012 missionari hanno sempre meno come movente principale i motivi religiosi. A questo si aggiunge l’età degli aggrediti che sono persone anziane e\o considerate fondamentalmente deboli, o giovani che si sentono in forza per reagire peggiorando la situazione, preda comunque, percepita come più indifesa perché “persone buone ed evangeliche”. Essere missionario, non bisogna dimenticarlo, significa anche essere un osservatore “pericoloso”: il missionario è normalmente una persona colta, in grado di riferire alle autorità ecclesiastiche, ai giornalisti, eventualmente alla propria ambasciata, le violazioni dei diritti umani, delle ingiustizie e dei soprusi. Il missionario difende il diritto di ciascuno a professare una religione; difende la “sua gente”, quelli che vivono intorno alla missione, nel paese in cui lavora, dalla povertà, dalle aggressioni, dalla corruzione. “Non mi succederà nulla! Sono anni e anni che lavoro qui, tutti mi conoscono. La gente e Dio mi proteggeranno”. È quello che molti missionari ancora pensano e dicono. Vero, ma fino ad un certo punto. E quel punto è il cambiamento della situazione in cui noi missionari abbiamo vissuto e lavorato. Un cambiamento non è certo improvviso, ma è scivolato davanti agli occhi e magari non si è ancora in grado di vederlo, d’identificarlo. Quando poi succedono i guai, la situazione ci scoppia tra le mani e si rimane sorpresi. Il vivere nel pericolo da parte dei missionari ha, inoltre, una caratteristica specifica: l’accettazione del pericolo per motivazioni religiose. La morte violenta è vista come parte di una decisione divina ed è un immolarsi per la propria fede. L’essere missionario implica una dimensione di martirio per cui il missionario non pensa o pensa poco al pericolo. Molti viviamo ormai distaccati dai paesi di origine. Spesso non sappiamo dove e come vivono le autorità consolari del nostro paese. Se succede qualcosa di pericoloso, queste autorità non sanno né chi siamo né dove trovarci. Colpisce dolorosamente il fatto che, nella stragrande maggior parte dei casi, come missionari non pensiamo a difenderci opportunamente, chiaramente, con una difesa non violenta. Poi, il nostro Istituto, come anche le altre congregazioni religiose, in generale, sembrano eludere il problema della sicurezza dei propri missionari. I governi, non sembrano aver elaborato strategie ad hoc per proteggere i missionari stranieri. La sicurezza costa. Nel caso dei missionari, invece, si tratta del problema opposto: nei bilanci, il capitolo di spesa per la loro sicurezza non esiste proprio o quasi. Eppure, liberare un missionario rapito costa; curare un missionario ferito costa, anche allo Stato; sostituire un missionario morto è sempre più difficile; un missionario rapito, ferito o morto non fa più il suo lavoro e diviene inutile per la missione cui era stato assegnato. I costi umani, psicologici di un ferimento, di un rapimento per chi ne è vittima, ma anche per i collaboratori, per le famiglie, per gli altri membri dell’Istituto, sono altissimi, se non atroci. E i pesi sulla bilancia sono diseguali: mentre la sicurezza personale è un diritto irrinunciabile e i costi per la violenza altissimi, una certa sicurezza si può ottenere con limitate risorse economiche. Inferriate, porte rafforzate, recinzioni, radio ritrasmettenti: quanto possono 21 da Casa Madre 6/2012 pesare su un bilancio? Non sono quindi le “cose per la sicurezza” che pesano, ma i processi mentali e i comportamenti. E nasce la domanda: quale posizione adottare? Non ci sono assolutamente soluzioni uniche o azioni dai risultati certi. Ma si deve cominciare a cambiare delle mentalità che non tengono conto dei livelli di violenza del nostro tempo. Bisogna cominciare a capire cosa sente e pensa il missionario quando vive esperienze di conflitti, quali siano stati i suoi processi mentali, le soluzioni a cui ha pensato mentre le viveva, le riflessioni, il senso di colpa, i rimpianti dopo averle vissute. Occorre ascoltare i missionari, farli parlare, invitarli a raccontare fatti, esempi, paure, tentativi, errori, orrori vissuti e consultarli su idee, piani, proposte. Come Missionari della Consolata abbiamo messo nei nostri documenti che il missionario resta a fianco della sua gente condividendone anche le contraddizioni come la guerra e la violenza. Ma, qualora la sua presenza mette a rischio la vita della gente, del suo popolo, oppure lo stesso missionario non regge psicologicamente alla tensione che si crea, allora è possibile pensare di lasciare la missione per proteggersi e proteggere le persone. Mi sembrano molto saggi questi orientamenti che l’esperienza del nostro Istituto ha elaborato nel tempo. Ora è sempre difficile saper discernere in situazioni complesse e più grandi di noi. Il Vangelo che vogliamo seguire è chiaro: non c’è amore più grande di chi dona la vita per i suoi amici! Pur riaffermando questo principio, credo che sia importante anche saper apprezzare e difendere la propria vita come dono di Dio e servizio dei fratelli. L’annuncio del Regno, Gesù lo predice senza mezzi termini, comporta anche divisioni e persecuzioni, violenze. «Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» ( Gv. 15,18-21). 22 Sembra che gli apostoli siano mandati allo sbaraglio, carichi delle loro debolezze e letteralmente immersi nelle fauci dei potenti della terra. A tutto questo Gesù contrappone due virtù; la semplicità e la prudenza. La prudenza li renderà capaci di guardarsi dagli da Casa Madre 6/2012 inganni degli uomini, particolarmente da coloro che si presenteranno in veste di agnelli, ma dentro sono lupi rapaci. La semplicità della colomba servirà invece ad alimentare la fiducia totale in Dio e la certezza dell’assistenza dello Spirito Santo. Dinanzi agli errori e alla trame degli uomini la forza dei missionari sarà la luce divina che consentirà loro di affrontare tribolazioni di ogni genere e confutare ogni errore. Beati noi se ci poniamo alla scuola della Parola! La prudenza e la semplicità di cui parla il vangelo non sono sinonimi di ingenuità ed (superficialità) indecisione...tutt’altro. Sappiamo quanto sia necessario il traforo delle parole e delle immagini per bere il nettare della Parola; l’immagine del serpente, in riferimento al cristiano, è molto suggestiva. S. Girolamo commentava dicendo che il serpente usa la testa per difendersi, il cristiano quando è tale usa la testa, usa l’intelligenza, non per ingannare, cosa che fece il serpente nel racconto di Genesi 3, bensì per scoprire l’inganno, per scoprire cosa lo allontana da Gesù Cristo. Guardando al fenomeno della violenza, il cristiano, come il serpente, sa sfuggire e sa lasciare certe situazioni cui è molto legato pur di non perdere la Vita... per il cristiano non c’è vita senza relazione con Gesù. Il cristiano, quando è tale è sempre intelligente... di quell’intelligenza che non lo fa esporre al male ma quando vi è dentro ha la fiducia di vincere. La prudenza del serpente fa evitare il pericolo laddove è possibile perché rende acuti nel percepire la pericolosità di certe situazioni e rende pronti nel prendere le decisioni... tuttavia il credente sa anche affrontare il pericolo quando è inevitabile. “Guardatevi dagli uomini...” ( Mt.10,17-22 ), la prudenza consiste proprio nel saper valutare la realtà. “... per dare testimonianza”, le incomprensioni, le persecuzioni...sono per noi cristiani occasioni di “pubblicità della fede” vale a dire di martirio, testimonianza di una relazione in atto. Il martire non è colui che cerca la morte ma è colui che per amore sa morire. Se si può, è bene fuggire...ma chi fugge è un cristiano e ovunque arriva porta gli effetti della vita cristiana, della relazione col Maestro. Nella fuga il bene si diffonde e cammina...l’agnello è sempre buono, sia da vivo che da morto! Coraggio, Egli è con noi...finché noi siamo con Lui...Lo diffondiamo. Allora, cari missionari, prudenza e semplicità, che Dio vi benedica. Ci poniamo in cordata orante per tutti i missionari e cristiani perseguitati. Aspettando vostre reazioni e condivisioni affinché possiamo condividere questa riflessione, così importante, insieme e crescere nello stile evangelico. L’Istituto ha già riflettuto un poco su queste tematiche, ma, vista l’ampiezza e la novità del fenomeno e la violenza relativa, credo che sia saggio continuare a riflettere, a condividere idee e proposte, a solidarizzare con chi fa più fatica e si trova a vivere situazioni con grosse tensioni e crisi, a prendersi cura della propria vita pur accettando di donarla per il Vangelo e per i più poveri nella logica del seme che muore. Padre Stefano Camerlengo, padre Generale Certosa di Pesio, 16.05.2012 Ricordando il giorno del Fondatore! 23 da Casa Madre 6/2012 24 da Casa Madre 6/2012 casa generalizia Maggio 2012 P. Vedastus Kwajaba, IMC 1 maggio: Iniziamo il mese con un clima ancora quasi invernale e con continue piogge. Nonostante il mal tempo però la città è piena di turisti e pellegrini da ogni parte, con lunghe code per chi vuole entrare nella basilica di San Pietro o nei Musei Vaticani. Celebriamo la santa messa al mattino presieduta da P. Karuthi Cyrus nella quale ricordiamo i fratelli dell’ Istituto. Intanto la comunità in questo periodo si è ridotta perché Superiore Generale con il suo consigliere ed economo generale sono partiti per la vista delle diverse circoscrizioni. 02 Maggio: P. Ugo Pozzoli, consigliere generale ritorna dalla Mongolia. Ci porta tanti saluti dai nostri missionari e missionarie. chiesto nella sua lettera. Verso sera ci raduniamo pregando rosario per il nostro confratello, poi celebriamo vespri presieduti da P. Pendawazima, vice superiore generale, con una testimonianza di P.Michael Wamunyu. E’ una giornata molto triste. 06 maggio: P. Kota si riprende bene in salute, dopo un intervento chirurgico. 07 maggio: P. Stefano ritorna dalla Costa d’Avorio. Ci porta i saluti dei nostri confratelli. 10 maggio: P. Ugo Pozzoli, consigliere generale si reca a Torino per partecipare alla conferenza regionale di Italia. 03 Maggio: Di notte ci arriva la comunicazione della triste notizia sull’assassino di Padre Camale Valentim Eduardo alla nostra missione di Liqueleva in Mozambico. 04 Maggio: Durante la messa del mattino ricordiamo in modo particolare il deceduto P. Valentino e la Regione del Mozambico. P. Cylus Karuthi, che ha presieduto la SS messa ci invita a pregare per il nostro confratello affinché Dio misericordioso gli concede di godere la gioia della vita senza fine. La candela rimane accesa tutto il giorno, segno delle nostre preghiere, come Il generale ci ha 25 da Casa Madre 6/2012 13 maggio: Ospitiamo per qualche giorno Cardinale John Njue di Nairobi Kenya e il Cardinal Adrien Sarr di Dakar , l’ arcivescovo di Algeri Ghaleb Bader e l’arcivescovo di Garoua in Camerun Antoine Ntalou. Altri ospiti sono 14 sacerdoti tutti dall’Africa che partecipano al convegno ‘’IN ASCOLTO DELL’AFRICA: I SUOI CONTESTI, LE SUE ATTESE, LE SUE POTENZIALITÀ’’ all’università Urbaniana. “Il convegno, che si terrà dal 14 al 16 maggio del 2012, vuole mettersi in ascolto della speranza che la Chiesa ripone nell’Africa e delle svolte che in essa si stanno vivendo: dal grido dell’uomo bisognoso di liberazione, alla responsabilità per il proprio domani. Sarà importante per noi ricevere il contributo della riflessione sul futuro del continente che proviene dai centri di studio e ricerca africani, e in particolare dagli Istituti Affiliati della Pontificia Università Urbaniana. Vorremmo considerare insieme l’impatto della formazione accademica filosofica, teologica e missiologica nel contesto africano. Sappiamo che l’Africa è una realtà dalla storia molto più complessa e variegata di quanto a volte si creda. Sarà importante così mettere a fuoco la varietà di esperienze, la diversità di accenti, in una parola, la multiformità della coscienza religiosa africana. Con coraggio profetico e senso di responsabilità proveremo a “immaginare” il futuro gettando il cuore oltre l’ostacolo. Africae Munus, il documento pontificio che ha concluso il recente Sinodo dei Vescovi per l’Africa, ci spinge a percorrere questa strada” (P. A. Trevisiol) 14 maggio: E’ morta la Signora Maria Tallone, zia di Fr Mario Bernardi, economo della comunità Casa Generalizia, che per l’occasione partecipa a Cuneo ai funerali. Assicuriamo le nostre preghiere e suffragio alla defunta e a tutta la famiglia di Fr Mario Bernardi. Nel frattempo alcuni confratelli della comunità’ partecipano ai tre giorni di convegno ‘’IN ASCOLTO DELL’AFRICA’’ all’università Urbaniana. 26 20 maggio: P. Pendawazima Dietrich, Vice Superiore Generale, ritorna dal Kenya, dove è stato per la visita alle case di formazione e da Casa Madre 6/2012 per la conferenza regionale. P. Ugo Pozzoli, consigliere generale intanto parte per Portogallo per la conferenza regionale. 28 maggio: P. Ugo Pozzoli, consigliere generale ritornando dal Portogallo parte per la Corea: animerà gli esercizi spirituali ai confratelli e consorelle di Mongolia e Corea. Notizia particolare Il 13 gennaio, in occasione delle Celebrazioni per il 150° Anniversario dell’unità d’Italia, il Presidente della Repubblica Italiana, l’On. Giorgio Napolitano ha ricevuto al Quirinale in udienza privata la Conferenza dei Rettori delle Università Pontificie di Roma. Tra i 15 Rettori era presente anche il nostro p. Alberto Trevisiol che ha potuto presentare brevemente la realtà accademica dell’Urbaniana e il servizio che svolge. 27 da Casa Madre 6/2012 vita nelle circoscrizioni SOUTH AFRICA: THE SIXTH DELEGATION CONFERENCE STD Samuel-Francis Onyango, IMC Sud Africa It is expected that after the general chapter, the regions and delegations organise conferences to help see possible ways of how to implement the proposals arrived at during the general chapter. In the same spirit, confrerers in the delegation of South Africa took time off from their busy pastoral schedule to spend time in what became the sixth delegation conference. Delegates travelled from their missions on the evening of 15th April 2012 to Pax Christi pastoral centre in Newcastle where the conference was to be held. The conference officially began on Monday 16th- Friday 20th of April 2012. 28 Day one of the conference began with the celebration of the Eucharist presided over by the general councillor for Africa, Fr. Marco Marini. The bishop of Dundee diocese, Graham Rose, in his welcoming remarks, at the beginning of the very first session of the conference, thanked the Consolata missionaries for the good work that they are doing within the diocese. He jokingly said that as much as he prayed God that the Holy Spirit guides the conference, he also appealed to the same Holy Spirit not to be so revolutionary in action as to direct the conference to take a decision that may see Consolata missionaries leave the diocese. In total nineteen members attended the conference with thirteen of them legible to vote. Those who could not vote were representatives da Casa Madre 6/2012 of the general direction (Vice superior general, continental councillor, general administrator), others were bishop Jose Luis Ponce de Leon and two students’ representatives; André Nzunzi and Samuel Francis Onyango. The debates and discussions were very cordial and candid, while sometimes getting heated. In all the discussions, it was evident that the missionaries were seeking for ways through which they can live fully their missionary calling and be efficient in their service to the institute, to the local church and to the universal church. In his closing remarks, the continental councillor reminded the assembly that the end of the conference is not a goal in itself but a springboard towards a new way of doing things guided by the resolutions of the conference. He was pleased by the fact that the delegates unanimously voted for the adoption of the acts, a sign that every missionary owned the acts and so would work towards its implementation. During the closing Eucharistic celebration, the vice general superior, Fr Pendawazima, reminded the confrerers that the presence of the representatives from the general direction was mainly to encourage the confrerers to cross over to the other bank. Crossing over to the other bank calls for a strong will from every individual. He added that as much as we minister among the people of South Africa, we should never ignore the fact that we are With the conference over, the delegation is now looking forward to the coming delegation assembly as another moment to evaluate the conference and also to begin the process of the implementation of the acts of the conference. May God grant us the will to cross over to the other bank. Sud Africa Consolata missionaries and so never to ignore the aspirations of our blessed founder Joseph Alllamano. 29 da Casa Madre 6/2012 I MISSIONARI DEL NUOVO MILLENNIO P. Rocco Marra, IMC Sud Africa I missionari del nuovo millennio sono i laici: Questa è una frase pronunciata dal Beato Giovanni Paolo II, e si sta verificando, man mano che ognuno prende coscienza del suo battesimo. Anche la Conferenza Episcopale dei paesi del cono sud dell’Africa è in movimento per la nuova evangelizzazione, con tutti i mezzi possibili e immaginabili. 30 Sul finire dell’Apartheid e all’albeggiare della liberazione per il Sud Africa, i vescovi avevano lanciato un piano di lavoro per il germoglio di comunità ecclesiali di base. Così nel 1989, con il documento “Comunità al Servizio dell’Umanità”, volevano incoraggiare a creare relazioni umane più cristiane, avendo la Santissima Trinità e l’esempio di Gesù come modello. Nutriti della Parola di Dio e fortificati dall’Eucarestia. Forse in quest’ultimi anni ci si è come assopiti, comunque si è alla ricerca di un modo per svegliarsi e riprendere i nostri impegni e essere messaggeri del Vangelo, nel quotidiano della nostra vita. Così i vescovi da circa due anni stanno incoraggiando, clero e laici, a riunirsi, pregare, discutere, proporre. Il centro è sempre Gesù, la sua missione, che è la missione della chiesa oggi, nel mondo che cambia velocemente in moltissime sue realtà. Il fuoco dello Spirito suggerisce poi come continuare il cammino. Uniti a Cristo: Sacerdote, Re e Profeta i fedeli laici possono veramente trasformare la società e l’umanità. Così i nostri vescovi, nella prima fase di questa nuova scalata, conclusasi lo scorso anno, con non molto successo, hanno voluto avere la situazione della Chiesa del Sud dell’Africa. Ora con la fase due, stanno veramente entusiasmando i fedeli. da Casa Madre 6/2012 Hanno preparato dei libricini, per organizzare incontri e preghiere. Ci sono nove capitoli, ognuno strutturato, con una parabola di vita ordinaria, Parola di Dio, Documenti della Chiesa e tante semplici domande che toccano l’esperienza quotidiana e aiutano ad aprire gli occhi della fede e procedere il cammino con l’impegno di essere più uniti a Cristo, membri della sua chiesa e partecipanti alla sua missione nel mondo dove ci si trova. Sono stato molto contento, ieri, vedere un centinaio di laici, provenienti dai diversi punti cardinali dell’Arcidiocesi della capitale sudafricana. Si sono riuniti a Pretoria, “Bretoni Centre”, con il loro Arcivescovo William Slattery e l’èquipe di evangelizzazione diocesana. Sette ore insieme per rincuorarsi, conoscersi di più, condividere esperienze, approfondire con l’aiuto del manuale della nuova evangelizzazione, dare idee e impegnarsi perché il messaggio raggiunga tutti i fedeli e le persone di buona volontà. La celebrazione di Pentecoste quest’anno, certamente sarà come un faro enorme che illumina la vita della popolazione del Sud dell’Africa. P. Diamantino Antunes Guapo, IMC Na noite do dia 3 de Maio o P. Valentim Eduardo Camale, Missionário da Consolata e vigário paroquial da paróquia de Liqueleva, nos arredores de Maputo, partiu, de junto de nós, de forma violenta inesperada. Uma quadrilha de ladrões introduziu-se furtivamente na paróquia de Santa Teresinha do Menino Jesus de Liqueleva, e entrou na residência dos padres. Corajoso, o Pe Valentim enfrentou e ofereceu resistência aos ladrões que entraram na residência paroquial para roubar. O missionário foi violentamente atingido na cabeça causando grande derramamento de sangue e um traumatismo craniano. Noutro local da residência dois sacerdotes estavam reféns de outros membros da quadrilha, impotentes para socorrer o seu confrade. Assim que os ladrões e assassinos abandonaram o local, o Padre Fábio Malesa, acorreu para socorrer o Pe Valentim que encontrou numa poça de sangue. Conduziu-o imediatamente ao hospital, onde porém já chegou sem vida. Na tarde do dia 7 de Maio, na Paróquia de Liqueleva foi celebrada a Eucaristia de corpo presente, sob a presidência do Arcebispo de Maputo, Dom Francisco Chimoio e concelebrada por 80 sacerdotes. A Eucaristia foi celebrada no salão paroquial que foi pequeno para conter a grande assembleia de fiéis que acorreu à cerimónia. Foram muitas as centenas de pessoas das comunidades das paróquias de Liqueleva e Liberdade que quiseram vir dar a última saudação ao falecido P. Valentim e irmanar-se com a Consolata e a Igreja local num silencioso grito de revolta pelo trágico acontecimento e pela onda de violência e insegurança que se tem vindo a fazer sentir. O choque e a consternação eram visíveis nos rostos de todos. No final da Missa foram lidas as mensagens de recordação e homenagem da família, dos naturais e amigos de Cabo Delgado, província de onde era originário o P. Valentim, dos jovens e dos acólitos, dos conselhos paroquiais das paróquias de Liqueleva e Liberdade e por fim Mozambico MORTE E FUNERAL DO P. VALENTIM EDUARDO CAMALE dos Missionários da Consolata. Concluída a liturgia, o féretro seguiu para Pemba, no norte de Moçambique, em cujo cemitério o corpo do P. Valentim será sepultado. O Padre Valentim Camale, de 48 anos, moçambicano, era natural de Montepuez, Cabo Delgado. Tinha 12 anos de sacerdócio, alguns deles vividos em Moçambique, nas Missões de Mecanhelas e Maúa (Niassa), Costa do Marfim e Portugal. Regressou a Moçambique em 2010. Trabalhava presentemente na Paróquia de Liqueleva, Arquidiocese de Maputo. A sua morte criou uma grande onda de solidariedade e condenação à vaga de assaltos a residências paroquiais e religiosas que se assiste um pouco por todo o lado, sobretudo na cidade de Maputo. Na manhã do dia 7 de Maio a Confederação dos Institutos de Religiosos e Religiosas presentes em Moçambique (CIRM-CONFEREMO) deu uma conferência de imprensa para denunciar o clima de insegurança que se vive no país e reclamar medidas urgentes de protecção. «Queremos chamar a atenção do poder público, que tem o dever constitucional de promover a segurança do seu povo, e também de toda a sociedade, para que tomem atitudes pró-ativas no que se refere à sua segurança pessoal e dos seus, e no rompimento do ciclo de violência», apelou o Padre Ederaldo Oliveira, secretário-geral da Conferência dos Institutos Religiosos. da Casa Madre 6/2012 31 CONSOLATA NEWS KENYA From the Regional Council In the present Newsletter we would like to share with you some news coming from the last two Council Meetings (6th-9th March and 20th April 2012) Fr. Giuliano Gorini was given the go ahead to build a Consolata Residence at Mary Mother of Grace Secondary School. At Familia ya Ufariji, they have completed the formulation of the Strategic Plan. The Regional Council thanks all those who cooperated in the work of Auditing that was done in Institutions and Regional Offices. That has helped and will help us to improve our efficiency and work in the Region. Monthly community meeting for planning life, activities, and evaluations. Share responsibilities within a community (Superior, Parish Priest/Father-in-charge and Financial Administrator). Nobody should hold all the three responsibilities without a good reason. Regarding Human Resource Management New Assignments For us, we have the constitutions that guide our life. It is important the stability of personnel, however there are situations that force the change of personnel. In the recent council meeting Fr. Gerardo Martinelli was appointed as full Acting Administrator, assisted by Fr James Lengarin. He also takes care of the sick members of the region. Holidays: For the expatriates they should make the arrangement for their holidays (3 months) known by January. Every confrere must take three weeks of rest per year. Kenya Honor the contracts of the workers. Every worker should be employed on one or two years contract, and at the end of the contract, gratuity is to be paid accordingly. Workers should be registered under Diocesan employment and remuneration policies. And it is in this regard that the Region is trying to come up with some policies that dictate our life and the management of what we have been charged with. Some of those policies are: The Region will try to make the community of three where necessary. 32 Reinforce the expectations that fall upon those who are appointed to a particular responsibility. Should anything irregular be done by the missionary that is not in order with our religious life and values or go against the laws of the country, the Kenyan law would be applied. Each should make arrangements for the annual retreat; for the zonal recollections and possible for the monthly day off. The community should plan and inform the Regional Superior. The annual retreat is compulsory in the year. If one cannot participate in the one organized by the Region, he must take part in a retreat somewhere. da Casa Madre 6/2012 Holy Trinity Kileleshwa was officially announced by His Emminance John Cardinal Njue to be raised to the status of a Parish. Fr Fr. Korambu has been appointed coordinator of Sagana complex. Fr. Lee Dung Uk Assistant Parish Priest of Consolata Shrine. Fr. Mathew Magak Parish Priest of Alendu. Fr. Peter Kariuki to Nazareth Hospital Chaplaincy Fr. James Githinji was requested by the General Administration to go to the Theological Seminary in South Africa Fr. Samuel Wachira is in the region from the region of Amazzonia for holidays and renewal course. Deacon Zaccheus Allaroh to Alendu Parish. Fr. Reuben Kanake Kajogo is in the region from Tanzania for a renewal course Fr. Chrispine Agunja Assistant parish Priest of Ugunja. Fr. Daniel Lorunguiya is expected from Congo for holidays and renewal course. Kenya Fiorenzo Canzian has been appointed Parish Priest. Fr. Sibilia appointed Parish Priest of Baragoi. Fr. Josephat Mwanzia Assistant Parish Priest of Thegu. Br. Severino Mbae Vice Principal and Manager of Sagana Technical Training Institute. Fr. Joseph Kihwaga Principal of Sagana Technical Training Institute. Fr. Charles Jjagwe Assistant Parish Priest of Wamba Fr. Mario Parra Leon Assistant Parish Priest of Githurai Fr. Michael Njue as Assistant Parish Priest of Likoni Fr. Daniel Bertea Regional Secretariat Coming up Ordinations: On 21st April Deacon Edwin Duyani Osalleh was ordained priest at Likoni Parish. Joseph Musito Wabwoba the seminarian in the year of Service in Kenya, though he had studied in Sao Paolo was admitted to the Perpetual Vows and he will be ordained deacon on 28th April at Mundika Parish in Bungoma diocese. In the same day and place deacon Gabriel Kwedho will be ordained priest. On 30th June Deacon Mathew Kamwara will be ordained priest at Gatunga parish. As we thank the lord for the gift of vocations, we continue to pray for our younger missionaries to be faithful in their vocation and missionary zeal. Fr. Zachariah Kingar’u Superior of the Regional House 33 da Casa Madre 6/2012 “JOSEPH ALLAMANO - A FATHER IN THE FAITH OF INNUmERABLE CHRISTIANS” P. Pietro Baudena, IMC libretto che contiene la biografia dell’Allamano, opera di P. Francesco Pavese IMC e suor Angeles Mantineo MC, tratto dal libro “Così vi voglio”, più un compendio della dottrina spirituale, questa pure tratta dallo stesso libro. Questo compendio, inteso in particolare per i nostri laici, tralascia la parte diretta ai membri dell’istituto, riguardante la consacrazione religiosa, e tende a presentare i punti fondamentali della ricca, esigente ma semplice spiritualità del Beato che mira in alto, alla pienezza della vita Cristiana, alla perfezione dell’amore, alla santità, ma non allo straordinario. Prevenendo quanto dirà il beato Giovanni Paolo II con altre parole, essa si concretizza nella “straordinario nell’ordinario”. È questo il titolo di una nuova pubblicazione sul Beato Allamano edita dalle “Paulines Publications Africa”, Nairobi, 2012. Kenya Era sentita l’opportunità della presenza del nostro Beato in una serie di biografie di santi della suddetta editrice in cui si trovavano i fondatori e le fondatrici di tutte le congregazioni religiose operanti in Kenya, eccetto il nostro. D’altra parte il desiderio dei nostri cristiani che si sentono “figli spirituali” dell’Allamano (di qui l’idea del titolo del libro) di avere maggiori informazioni sulla sua vita e spiritualità attendeva di essere soddisfatto. In risposta a queste due attese si cercò invano di trovare qualcuno che scrivesse una nuova biografia adatta alla nostra situazione. Il sottoscritto pensò, in accordo con l’ ufficio della Postulazione della causa di canonizzazione e del superiore regionale di preparare questo 34 da Casa Madre 6/2012 Partendo dal suo motto: ”prima santi poi missionari”, si ricorda quanto Egli sottolineava che la santità è frutto di volontà piena, energica e costante, ma sostenuta da fede viva e pratica, di un “magazzino di confidenza”, coronata da un amore ardente, “amore di amicizia con Dio”. Si passa poi ai mezzi che Egli presenta come necessari alla santità. Anzitutto la preghiera ben fatta: “chi prega bene vive bene”, “la preghiera dev’essere la nostra priorità, la preghiera con la Parola di Dio: “la Bibbia è il nostro libro, provvede tutto per la santità, “il cuore di Dio nella Parola”, “meditazione, scorciatoia alla santità, meditazione che con i suoi frutti ricordati lungo la giornata trasforma la vita. Meditazione però non solo come esercizio di mente, ma che “riscalda il cuore”, che diventa preghiera come raccomanda oggi il Magistero della Chiesa con la “Lectio Divina” (Sinodo dei Vescovi, lettere pastorali degli untimi Sommi Pontefici). Non vengono certo trascurate le caratteristiche delle congregazioni operanti in Kenya, ma soprattutto per l’aiuto ai nostri cristiani a conoscere meglio il loro Padre nella fede, e a fare sempre maggior frutto delle sue illuminate direttive per la loro crescita spirituale. Potrebbe anche essere uno strumento per i confratelli e consorelle della Consolata per aiutarli a questo fine. Kenya eucaristica e mariana della spiritualità allamaniana. “L’Eucarestia mistero di fede e di amore, la migliore preghiera”. ”Gesù Vittima” : Messa “non solo ricordo ma attuazione del sacrificio della croce”. “Il tempo più bello della nostra vita”. “Gesù Pane Vivo, Comunione intima partecipazione nel sacrificio”, “Gesù Dio con noi”: adorazione, visita: “Egli ci accoglie con affetto, anzi con acceso desiderio ogni volta che andiamo a visitarlo”. Unitamente all’Eucarestia si ricorda la Preghiera delle Ore, “la preghiera più bella dopo la Messa”, “Imitazione del concerto celeste”. Per ultimo, ma non certo la meno importante: la devozione mariana, “La devozione a Maria è una necessità. Senza questa devozione, non solo una devozione qualunque, ma una tenera devozione, non potrete mai essere santi”. “Chi vuole salvarsi e trascura la Beata Vergine fa un serio errore. Voi potete raggiungere Gesù solo con Maria. Viene poi ricordata l’importanza di una “devozione mariana genuine”. “Il genuino amore a Maria non è un qualche cosa di sentimentale, ma è disponibilità a fare tutto quel che è richiesto dal servizio di Dio e dal suo onore. Dobbiamo pregare Maria e imitarla, soprattutto nella purezza delle nostre intenzioni”. “Maria è via alla santità” Chi vuole farsi santo senza la Nostra Signora, è uno che vuol volare senz’ali”. Il nostro Padre ci invita poi a sentirci figli e figlie della Consolata “La Nostra Signora, non è forse la nostra tenera madre sotto questo titolo? Non siamo noi i suoi figli e le sue figlie? Dobbiamo essere piamente fieri di appartenere alla vergine Consolata”. Per la nostra devozione mariana Egli raccomanda in particolare il rosario, come preghiera vocale e mentale allo stesso tempo, come la migliore possibilità di meditare sulle vite di Nostro Signore e della Nostra Signora. Con S. Agostino ci ricorda di lasciare libero freno al nostro cuore in questa meditazione. “Così pregato il rosario diventa nutrimento sia al cuore che all’anima” Conclusione. Spero che questo lavoretto risponda non solo allo scopo di una presenza del nostro Beato nella serie di santi e beati fondatori 35 da Casa Madre 6/2012 Consolata Missionaries in Kenya Meet to Map the Road to Self-Sustenance By Fr Daniel Mkado The 11th regional conference of the Consolata Missionaries from Kenya and Uganda was held on Monday May 7 at Bethany House, Sagana in Nairobi. The conference held every six years, ends Saturday May 12, 2012. Kenya The 5-day conference discussed: economy of communion and sustainability; evangelization and mission; spiritual and community life; formation; organizational structure and, missionary animation and vocational promotion and communication. 36 Among other participants of the conferences were: Vice-Superior General of the Consolata Missionaries worldwide, Fr Dietrich Pendawazima, the General Councilor incharge of Africa, Fr Marco Marini, the General Administrator, Fr Rinaldo Cogliati, the Regional Superior, Fr Joya Hieronymus and 40 delegates drawn from Kenya and Uganda. The Vice-Superior General, Fr Pendawazima da Casa Madre 6/2012 expressed hopes that the conference would capture the mandate of the General Chapter. The General Chapter held in Rome last year, resolved to set up a Continental Secretariat which would help to re-qualify the Consolata mission, improve sharing of personnel, restructure the congregation’s presence and economic support to increase the sense of belonging in the continent. The Continental Secretariat Council will consist of regional and delegate superiors and General Councilor in charge of the continent who will coordinate with the General Council in Rome. This will guarantee the flow of coordination, information and programs. The idea is to decentralize the decision-making powers of the General Council,” he said. Fr Pendawazima called on missionaries to be aware of the economic challenges facing the congregation, saying these should not trigger Kenya alarm as Consolata Missionaries are called to live a more austere lifestyle. He urged missionaries to be calm amidst financial crisis that the congregation is undergoing as it is a worldwide phenomenon. “Crises are cyclical, benefactors are disappearing, our administrators should be therefore trained,” he told CISA in an interview. Fr Joya, the Regional Superior, acknowledged that the congregation in Kenya is grappling with rising numbers in the vocations, but due to financial constraints, the conference will have to re-think the number of students to admit in its seminaries. Fr Joya said that Kenya and Uganda is a very important region as it is the first mission and has the highest number of human resources. He urged the delegates to plan well for the region’s future. “It’s a region that is endowed with many resources and opportunities that if well tapped, even economically, it can really help the continent and also the whole congregation”, he said. Amidst all of these challenges, he noted, many local ordinaries continue to extend invitations to the Consolata missionaries to open missions in their respective dioceses. He expressed hope that even if there are no available resources, the Christians in these parishes would work hand in hand with the congregation. “It is a sign that the local ordinary appreciate our work,” adding “This conference will therefore have a look into the resources we have and see if we can answer to this requests. Through divine providence God will give an answer to it” Fr Joya expressed optimism that the conference would come up with plans to mitigate the economic challenges including investment and resource mobilization ideas to sustain mission work. The Consolata Missionaries are working in 25 different countries in the world. The Kenyan region has a total of 168 members (priests, brothers, novices and students in formation). 37 da Casa Madre 6/2012 VENEZUELA, CHI SEI TU E COSA FAI? P. Andrea Bignotti, IMC Venezuela, piccola Venezia? Forse! É la mia seconda patria e chiesa particolare per aver già spesi più della metà dei miei anni di sacerdozio missionario. I Missionari della Consolata sono presenti con un piccolo gruppo-delegazione, nato come espansione dalla vicina Colombia e come espressione della missionarietà di questa regione e chiesa. Fino agli anni 2000 c’era una presenza equilibrata di missionari, europei, americani ed africani, oggi giorno, dal 2010 in poi, il gruppo ha cambiato molto ed io sono l’unico europeoitaliano; quasi mi potrebbero dire: “come, sei tu l’unico pellegrino e forestiero?” Sono anche il più vecchio, ma anche la memoria storica in questa delegazione formata da buoni e bravi missionari, americani ed africani. Venezuela In questi tempi in cui sono cambiate le situazioni sociali, politiche e religiose, la necessità e le frontiere sono molte, e dobbiamo essere capaci di leggere i segni dei tempi e sapere poi discernere e prender decisioni con saggezza. per non ripeter certi sbagli e pentirci poi amaramente per aver aperto o chiuso alcune presenze. 38 Non possiamo fare di tutto ed essere missionari generici, che fanno a loro modo in una società di specializzazioni. Perciò anche in Venezuela, cerchiamo di essere presenti e portare avanti presenze significative e missionarie, con “una fedeltà dinamica al carisma”. Siamo pochi, però di qualità, camminando in comunione con la Chiesa locale, conoscendo ed appoggiando il lavoro diocesano, innestando lo spirito e la dimensione missionaria nella pastorale ordinaria. No c’è molto spazio per altre avventure o iniziative individuali. Siamo presenti nelle grandi città, come Caracas e Barquisimeto, dove si sono rifugiati contadini ed indigeni e si palpa l’abbandono sociale, politico e religioso, dove la sfida della secolarizzazione e del multiculturalismo sono urgenti, alla porta e chiedono una risposta di vita e di salvezza. Voglio qui ricordare da Casa Madre 6/2012 l’esperienza di disobbedienza ed obbedienza di Giona, quando Dio volle inviarlo a Ninive. Dov’è più indispensabile la nostra presenza oggi? E’ finita una pastorale di individualismi o eroismi, ma dobbiamo essere buoni osservatori ed ascoltatori, essere capaci di annunziare con coraggio il Vangelo di Gesù Cristo ed accompagnare il suo popolo con pazienza ed amore.. Siamo presenti anche tra le minoranze etniche, fra i Warao del delta de Amacuro, dove sbocca il Fiume Orinoco. Qui la nostra presenza è condivisa con le nostre Suore della Consolata. Anche questi indigeni, in pieno esodo dalle città, esigono la nostra utile presenza, accompagnamento e solidarietà, perché corrono il rischio di perdere la loro identità e di sparire dalla circolazione per tante lotte etniche e politiche, per le manipolazioni sociali ed economiche. Noi missionari , in nome di Dio e della dignità umana e sociale di questi popoli, abbiamo il difficile compito di prepararli e accompagnarli non ad uno scontro, ma ad una integrazione a tutti i livelli. Tutta la nostra vita presenza e lavoro è appoggiare pastoralmente e missionariamente la Chiesa locale, che in questi ultimi anni, anche se vocazionalmente si è rinforzata, ha avuto molte contrarietà e tempi difficili a livello sociale, politico ed ecclesiale. E’ una Chiesa, Venezuela oggi più che mai chiamata ad essere presente e solidale in mezzo al popolo di Dio., ad essere più madre che maestra, più evangelizzatrice, profetica e missionaria. Obbedendo alla nostre caratteristiche di essere presenti nelle chiese locali ed accompagnare, per un tempo limitato il suo cammino, mi è stato assegnato il lavoro della Animazione Missionaria nella Chiesa Venezuelana e da alcuni anni sono direttore nazionale delle Opere Missionarie Pontificie in Venezuela, dove già mi aveva preceduto brillantemente il P. Sandro Faedi. In questa Chiesa come in altre, per rinnovare la fede e l’impegno cristiano, c’è bisogno di una nuova evangelizzazione, di essere sempre aperti alla Missione ad gentes, perché non basta fare dei buoni documenti e poi lettera morta, fare grandi concentrazioni e poi rinchiudersi in individualismi religiosi ed ecclesiali, non basta chiedere e ricever missionari, fede ed aiuti, ma bisogna anche dare e condivider quello che ci è stato annunziato, trasmesso e dato gratis. Di fronte al futuro, dobbiamo formare persone e comunità capaci di una fede contagiosa, condivisa ed impegnata. Per tutte queste buone ragioni ed altre , si sta organizzando in Venezuela e per tutto il Continente il Quarto Congresso Americano Missionario, CAM-4, che ci vedrà come organizzatori e per dire a tutta la Chiesa Americana e venezuelana che è arrivata l’ ora “di dare dalla sua povertà”, di passare all’altra sponda (Gv.6,17), affinché possa essere “annunziata la gloria di Dio, Cristo, a tutte le nazioni e genti.” (Is.66, 19). Se non siamo missionari in ogni luogo e situazne, siamo dei poveri cristiani. E’ un tempo propizio e di grazia che potrà offrire alla chiesa universale “ una nuova primavera di fede e di vocazioni”. A tutti voi il mio grazie per la stima affettuosa e l’appoggio missionario, vibrando per il Regno di Dio. 39 da Casa Madre 6/2012 DIÁCONO: SINAL DE CRISTO NA COMUNIDADE! P. Mário de Carli, IMC Robério foi um dos primeiros adolescentes que se interessaram por receber a Boa Notícia que estes novos missionários vinham trazer ao povo. Levado pela curiosidade, se surpreendeu com muitas perguntas que não sabia de onde vinham. Aprendeu a olhar a si mesmo e à Igreja de uma forma nova e positiva. À medida que participava das atividades pastorais e vendo o testemunho dos missionários da Consolata sentiu o desejo de «ser como um deles e também, que deveria dar um passo além. E assim eu fiz», afirma Robério. Passou por acompanhamento e discernimento vocacional em Cascavel, Paraná, onde fez o propedêutico (2003) e a filosofia em Curitiba (2004-2006). No ano de 2007 foi à Argentina onde fez o noviciado e sua profissão religiosa. Fez seus estudos teológicos na Faculdade Dominicana de Teologia em São Paulo. No dia 6 de maio fez sua profissão religiosa de consagração a Deus. Brasile No dia 19 de maio, às 18h00, realizou-se na Paróquia Nossa Senhora da Penha, Jardim Peri, Zona Norte de São Paulo, a ordenação diaconal de Robério Crisóstomo da Silva, missionário da Consolata. Robério é o último dos três filhos e duas filhas de Laércio Crisóstomo da Silva e de Maria Adelina Gonçalves da Silva, nascido na cidade de Jaguarari, sertão da Bahia. 40 A celebração foi presidida pelo cardeal dom Odilo Pedro Scherer, arcebispo metropolitano de São Paulo. Dom Servílio Conti, bispo emérito de Roraima também esteve presente, além do superior regional, padre Elio Rama, bom número de padres e irmãs missionários da Consolata, seminaristas e irmãs da Casa de Maria. A igreja da Penha estava lotada com muitos cristãos vindos de várias comunidades para viver com intensidade este momento de graça e gratidão. No ano de 1985 os missionários da Consolata chegaram a Jaguarari, no interior da Bahia. da Casa Madre 6/2012 Ao ser perguntado sobre a sua trajetória vocacional afirma que «ao longo de todos esses anos pedi a Deus que me confirmasse a vocação missionária». O noviciado feito na Argentina em 2007 foi a primeira experiência de ter saído do Brasil. «Lá, aprofundei a minha espiritualidade, minha comunhão com Deus e com Jesus Cristo. Vi como o povo argentino vivia a sua fé. Fui percebendo que a importância da vida religiosa no seguimento de Jesus Cristo é estar ao lado do povo. Foi um caminho trilhado pelo Espírito de Deus no meio das crises e dificuldades que eu tinha, mas permanecia fiel à voz de Deus, que todos os dias me chamava”. Durante os estudos de teologia via bem melhor sua vocação e aprofundou o carisma do Instituto da Consolata, «que é a evangelização dos povos». O que significa ser diácono nesta Igreja que se define atualmente «discípula-missionária» num mundo que é adulto e numa Congregação que tem por carisma anunciar as alegrias de Maria aos povos? Na opinião de Robério «é uma vida de sacrifício e de amor dedicada a Cristo. É vida Durante a celebração da ordenação diaconal, dom Odilo manifestou a alegria pela opção que Robério assumiu na vida, «dedicando-a ao Reino de Deus: diácono é missão do anúncio do Evangelho, servir no altar e dedicar a vida à caridade. Alegria de servir os pobres. É vida doada na missão do serviço e do testemunho como Jesus Cristo: sacerdote, profeta e santificador do povo». Um dos parentes de Robério agradeceu a vida e a opção do neo-diácono, afirmando que «a missão do serviço do diácono é identidade e parte integrante do ser cristão». Robério agradeceu a Deus pelo chamado e a todos que o ajudaram nesta caminhada. Pediu orações a fim de que seu lema: «Concedei que vossos servos anunciem corajosamente vossa palavra», possa ser vivido cada vez mais. Brasile colocada à disposição e a serviço do povo. Ser diácono é ser sinal de Cristo na comunidade. Sinal do Cristo pobre, humilde, casto, obediente ao Pai e serviçal. É estar ao lado do povo, caminhando com ele, ouvindo-o e se comprometendo com seus anseios e desejo de vida mais plena. É ter uma resposta positiva diante dos desafios. Alegria na doação e disposição. Lutar ao lado do povo, sobretudo pobre, para que tenha uma vida digna. A minha maior alegria é anunciar o amor de Deus revelado em Jesus Cristo». 41 da Casa Madre 6/2012 CHIUSURA DELLA III CONFERENZA IMC DELLA REGIONE ITALIA P. Nicholas Muthoka, IMC “Una conferenza che si chiude non è una porta che si chiude, ma un cammino che si apre” ha affermato il Superiore Regionale dei Missionari della Consolata in Italia a chiusura della Conferenza Regionale, celebrata in Certosa di Pesio con il compito di tracciare il cammino di vita e lavoro dei missionari in Italia per i prossimi sei anni. Sono state 5 giorni impegnative e dense di relazioni, omelie, adorazioni silenziose, votazioni, discussioni animate con qualche osservazione un po’ fuori luogo, richiami dalla Direzione generale. Insomma, tutte cose normali in un momento di forte discernimento! È stato un momento di ascolto comunitario, di quello “che lo Spirito dice alle Chiese”, un ascolto anche dell’uomo, delle sue ansie e preoccupazione, un ascolto reciproco. Italia Il clima e ritmo di vita è stato animato dalla preghiera e dal discernimento; il nostro non era un incontro di una azienda, e nemmeno di un’organizzazione umanitaria, ma una Conferenza di missionari, chiamati e scelti dal Signore per portare la Consolazione al mondo. “È doveroso pensare, pregare e riflettere sulla missione oggi, se vogliamo essere significativi nel nostro apostolato missionario,” aveva ribadito il regionale, p. Sandro Carminati, nel suo discorso introduttivo. 42 Momento particolare di ascolto dell’uomo e delle sue ansie e problemi è stato l’intervento di Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Migranti di Torino e dell’Asai (Associazione Animazione Interculturale Torino): ci ha aiutato a entrare più in profondità nella realtà socio culturale ed ecclesiale italiana con tanto di cifre e percentuali; da Casa Madre 6/2012 ci ha parlato della crisi dell’economia, dell’etica e della speranza; ha messo in evidenza la fragilità giovanile, la società che sta fortemente invecchiando, la popolazione dei migranti in aumento, le situazioni dei figli della seconda generazione di migranti, la domanda religiosa ed esistenziale dei giovani d’oggi (italiani e di provenienza straniera) che esigono profondità. Ci ha sfidato a tornare ad abitare le piazze, le città, le scuole, i condomini, ad abitare la vita reale degli uomini del nostro tempo. “È finita la società dei semafori, ci ha detto, ed è cominciata quella delle rotonde (dalle quali qualcuno non esce mai),” per significare la fine di una società con regole precise e il passaggio ad un modo di vivere autoregolato ed autoreferenziale. Dopo relazioni, discussioni, lavoro di gruppo e condivisione delle esperienze, l’Assemblea, preso atto della nuova realtà, ha concluso affermando che i “lontani dalla Chiesa sono affare nostro”. Per questo, tra gli altri orientamenti, è nata la proposta di costituire una equipe di missionari per la “nuova evangelizzazione” con il compito di riflettere, studiare e offrire poi delle proposte di lavoro per noi stessi e a servizio della Chiesa locale. L’animazione missionaria della chiesa locale, nei suoi vari aspetti, rimane il nostro compito prioritario, ma non semplicemente perché la chiesa locale sviluppi una coscienza più missionaria, ma perché diventi essa stessa missionaria per la sua gente. A noi l’impegno di rafforzare sempre più e meglio lo spazio da dedicare all’ad gentes. Inoltre, “oggi è inderogabile promuovere una sincera e seria riflessione sulla realtà e fare un “salto di qualità”, dare più spessore spirituale alla nostra vita e soprattutto maggiore fedeltà all’ad gentes. Per il padre generale, Stefano Camerlengo, riqualificare l’ad gentes qui in Italia, vuol dire rivitalizzare la ragione per cui siamo nati. Questa prospettiva sarà l’inizio di un nuovo cammino della regione, fortemente richiamato dal Superiore regionale nella sua prolusione di apertura: partendo dai molteplici cambiamenti in atto, “la nuova realtà socio-ecclesiale ci chiede una presenza diversa sul territorio”. Altro aspetto è stato quello di mettere l’accento sulla vita comunitaria per riqualificarla e renderla più accogliente anche per rispetto verso i confratelli anziani e malati che rientrano in Italia dopo aver speso tutta la loro vita alla missione. L’ascolto delle necessità della chiesa e della società ci ha portato ad aprirci con più determinazione verso l’accompagnamento pastorale dei migranti come l’ad gentes che ci può caratterizzare in Italia Italia: accoglierli, accompagnarli, aiutarli a sentirsi figli di Dio e fratelli tra di loro. Questo significa rafforzare il già esistente impegno che la regione porta avanti verso i migranti e renderla ancora più significativa e impegnativa. Nella celebrazione Eucaristica di conclusione dei lavori, il padre regionale ha, con parole di fiducia affermato: “Sono sicuro che cammin facendo potremo migliorare tutti questi aspetti, riprenderli, rafforzarli, qualificarli e forse anche osare maggiormente con un po’ più di profetismo.” Le famose quattro T offerte dal p. Ugo rimangono una sfida: riprenderci il Territorio e riqualificare la nostra presenza in essa e accompagnare la società, magari anticipando i cambiamenti, sempre alla luce della Parola di Dio; fare Teologia cioè saper leggere e riflettere; tutto questo in un clima di Team, insieme, riqualificando e dando un brusco sobbalzo alla nostra vita spirituale e comunitaria per una maggiore Testimonianza della gioia della nostra fede. Il p. Regionale ha concluso dicendo che la Conferenza è “un cammino, una porta che si apre” e il p. Generale ci ha invitato a tornare alle nostre comunità con più entusiasmo, ottimismo e animare i Confratelli a vivere la missione, ad essere quei “missionari energici, costanti, attivi, laboriosi e obbedienti” come il Fondatore ce lo ha ricordato all’inizio di ogni giornata. 43 da Casa Madre 6/2012 vita nelle comunitÀ JUBILEU DE OURO Brasilia P. Emanuele Gavosto, IMC 44 da Casa Madre 6/2012 Essa foi a primeira vez que Dom Sérgio visitou nossa Paróquia. À tarde, já alguns paroquianos e catequizandos haviam tido um encontro com o Pe. Emanuele e riram muito com suas histórias. Após a Missa houve um jantar festivo. No domingo, 15, Festa da Divina Misericórdia, Pe. Emanuele e Pe. Hélio concelebraram na Capela da 311/12. A comunidade se fez presente nas celebrações e orou, cantou e louvou a Deus por nos ter concedido a graça de um sacerdote tão dedicado e tão cheio de entusiasmo. A missão recebida de Deus e que abraçou com fidelidade e compromisso ao longo de tanto tempo. Um exemplo de vida para todos nós que também devemos levar com fidelidade e compromisso a missão que Deus nos confiou. rever parentes e amigos. Celebrar o sacerdócio é um fato que toca diretamente na alma da comunidade, unindo-a num só corpo e num só espírito. Mais que isso, a celebração do jubileu de ouro sacerdotal é um acontecimento de toda a Igreja: Corpo Místico de Cristo. A Igreja deposita no Padre sua missão principal – continuar a Obra da Salvação começada pelo próprio Cristo. Prova disso foi a presença do Arcebispo, Dom Sérgio da Rocha, sinal da comunhão eclesial e da unidade. E l e representou todo o episcopado, incluindo o Santo Padre, e o rebanho do Senhor que habita Brasília. Também a presença do Superior da Consolata no Brasil foi sinal de festa: a Congregação, espalhada pelo mundo, também se faz unida. Como herança da festa, a certeza de que, em Deus, não há tempo nem distância, e a unidade pedida por Jesus na sua oração se faz também a partir do sacerdote. Afinal, o Padre é testemunho vivo e utêntico disto, pois “está sempre pronto para responder às necessidades das almas” (Cura d’Ars). Brasilia Celebramos os cinquenta anos de vida sacerdotal de nosso querido Pároco, Pe. Emanuele Gavosto nos dias 14 e 15 de abril. Dom Sergio da Rocha, Arcebispo Metropolitano de Brasilia , o Suoerior da Congregacão dos adres da Consolata no Brasil e vários Padres da Asa Norte concelebraram a Missa em Ação de Graças na Matriz no sábado. Na história e nas obras de Pe. Emanuele, compreendemos o valor da doação, da Fé, do cumprimento exclusivo da Vontade de Deus e, sobretudo, da Paz que Jesus veio anunciar e estabelecer. Ganhamos o presente, como comunidade paroquial, de fazer festa por uma razão única: meio século de dedicação incansável ao Povo de Deus, na qualidade -+de sacerdote do padre Emanuele. 45 da Casa Madre 6/2012 PADRE GIULIO CRIPPA CELEBRA 50 ANNI DI SACERDOZIO STD Peter Lengurnet, IMC Bravetta Il seminario Teologico Internazionale di Bravetta, ha celebrato il cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale di Padre Giulio Crippa con un’eucarestia Missionaria, il sabato 21 di Aprile. 46 Padre Giulio Crippa, nato nel 1932 ad ArcoreMilano, dopo aver compiuto gli studi di ginnasio e di liceo a Rosignano Monferrato e il noviziato alla Certosa di Pesio, ha fatto la professione temporanea nel 1956 e la professione perpetua nell’anno 1959; dopo aver terminato gli studi di filosofia e di teologia negli anni 1956-1962 fu ordinato sacerdote a Torino nel 1962. Padre Giulio ha lavorato principalmente in due paesi: Kenya e Italia. In kenya ha svolto il servizio missionario in diversi luoghi nella provincia centrale del paese: Nyeri, Kimorori, Gaicangiru, Kerugoya, Mogoiri e in Italia a Bevera, Rovereto, Bedizzole, Certosa di Pesio, Torino, santa Maria a Mare e Roma dove ora si trova nel Seminario Internazionale di Bravetta. da Casa Madre 6/2012 Padre Giulio nell’omelia dell’eucaristia celebrata ha ringraziato Dio per il dono del sacerdozio ricevuto e per averlo accompagnato nella sua missione. Il suo motto preferito è “Vogliamoci bene.” Nell’Eucaristia, Padre Giulio è stato accompagnato dai Padri della casa di Bravetta e da una nutrita rappresentanza di confratelli della Casa Generalizia a cui si sono aggiunti i famigliari venuti da Arcore e un nutrito gruppo di amici e simpatizzanti. L’atto liturgico fu animato dagli studenti del Seminario Teologico Internazionale. La comunità del Seminario Teologico Internazionale ringrazia il Signore, la Consolata e il beato fondatore per il dono di Padre Giulio all’Istituto e in modo speciale alla comunità di Bravetta. Auguri Padre Giulio! Dio ti benedica sempre! Ad multos annos. P. Ramón Lázaro Esnaola, IMC Siento haber pasado todo este tiempo en silencio pero hace un mes que no tengo conexión de internet en Dianra. seis kilómetros de viacrucis bajo un calor demoledor. ¡Qué bueno fue volver a la misión y beber agua del frigorífico! La verdad es que he empezado a un ritmo muy fuerte. Esperemos soportarlo. Tengo la impresión de no parar ni un momento: reencuentros, visitas, preparar la Pascua, viacrucis, bautizos, fiesta, danzas, visita del obispo, situaciones personales, enfermos, alfabetización, microcréditos a mujeres, programar los próximos seis años IMC en Costa de Marfil, arreglar el coche, acondicionar la casa, seguir editando materiales en senanri, asamblea de mujeres de la parroquia, apoyar a las CEB a las que les falta un animador... - La Conferencia IMC nos ha exigido un esfuerzo de preparación pero ahora estamos recogiendo los frutos porque, si Dios quiere, terminaremos mañana. Muchas, muchas cosas. Pero, en el fondo, una gran alegría de fondo. Una gran serenidad. Y una esperanza de seguir construyendo Reinado de Dios CON este pueblo. Dianra ¡a toda marcha! Creo que esto os da una idea de lo que voy haciendo por aquí. A ver si os puedo escribir más despacito para ir describiendo mis sensaciones y los soplos del Espíritu por esta zona. Ah, otra novedad fue que mi ordenador hizo “plof ” y tuve que formatearlo. Bueno, son cosas que pasan. No aguantó el cambio de Kin a Dianra. Paz y bien. Os mando un par de fotos de la visita del obispo y el “uniforme” que hicieron las mujeres para su asamblea. Bueno, os pongo al día en algunas cosas: - Este año recibieron microcréditos 130 mujeres de toda la parroquia y el mes pasado hicieron el primer reembolso. El segundo lo harán la semana que viene. Parece que todas están trabajando bastante bien y están obteniendo buenos beneficios porque el precio del arroz se ha duplicado en relación al tiempo en que lo compraron. - La Asamblea de mujeres fue un éxito ya que hubo unas 120 mujeres. Algo menos que el año pasado pero todas acabaron contentas de la formación que recibieron sobre la higiene corporal, el tema de la ablación y los abortos espontáneos. Así como sobre el compromiso de la mujer en la Iglesia. - Las Pascuas tuvieron mil y un incidentes pero todo fue bien. Yo acabé agotado después de pasar casi cinco días en dos aldeas. Me tragué 47 da Casa Madre 6/2012 JOVENS FORMANDOS ENTRE OS DETENTOS STD Antonio Hugo Botelho da Silva Manaus “Recebei como herança o reino que meu pai vos preparou desde a criação do mundo! Pois eu estava na prisão e fostes me visitar. em verdade eu vos digo que todas as vezes que fizeste isso a um dos menores de meus irmãos, foi a mim que o fizestes” (Mt. 25, 34. 36.40) 48 O sentido de ser missionário não é somente sair de sua terra, e sim quando vamos à busca do outro filho de Deus como nós, levando sempre a consolação. É com esse intuito que nós formandos do Instituto Missões Consolata (da Amazônia: Antonio Hugo Botelho da Silva e José Silva Menezes), vamos apresentar a nossa contribuição na pastoral Carcerária na Arquidiocese de Manaus. Realizamos o trabalho pastoral na Cadeia Raimundo Vidal Pessoal na Av. 7 de Setembro da Casa Madre 6/2012 nº 213 Bairro Centro, sempre aos domingos às 08:00 até 11:00. Para nós a partir da pastoral carcerária vemos a missão com outra ótica, voltada para o nosso carisma “ide e evangelizai e levai consolação a todos”, com isso, o sentido da missão está vinculado, evidentemente, com o encontro pessoal com Cristo: se este companheiro de viagem ocupa um posto privilegiado em nosso coração, com certeza vai surgir em nós a grande necessidade de compartilhar com outros a alegria deste encontro. E falar aos irmãos internos o que Jesus significa é falar de um encontro que não pode ser calada, porque pertence como dom ao indivíduo, porém como gratuidade, a toda a humanidade. Isso nos remete ao tempo dos apóstolos que estavam reunidos com medo da missão que lhe foi confiada, porém nosso Senhor aparece a eles e os envia para missão Manaus com a força do Divino Espírito Santo: “Como o pai me enviou também eu vos envio. Então soprou sobre eles e falou: Recebei o Espírito Santo. (Jo. 20, 21-22). Irmãos e irmãs, essa é uma das nossas, missões que o Senhor dá a cada um de nós hoje. “pois estava preso e fostes me visitar. Em verdade eu vos digo que todas as vezes que fizeste isso a um dos menores de meus irmãos, foi a mim que o fizestes” (Mt. 25, 36.40). Ainda hoje o Senhor conta com cada um de nós e nos envia como missionário para anunciar o Reino de Deus. Essa é uma grande responsabilidade que o Senhor coloca em nossas mãos, pois a Pastoral Carcerária ainda conta com pouquíssimos membros e por falta de recursos financeiros. Apesar da boa vontade, seus membros ficam impossibilitados de fazer visitas regulares aos presídios e o acompanhamento com os familiares dos presos. Fraco também é o apoio efetivo e solidário da Igreja como um todo. Como podemos reverter esse paradigma? Como superar a visão da maioria da sociedade que acha que “essa gente não merece”, que pensa que “quanto mais longe os presos estiverem será melhor”? Portanto devemos também olhar para Jesus Cristo, e perceber também que ele foi preso, torturado e crucificado. Como podemos amar e comungar com Jesus, sem amarmos o preso, o torturado e humilhado de nossa sociedade? Fomos perdoados para celebrar o perdão e assumir a missão de Jesus, levando solidariedade, misericórdia, consolação e reconciliação com nossa sociedade, com os presos, familiares de presos e os egressos. Portanto, no final das visitas saímos com muita gratidão porque em vez de “bandidos”, encontramos pessoas que ficam felizes e muito agradecidas porque alguém que foi, em nome de Deus, escutar e se interessar por suas vidas de levar essa consolação que através do nosso instituto Deus nos pede a realizar. Enfim, a pastoral é a presença da Igreja no meio deles, levando “vida” e “consolação” e ficamos felizes por sermos agentes de pastoral carcerário, e convidamos a todos que venham fazer parte dessa missão desafiadora, porém muito contagiado pelo o Amor de Deus Pai! 49 da Casa Madre 6/2012 40 GIORNI DI DESERTO A WERAGU Emanuele e Michelangelo Emanuele Weragu Sono Emanuele un ragazzo di 31 anni e vengo da Faenza. Voglio condividere con voi la mia esperienza di deserto di 40 giorni nella missione di P. Paolo a Weragu. 50 Il mio percorso di vita iniziava a prendere una direzione diversa; l’idea di entrare in seminario si fece più realistica dopo la conversazione con il responsabile degli anni di propedeutica del seminario di Faenza. Dopo aver preso il contatto con P. Paolo Angheben, presentai le mie dimissioni in azienda e mi preparai per partire. Una ventina di giorni prima della partenza si unisce a me Michelangelo, un ragazzo pugliese, con lo stesso obbiettivo fare il deserto e successivamente arriverà Carla dalla Sardegna. Arrivammo a Addis Abeba il 24 febbraio, venne a prenderci P. Eduardo con la sua geep toyota e ci dirigemmo verso la casa madre Consolata Fathers. da Casa Madre 6/2012 Arrivati a Weragu, P. Paolo ci diede come sistemazione una piccola casetta in legno un vero chalet di montagna costruita su due container. Il piccolo villaggio è abitato da gente semplice,cordiale e accogliente. La maggioranza sono di religione musulmana e ortodossa mentre i cattolici pur essendo inferiori come numero formano una bella e vivace comunità. L`ambiente e`molto diverso da quello di città, la natura domina su tutto, le alte montagne abbracciano il villaggio, le tipiche capanne di eucalipto si mimetizzano con l`ambiente, le strade sassose rendono avventuroso il tragitto e buoi,asini e capre in quantità. Il deserto ebbe inizio una settimana dopo l`arrivo a Weragu. In quella settimana visitammo altre missioni. La storia della salvezza era il titolo del deserto, un percorso biblico per conoscere il progetto Il messaggio del Mistero della Salvezza ha raggiunto il mio cuore. Michelangelo Cosa spinge un giovane a percorrere 2779 miglia per poter trascorrere 60 giorni lontano dagli affetti, dalle comodità, dal “mondo virtuale” in una terra di cui non conosce nulla né lingua, né cultura? Sono approdato in Etiopia per vivere l’esperienza del “deserto” - 40 giorni in ascolto della Parola, in un periodo durante il quale avevo difficoltà a essere giovane. Il mio nome è Michelangelo, 24 anni, pugliese, precisamente di Terlizzi, città situata a nord di Bari, laureando in teologia. Il 4 marzo abbiamo dato ufficialmente il via al “deserto” nella missione di Weragu, un luogo divino, inserito nella natura e dove il silenzio non manca. In questo tempo mi sono lasciato guidare dalla Parola di Dio cercando di leggere la mia vita all’interno della Storia della Salvezza, e darle nuovo significato. I giorni erano scanditi da un programma ben definito: al mattino dopo l’Eucaristia, con la guida di padre Paolo, attraverso il metodo della Lectio Divina ho ascoltato e interrogato il Signore, seminando nel mio cuore tanti piccoli semi. Il pomeriggio per circa due ore ho messo a disposizione le mie capacità manuali, insieme ai ragazzi della missione mi sono dedicato al “mestiere del taglialegna”, questo tempo non disturbava il ritmo del deserto, anzi dava maggior spessore alla Parola ascoltata e meditata al mattino. Dopo il lavoro c’era tempo per riflettere ancora prima di ritrovarsi tutti in chiesa per la recita del Rosario e dei Vespri. Mettersi all’ascolto di qualcuno non è facile e ancora più impegnativo è mettersi all’ascolto della Parola, in questo periodo ho sperimentato la fatica di fare silenzio, come sia difficile far spazio nel proprio cuore lasciando che la Trinità ne prenda il possesso. In molte occasioni ho sperimentato lo scoraggiamento e il pensiero di abbandonare tutto era alla porta, ma grazie al dialogo quotidiano con padre Paolo sono riuscito lentamente a ritrovare la strada dell’Amore. Ho infatti scoperto come sia l’Amore il motore del vivere quotidiano. Il vivere in missione mi ha dato la possibilità di realizzare le riflessioni scaturite dal Vangelo e il comprendere che si imparano molte più cose in un volto sincero piuttosto che sui libri. Ogni volto “nascondeva” una storia, una storia che mi veniva donata gratuitamente attraverso un sorriso, una stretta di mano o semplicemente attraverso uno sguardo. Lentamente capivo che la Parola “prendeva possesso della sua casa” e mi riempiva di Amore Trinitario. Durante il cammino ho trovato anche la risposta al perché io mi sia ritrovato qui, all’inizio ho creduto che io ero venuto per ricercare Dio ma la Parola mi ha fatto comprendere come sia stato Dio a venirmi incontro a cercarmi; io ero qui per un “bisogno innato”, per esprimere la relazione tra Dio e me, ormai offuscata nel mio cuore. “Io sono fatto per te, Signore, e il mio cuore è inquieto finché non riposa in te.” (cf S.Agostino). Weragu di Dio sull`uomo. Il cammino si rivelò subito faticoso,la scalata della Lectio Divina richiedeva disciplina e costanza ma con l`aiuto del Signore e della nostra guida spirituale riuscii ad avere un buon equilibrio interiore che mi permise di affrontare ogni passo con determinazione e impegno. E` il primo frutto del deserto che illumina il mio percorso e cioè accogliere con fede e amore la Parola di Dio, mettendomi in profondo ascolto, facendo silenzio, per comprendere e vivere il Suo messaggio. Questo messaggio e` vivere la comunione con Dio e gli uomini. Accogliere il messaggio Trinitario trasforma la vita dell`uomo e ne acquista un significato diverso. Cosi come Maria, canto la mia lode di gioia e di ringraziamento a Dio. 51 da Casa Madre 6/2012 CACEM O MÊS DE ABRIL Pe. Daudi Kuzenza, IMC O mês de Abril começa carregado de atividades e preparações que tudo aponta para o grande evento da salvação de humanidade a Pascoa. «Se estivéssemos sempre atentos á voz do Espírito, depressa nos tornaríamos santos. Ele opera maravilhas naqueles que o seguem com coragem e generosidade e transforma os em heróis de santidade, como fez com os Apóstolos. Neles e por meio deles renova a face da terra» cf. Pontos de Luz. Dia 2 chega o Pe Maurício de Roma onde tinha ido acompanhar os leigos num retiro dos artistas que tive lugar na casa geral dos missionários da Consolata. No mesmo dia fez visita relâmpago o Pe Hélder Bonifácio na companhia da sua família à nossa comunidade onde convivemos com una chávena de chá. Dia 4 parte o primeiro grupo para pascoa jovem rumo ao Alentejo, reuniu jovens do norte, sul e centro acompanhados por leigos, Pe. Maurício e o Tiago. Cacem Dia 5 parte outros grupos para pascoa em diversos lugares, Pe. Batista com Tesha na companhia de leigos e alguns jovens rumo a Figueira da Foz. No mesmo dia parte o Pe. Kuzenza na companhia de leigos e jovens rumo a Castelo Branco. O Pe. Joaquim tomou conta da comunidade do Zambujal nos preparativos da semana maior até a Páscoa da Ressurreição. O Pe. Barros encarregou-se dos preparativos de pascoa na paróquia de São Marcos até ao domingo da Ressurreição. 52 Dia 8, todos regressados à comunidade sãos e salvos graças ao Ressuscitado. Dia 9 foi a partilha da experiencia pascal dentro da missa comunitária, em geral, todos satisfeitos e contentes sinal de que fizeram o encontro com o Ressuscitado nas diversas povoações. Dia 14 os padres Batista, Maurício e Tiago foram ao convívio pascal com os jovens, uma semana depois da pascoa em Fátima. Todo da Casa Madre 6/2012 correu bem mas com poucos jovens. Dia 15 decorreu na nossa comunidade um convívio dos elementos do AMC donde os padres foram convidados á participar no almoço. Dia 21 o Pe. Joaquim participou no passeio vicarial com os membros da paróquia de São Marcos á Óbidos. Dia 25 realizamos um convívio de fraternidade e amizade dentro da família missionária da Consolata num passeio a Vila Viçosa. Pe. Aventino Oliveira, IMC 1 de abril: “Dia da mentira, dia das petas, dia dos tolos, dia dos bobos.” Um dia em cheio! Temos a agradável visita do P. Mario Codamo, de 34 anos, até aqui secretário da Nunciatura apostólica em Maputo, Moçambique, que foi recentemente destinado à nunciatura na Suiça onde vai exercer o mesmo cargo. Veio acompanhado pela sua irmã Rita e o P. Massimo, reitor do Colégio da Universidade Lateranense em Roma. Vieram com o nosso P. Manuel Tavares, e almoçaram aqui connosco. O P. Mario veio recomendar a Nossa Senhora o seu futuro trabalho na Suiça. 1-7 de abril: Semana Santa. Como não temos cerimónias na nossa capela pública, a maior parte dos membros da comunidade participa nas cerimónias na Igreja da Santíssima Trindade. Mais de 1.300 jovens espanhóis passaram este ano a Semana Santa em Fátima. Muitos mais queriam ter vindo, mas não foi possível, segundo um deles, que achou a experiência “dura mas muito bonita”. “Impressionante”, na expressão de outro, a visita ao Centro João Paulo II para Deficientes. 2 de abril: Participamos no retiro mensal do clero diocesano no Santuário, pregado pelo actual superior dos Carmelitas aqui em Fátima, o P. Joaquim da Silva Teixeira. Desafiou-nos ele a considerarmos, nós sacerdotes, em que estado se encontra em nós o dever que assumimos na imposição das mãos durante a nossa ordenação sacerdotal. “Fomos chamados, disse, a imitarmos os gestos do Bom Pastor”, e a oferecermos continuamente a nossa vida pelo povo que o Senhor nos confiou. 5-8 de abril: O nosso seminarista Tesha, juntamente com o P. João Batista e a Irmã Irene Nair, foram celebrar a Páscoa Missionária na freguesia de Ribas, Figueira da Foz: Tríduo pascal, Via Sacra na 6ª-Feira Santa pelas ruas da aldeia com todo o povo; encontro com os jovens e as crianças; visita aos doentes. Semana Santa e Páscoa em cheio. Fatima AQUI FÁTIMA O P. Elísio foi celebrar a Páscoa Missionária em Paradela do Vouga, onde se juntaram vários membros de diversos grupos da Família da Consolata que foram participar e animar a Páscoa missionária naquela paróquia. O P. Carlos Domingos esteve em Vale do Pereiro, Ermida, perto da Sertã para a celebração da Páscoa Missionária, lugares bem por ele conhecidos pois é nativo daquela zona. 8 de abril, Páscoa da Ressurreição do Senhor Jesus. Dizia o nosso Beato José Allamano: “Devemos ressuscitar para uma vida de mais fervor Não tenhais medo de ser excessivamente fervorosos”. 9 de abril: Mais um dia de anos, o do P. João Coelho Baptista, que celebra hoje as suas 80 primaveras. Parabéns e ad multos - e bons! 11 de abril: Recebemos a notícia que o técnico 2 de abril: Churrasco monstro e monstra desgraça. Cerca de 173.000 galinhas e 300.000 ovos foram destruidos por um incêndio num aviário situado na freguesia de Dornes, lugar do famoso Santuário de Nª Srª do Pranto, no concelho de Ferreira do Zêzere. Um prejuizo de cerca de 2 milhões e meio de euros 53 da Casa Madre 6/2012 do INEM e antigo membro do grupo de Jovens Missionários da Consolata, Inácio Barroso, de 37 anos, está internado no Hospital de São João, no Porto, após um acidente rodoviário que lhe causou um traumatismo crânioencefálico, acidente que ocorreu quando viajava numa ambulância do INEM, onde trabalhava. Acompanham-no as nossas orações. 12 a 15 de abril: Temos a agradável visita de parentes do nosso P. Antonio Rovelli, membro da Direção Geral do IMC, que vieram visitar Fátima e a “Senhora mais Brilhante que o Sol”. 15 de abril: Acompanhada pelo P. António Fernandes, chega a Fátima, para uma curta visita, a senhora Enza Cimetta, amiga da família do P. Stefano Camerlengo, nosso Superior Geral. Desejamos-lhe uma estadia alegre durante esta sua visita ao Santuário de Fátima. Recebemos hoje a notícia do falecimento da irmã do P. Luis Ferraz, nosso confrade , que trabalha nas missões em Moçambique. Agradecemos-lhe também a ela o ter ajudado o seu irmão a dar a vida pela evangelização do mundo. Acompanham-os as nossas orações, a ela e ao P. Luis. Que ela esteja já a usufruir da luz e da consolação ilimitadas na Casa do Pai. 16 de abril: Chega o maquinário com que se devem fazer os trabalhos de alterações necessárias no Hotel Pax e no Seminário. Hoje começam a montar a grua que transportará as peças para os seus lugares. Incógnito o tempo que tudo isto vai levar: devagar se vai ao longe. Fatima 16 de abril: Hoje é o dia 16 do mês, dia allamaniano na comunidade. O P. Eduardo Frazão anima o Terço antes da Missa das 19h00 na nossa capela pública. 54 20 de abril: O Terço rezado hoje na Capelinha das Aparições e transmitido pela Rádio Renascença esteve hoje a cargo dos Missionários da Consolata. Obrigado ao P. Eugénio por ter dirigido em nosso nome esta oração tanto pedida por Nª Senhora. 26 de abril. Às 18h00, hora de adoração pelas vocações na nossa capela pública, preparada e orientada pelo P. A. Gaspar com a colaboração do nosso seminarista Tesha. da Casa Madre 6/2012 29 de abril: Mais um aniversário aqui na nossa comunidade. Desta vez “caiu na asneira” o P. Carlos M. Domingos: 50 anos, meio seculozito apenas. Muitos e bons, praza a Deus! A partir da Páscoa vamos notando o aumento pouco a pouco de peregrinos no nosso Hotel Pax e no Seminário, especialmente no que diz respeito a grupos de estrangeiros. Mas a crise também faz o seu negócio. O P. Eugénio Butti lá andou por vários lugares da paróquia de Ourém (velha) a dar a Bênção Pascal (compasso) em nome do senhor prior. Esperamos que não tenha abusado também da coleta dos copitos… neste trabalho de colaboração com a Igreja local. Os trabalhos na nova avenida Dom José Alves Correia da Silva, aqui em Fátima, lá vão indo, às vezes mais depressa, outras vezes mais devagar. Pelos vistos não tem sido fácil concretizar esta obra. Como diz o provérbio, “Devagar que tenho pressa”. Tudo na obra parece avançar a passo certo, segundo o vereador de Fátima na Câmara de Ourém, não obstante as “baboseiras” de todos os tamanhos inventadas por aí acerca do dito trabalho. Graças a Deus que depois de tantas orações e votos já começou a chover. Segundo uma senhora que repara nessas graças, as primeiras gotas de água cairam, aqui em Fátima, exatamente às três horas da tarde de SextaFeira Santa. Deus louvado! Por hoje é tudo. A todos um Maio muito florido e muito mariano. Ingwavuma Ingwavuma Youth + José Luis Ponce de León, IMC The Youth of the Vicariate has just presented their new uniform: red Tshirt and black skirt or trousers. The official “launching” of the new Tshirt will be done next 16 June at one of their annual gatherings. The Tshirt has the coat-of-arms of the Bishop and his motto: “IZwi laba yinyama” (The Word became flesh). At the back the words: “Mina ngisebenzela iBandla ebusheni bami. Wena?” (I work for the Church as a young person. What about you?) which is not only a sign of their personal commitment but an invitation to others to join them. The cost of the Tshirt is R100 and is now being sold in all the communities of the Vicariate of Ingwavuma. 55 da Casa Madre 6/2012 San Vicente del Caguan PASQUA! P. Angelo Casadei, IMC Carissimi, è la settima Pasqua che passo in questa terra Colombiana e nella selva Amazzonica, dove la natura è una continua esplosione di vegetazione per il sole e l’acqua che si alternano continuamente da millenni, alimentando questa selva che oggi piange per le dure ferite che l’uomo gli infligge. Oggi abbiamo un motivo in più per temere, l’estrazione del prezioso oro nero che hanno aggravato il conflitto tra guerriglia e Stato. Grave è il disastro ecologico provocato da chi estrae il petrolio e da chi con attentati dinamitardi fa esplodere lungo il cammino i camion pieni di greggio. In questo conflitto noi continuiamo a stare fisicamente in mezzo alla gente. La casa dove vivo è dentro un quartiere popolare. San Vicente Ascoltiamo le persone con i loro drammi e le loro gioie e anche quest’ anno celebrerò con loro la Pasqua e pure quest’anno il Venerdì Santo sarà il giorno più importante perché, Gesù crocifisso si vede in mezzo a questa gente che soffre, anche se grande è il desiderio di farlo risorgere. 56 É già passato un anno circa da quando sono stato nominato Amministratore del Vicariato di San Vicente Puerto Leguizamo e con un altro missionario appunto seguo la parrocchia della Consolata alla periferia del paese. La cittadina è composta di circa 35 mila abitanti in cui vi è molta estrema povertà. La vita qui è molto insicura causa dei continui conflitti tra Esercito e guerriglia delle Farc. Da sempre questa zona è oggetto di scontri e contese e d è la gente che ne soffre di questa continua violenza e soprusi da ambo le parti. Per quanto riguarda i bambini qui a San Vicente da Casa Madre 6/2012 del Caguan come già sapete è presente la Finca del Nino dove vivono 32 bambini e bambine che sono orfani o che hanno subito violenze. La loro età va dai 7 ai 13 anni e frequentano le classi elementari. Sono seguiti da alcune suore ed anche un laico, che era catechista quando ero a Remolino del Caguan ed ora si occupa anche della loro educazione, e vengono seguiti negli studi. Nella Finca per auto mantenersi hanno pure un orto che tutti coltivano, animali da cortile però come ben sappiamo questo non è sufficiente per poter coprire le spese che sono molte e questi bambini meritano di trovare un ambiente anche confortevole seppur sobrio. Purtroppo queste situazioni di degrado e di incertezza del futuro fa sì che alcune volte questi bambini si allontanano dalla Finca poiché San Vicente i parenti si trasferiscono in altri luoghi della Colombia e perciò ci troviamo sempre davanti a nuove situazioni spesso difficili da gestire. Già molti ci collaborano con il progetto No alla Coca sì al cacao e molte sono le opere di carità che tutti voi svolgete a favore dei poveri vicini e lontani però vi invito anche a far conoscere questo progetto importante per i ragazzi di questa zona per la loro istruzione, sostentamento, cure mediche che vanno a benefico di tutti e non di un singolo bambino. Vi ricordo sempre con molto affetto, ammirato per la vostra sensibilità verso i più poveri della terra. So che in Europa e in Italia l’ economia sta subendo forti scossoni, però rimango stupito quando mi accorgo che ci sono persone come voi che nonostante le difficoltà pensano a chi sta peggio. Vi ringrazio per la vostra collaborazione, vi penso e prego per voi in questa Pasqua che il Signore della Vita vi riempia di benedizioni. Grazie a presto. 57 da Casa Madre 6/2012 SULLA VIA APPIA CON SAN PAOLO P. Paolo Fedrigoni, IMC Roma Entrando in la città, al quarto miglio, sulla destra della via, ora giacciono i resti della villa dei Quintili. Essa era come un santuario, piena di statue di dei protettori ed è come lo specchio della mentalità religiosa del tempo. La villa era la lussuosa abitazione dei due fratelli Quintili, consoli sotto l’imperatore Adriano, fatti uccidere dal suo successore Commodo perché accusati di cospirazione. Quanto l’accusa di cospirazione fosse davvero fondata non è dato di accertarlo, fatto sta che, a seguito della sentenza di morte, l’immobile divenne di proprietà del demanio e Commodo ne fece una sua residenza. Si trattava di una dimora signorile con terme private, costruita un centinaio di anni dopo l’arrivo di Paolo a Roma. Egli perciò non la vide, ma essa riflette molto bene il mondo che Paolo ha trovato giungendo nella capitale. Di essa ora rimangono le vestigia degli ambienti termali, con ben visibili gli ingegnosi sistemi ad aria per riscaldare i vani, alcuni pavimenti in marmo policromo e resti scultorei. 58 In un giorno di vacanza mi sono recato, con padre Giuseppe Ronco, a fare un giro sull’Appia Antica. Volevamo percorrere la via che San Paolo ha seguito arrivando a Roma. Abbiamo camminato sulle lastre di pietra calpestate da lui e visto alcuni monumenti funebri di illustri cittadini, allineati sulla strada, già esistenti quando egli passò, come la tomba di Cecilia Metella. Chissà l’emozione che egli, cittadino romano, avrà provato nell’arrivare alla vista della capitale. Chissà il conforto che gli avrà arrecato, a lui prigioniero, il benvenuto datogli da alcuni discepoli della giovane comunità cristiana di Roma che gli sono andati incontro proprio su questa via consolare., mentre arrivava da Pozzuoli. Chissà l’impressione che avrà suscitato nel suo animo la presenza lungo la strada di statue, cippi, lastre dedicate ad una o all’altra divinità del pantheon romano. da Casa Madre 6/2012 Quest’ultimi sono esposti in vetrine in un museo– l’ex stalla di epoca medioevale – sito all’entrata della villa e documentano il mondo religioso romano di quei tempi. In mezzo troneggia un’enorme statua di Giove, la massima divinità dell’Olimpo. Poi a destra una statua di Artemide, e vicino una di Ermes. Artemide, raffigurata con decine di mammelle, è venerata quale patrona dell’amore e della fertilità. Ermes, il dio messaggero: conveniva guadagnarne la La sensazione, lasciatemi passare il paragone, è di essere in un supermercato dove sui banchi si trovano prodotti adatti per far fronte ad ogni necessità della vita: viaggi, malattie, pene d’amore o difficoltà derivanti dall’essere in guerra (allora frequenti!). Gli dei erano intagliati per rispondere ai diversi bisogni umani! E non è tutto. Come su Internet si può andare alla ricerca di prodotti e siti provenienti da luoghi lontani, così a Roma al tempo di Paolo! Infatti tra i cimeli esposti nelle vetrine che troviamo? La statua di Artemide, così come era venerata a Efeso, nell’odierna Turchia. Due resti in alabastro di una statua di Iside, divinità egiziana. Una bellissima raffigurazione del dio persiano Mitra che uccide ritualmente il toro. Un frammento di una scultura della dea fenicia Astarte. Roma protezione prima di affrontare una battaglia! In fondo, due stele con delle epigrafi dedicatorie. Si tratta di ex voto: uno per una guarigione e l’altro per essere tornato incolume da un viaggio. Gli idoli, frutto dell’immaginazione umana, non sono Dio! Paolo invece crede nel Dio vivo. Quante difficoltà gli crea la sua fede nel Dio vivo e la sua conseguente predicazione missionaria! Basta ricordare Efeso: città che Paolo è costretto a lasciare a causa della rivolta dei produttori di immagini sacre – che raffiguravano la famosa Artemide efesina, quella dalle numerose mammelle, un cui esemplare è stato rinvenuto ed è esposto proprio qui, nella villa dei Quintili. Produttori che si sono sentiti minacciati nella loro attività economica dalla sua predicazione! Il rombo di un aero in fase di atterraggio a Ciampino ci riporta al giorno d’oggi. Riprendiamo la macchina e rientriamo a casa, dopo aver dato un’occhiata alla bella chiesa moderna di Richard Meier, al Casilino, dedicata al Padre delle misericordie. Accendo la radio: danno i risultati delle partite. Passando, vediamo tanta gente che ancora si attarda a fare picnic sull’erba dei giardini pubblici, ragazzi che giocano al pallone, turisti che si aggirano nei negozi – ora aperti anche la festa. Per strada c’è il traffico della domenica pomeriggio: famiglie che rientrano da una bella giornata di sole in campagna, chi si reca a mangiare cena in ristorante, giovani in motorino forse diretti ad una birreria o ad un pub. Mi chiedo: che penserebbe Paolo se fosse a Roma con noi oggi? Che direbbe di questa città, della sua gente e …di noi missionari qui? Divinità provenienti da tutto il mondo allora conosciuto dai Romani. Divinità, come Astarte, non nuova a Paolo, essendo ella la sposa di Baal, dio dei Cananei con i quali spesso hanno lottato gli ebrei nell’Antico Testamento. Divinità, come Mitra, invece entrata in Roma dopo la presenza di Paolo, ma il cui culto, proveniente dall’Oriente, dai caratteri misterici ed esoterici, si diffonderà in modo considerevole nella capitale. Ecco il mondo religioso che Paolo trovò a Roma. Che avrà pensato davanti a tutte queste divinità? Mi viene in mente la sua reazione, descritta negli Atti degli Apostoli, quando entra in Atene: “Paolo fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli” (At 17,16). 59 da Casa Madre 6/2012 CONSOLATA SIGUE FLORECIENDO EN MEXICO… Guadalajara Comunidad de Guadalajara 60 Agradecemos a Dios dueño de la Viña por un año más que nos permitió ser sus instrumentos y llevar su palabra a una nueva comunidad de misión. Unos de los lugares que se tenían previstos para llevar cabo la misión fue en la periferia de la ciudad de Guadalajara que es una de las más grandes de México, llamada Lomas del Camichin, con un estilo de vida “moderno”. En general las familias viven en departamentos reducidos, están conformadas por padres jóvenes donde ambos trabajan la mayor parte del día con jornadas laborales, algunos comienza de 4:00 am hasta las 10:00 pm para tener una mejor calidad de vida, ocasionando que los hijos se queden la mayor parte del tiempo solos, orillándolos a buscar distracciones erróneas en las calles como la drogadicción, embarazos en adolescentes y pandillerismo principalmente. Provocando da Casa Madre 6/2012 desintegración familiar con diversas carencias tanto materiales como espirituales. Este lugar de misión previamente ya sea había conocido debido a que el P. Abishu Morke Barisso había convivido durante una semana vocacional en la parroquia de Nuestra Señora de Guadalupe, que está a cargo del P. Enrique González González en el mes de junio del año 2011, también se habían realizado algunas actividades como la posada en diciembre del mismo año, donde los jóvenes misioneros de la Consolata participaron al igual que algunos bienhechores en llevar regalos y dulces a los niños de este lugar, y se estuvo acompañando a las familias periódicamente. Gracias a la accesibilidad como el apoyo del párroco se decidió realizar la misión de este año en esta comunidad. Para la realización de esta misión como de las anteriores continuamente estuvo en formación el grupo de 33 jóvenes misioneros de la Consolata, acompañados por 3 sacerdotes quienes forman parte de la Consolata en México. Esta semana santa fue una experiencia totalmente nueva para todos, debido a que anteriormente habíamos ido a pueblos alejados de la ciudad donde aún se mantiene mas los aspectos religiosos, que en comparación con la ciudad, fue un gran reto al convivir con familias provenientes de diversas regiones del país con culturas, tradiciones y costumbres diferentes, que en un principio fue un impedimento al ver el rechazo y la indiferencia al visitar los hogares pero finalmente hubo una participación no del todo pero satisfactoria. Otro reto que se nos presento fue que tuvimos que acoplarnos a un programa que ya estaba conformado, fue difícil debido a que teníamos que coincidir y quedar de acuerdo tanto con el grupo organizador de la parroquia como nuestro mismo grupo misionero en las diversas actividades, pero en general se realizo un buen trabajo, tanto con niños, jóvenes como adultos, viéndose reflejada más participación de los niños y jóvenes, que de los adultos, creemos que fue porque estos la mayoría del tiempo trabajan y no están en sus hogares, así como la presencia de personas de otras religiones o familias indiferentes que no tuvieron el interés en participar en las actividades que fueron organizadas para esta semana. Finalmente concluimos que la gente necesita que se les tome en cuenta al expresar que se sienten abandonados, es necesaria una nueva evangelización donde se involucre más a las personas. Debido al interés e inquietud de 40 jóvenes se decidió formar un grupo misionero por parte de La Consolata donde se les dio la oportunidad de participar sin importar si pertenecen o pertenecieron a algún grupo, congregación o situaciones particulares. Guadalajara P. Tonino, quienes nos abrieron sus puertas y nos dieron la confianza para descansar durante esta semana. La comunidad siempre tuvo la disponibilidad de brindarnos los alimentos así como sus hogares, en los cuales compartimos experiencias de vida. Otra respuesta de nuestro trabajo misionero fue la aceptación de la gente en general y también el párroco manifestó su simpatía y agradecimiento al expresar en la misa de resurrección la posibilidad de que alguna persona pudiera donar un terreno para la construcción del seminario de los Misioneros de la Consolata en un futuro. Agradecemos por el esfuerzo que dios nos da cada día para realizar esta misión consoladora según nuestro carisma, que siempre nos acompañe Virgen María Consolata. JOVENES CON ONDA… MISIONEROS DE LA CONSOLATA MEXICO Referente al hospedaje agradecemos al seminario de los Rogacionistas, al superior el 61 da Casa Madre 6/2012 PER UNA EVANGELIZZAZIONE “NUOVA” P. Francesco Giuliani, IMC ha potuto raggiungere la sua missione della Costa d’Avorio, dove sta attualmente operando. Nel 2007, per ragioni diverse, anche il diac. Maurizio e p. Armando hanno dovuto lasciare Gibuti. La loro partenza è stata integrata subito da p. Francesco Giuliani giunto dall’Italia. Da quattro anni, la comunità dei Missionari della Consolata di Gibuti è composta da due sacerdoti: p. Francesco e p. Matthieu. Djibouti Il nostro apostolato. L’apostolato fatto in questi anni si è concentrato soprattutto sul servizio religioso alle comunità di suore e fratelli presenti in quattro cittadine del paese e nel dialogo con i nostri amici musulmani. Il paese è tutto musulmano; i pochi cristiani presenti sono di altre nazionalità. 62 I Missionari e le Missionarie della Consolata sono presenti a Gibuti dal 15 Settembre 2004, con l’obiettivo di “realizzare una presenza significativa nell’Africa Musulmana; per il dialogo interreligioso; per conoscere la realtà e poter, in seguito, essere di aiuto alle altre nostre presenze nel continente». Questa missione, relativamente giovane, si propone di realizzare e vivere il carisma missionario dell’Allamano oggi, e in un contesto socio-religioso molto particolare, come è quello di Gibuti. Un cenno di cronaca. Il primo gruppo di Missionari della Consolata a Gibuti era formato dal diac. Maurizio Emanueli, p. Matthieu Kasinzi e p. Armando Olaya. Due ani dopo, nel 2006, vista la necessità di conoscere la lingua araba, p. Matthieu è stato destinato al Cairo, in Egitto, sia per lo studio della lingua, sia per specializzarsi in “Studi Arabi e Islamici”. Per tutta la durata del corso, p. Matthieu è stato provvisoriamente sostituito dal congolese p. André Nekpala, che in seguito da Casa Madre 6/2012 Il dialogo con i musulmani consiste soprattutto nell’intessere relazioni di amicizia, attraverso l’insegnamento nelle scuole cattoliche frequentate da ragazzi e ragazze musulmane e l’essere vicini ai più poveri, collaborando con le suore che sono inserite nei posti più lontani. Realizziamo anche contatti con i nomadi offrendo loro assistenza con alimentari e curando l’istruzione dei figli . La povertà della Chiesa presente a Gibuti (dove il vescovo è senza sacerdoti diocesani), ci affascina e ci interpella come “Missionari Ad Gentes” ad essere una presenza significativa anche se piccola. Guai a noi se fossimo indifferenti davanti a una tale povertà in una Chiese locale in pericolo di sparire come è già avvenuto nello Yemen, in Arabia Saudita e in Somalia. Il nostro impegno giornaliero è semplice, ma costante: cerchiamo di essere una presenza di fraternità, tolleranza, amicizia discreta, per quanto ci è stato possibile. Rimaniamo fedeli al progetto iniziale realizzando il dialogo con la vita quotidiana e la collaborazione nelle attività della Chiesa diocesana e nei servizi sociali. Noi crediamo che oggi il nostro carisma missionario, ereditato dall’Allamano, si realizzi Come si vede, in questo paese siamo chiamati a vivere una evangelizzazione speciale, nuova, direi addirittura “del futuro”, dove il “fare missione” è solo e semplicemente essere persone di fede, di preghiera, di accoglienza dell’altro; in una parola missionari che sanno amare gratuitamente tutti, senza distinzioni e senza strombazzamenti. proprio alla frontiera delle povertà attuali: chiesa povera; paese povero; solitudine grande per l’isolamento al quale il paese ci costringe; umiltà e semplicità nel fare missione! Non sono queste le caratteristiche che il Padre Fondatore voleva che avesse la nostra azione evangelizzatrice? Il modo di vivere queste caratteristiche sarà diverso oggi rispetto a ieri, la sostanza è identica a quella delle origini. Ogni giorno siamo interpellati a vivere l’ideale che il Fondatore proponeva e ricordava sempre ai missionari partenti: “prima santi e poi missionari”, “testimoniare con la vita la nostra fede”. Anche il ministero dell’Eucaristia, nel quale siamo impegnati ogni giorno, siamo chiamati a viverlo nella povertà e semplicità. Facciamo molti km. per celebrare l’Eucarestia con la presenza di una o due persone, il che ci convince che è Gesù che salva il mondo attraverso la nostra collaborazione così limitata e povera. Djibouti quanto riguarda la parte spirituale: celebrazioni di S. Messe assieme, condivisione di servizi, momenti di festa. Il nostro Superiore Generale, p. Stefano Camerlengo, nell’ultima lettera sulla povertà scrive: «Alla luce della Parola di Dio, siamo tutti invitati a verificare quotidianamente la verità che è in noi e a saper intraprendere quel cammino di conversione permanente che ci permetterà di essere dei testimoni credibili con la nostra vita, perché, come affermava il Papa Paolo VI nell’Esortazione “Evangelii Nuntiandi”: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri io fa perché sono testimoni”. La vera missione si è sempre realizzata con i testimoni, i martiri, i confessori, i santi». Per noi missionari a Gibuti queste indicazioni sono attualissime. La missione, oggi, deve rifuggire da qualsiasi atteggiamento trionfalista per intraprendere la via dell’umiltà e della semplicità, con nel cuore i sentimenti che Paolo, quando scriveva ai cristiani di Efeso: «Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Efesini 4,1-6) A Gibuti, fin dall’inizio, sono presenti a Gibuti anche sei suore Missionarie della Consolata, con le quali collaboriamo fraternamente sia per 63 da Casa Madre 6/2012 Necrologio 64 da Casa Madre 6/2012 P. VALENTIM EDUARDO CAMALE, IMC P. Valentim Eduardo Camale IMC, è stato barbaramente ucciso il 3 maggio 2012 durante una rapina alla missione di Liqueleva (Mozambico), avvenuta alle ore 20 della sera. Assalito da quattro ladri, P. Valentim ha reagito immobilizzando uno dei banditi, ma è stato sopraffatto dagli altri che lo hanno percosso a morte. Trovato in una pozza di sangue da P. Fabio Malesa, che rientrava dal lavoro pastorale, è stato trasportato d’urgenza all’ospedale, morendo durante il tragitto. 65 da Casa Madre 6/2012 Nato il 29 novembre 1963 a Intiquita-Montepuez, provincia di Cabo Delgado, in Mozambico, frequentò le scuole elementari a Montepuez e le medie nel Seminario di Cristo Rei. A Maputo-Santo Agostinho seguì il corso di filosofia, prima di entrare in Noviziato. Emise la professione religiosa il 7 gennaio 1995 a Maputo e subito fu destinato al Seminario di Kinshasa per la teologia. Già in Congo, da studente, durante uno stage pastorale in parrocchia, fu assalito dai ribelli congolesi. Al termine del ciclo teologico, lavorò nella parrocchia S.Miguel di Cuamba in Mozambico, e fu ordinato sacerdote a Montepuez Pemba da Dom Tomé Makhweliha, Arcivescovo di Nampula, il 27 febbraio 2000. Destinato al Mozambico, svolse attività pastorali a Maùa e a Mecanhelas nella parrocchia Nossa Senhora de Fatima. Dopo un breve soggiorno in Portogallo, lavorò nella parrocchia di S. Terezinha do Menino Jesus in Liqueleva, dove morì il 3 maggio 2012. L’autopsia ha stabilito che padre Valentim è morto in seguito a un forte trauma cranico. Aveva 48 anni di età, di cui 17 di Professione Religiosa e 12 di Sacerdozio. 66 da Casa Madre 6/2012 LETTERA DEL SUPERIORE GENERALE Dalla Costa d’Avorio, 3 maggio 2011 “Per noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché ò appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale” (2 Cor 4, 1-11). “ Missionari carissimi, vi scrivo dalla Costa d’Avorio dove mi trovo in visita, vi invito ad unirci insieme per fare memoria del nostro padre Camale Valentim, che è stato ucciso, questa sera, da banditi nella nostra missione di Liqueleva in Mozambico. Una morte violenta come questa ci lascia sgomenti per l’atrocità di quanto avviene e per l’impotenza che ci rimane dentro. Non è facile capire quanto vale una vita davanti alla dinamica di questo avvenimento, non è facile “leggere” con la fede una tale morte, non è facile capire il perché della morte di questo ancora giovane missionario, non è facile giustificare e perdonare chi ha commesso una tale azione violenta. Per questo carissimi, invito ogni comunità a ricordare padre Valentim con una celebrazione comunitaria accendendo una candela e celebrarlo nel silenzio della preghiera affinché il Signore lo accolga in cielo, dia consolazione alla sua famiglia e dia a noi la pace e la forza per continuare a servirlo nella missione nonostante tutto! La legge del Vangelo è quella del seme che caduto per terra ‘muore’ per produrre il suo frutto. Lo Spirito Santo sostenga noi e in particolare chi si trova in condizioni di sofferenza, di minaccia, di rischio. Fraternamente a tutti e ad ognuno, P. Stefano Camerlengo, IMC 67 da Casa Madre 6/2012 Chulo y bufanda a rayas lana de alpaca andino Bolivia Sommario “REGINA DEI MISSIONARI” (CCV 154)......................................... 2 MONS. GIOVANNI CRIPPA VESCOVO ausiliare di San salvador de bahia . ....................... 4 L’ALLAMANO IN TRE DELICATE ICONE............................... 8 LA MISSIONE FRANCESCANA AD GENTES....................................... 12 EMERGENZA PROFUGHI E SFOLLATI Parrocchia di CAMP GARBa Diocesi di Isiolo, Kenya................. 18 MISSIONARI SEMPLICI E...(MA) PRUDENTI!!!...................................... 20 Maggio 2012.................................... 25 SOUTH AFRICA: THE SIXTH DELEGATION CONFERENCE.................. 28 I MISSIONARI DEL NUOVO MILLENNIO...................... 30 MORTE E FUNERAL DO P. VALENTIM EDUARDO CAMALE..... 31 CONSOLATA NEWS KENYA................... 32 “JOSEPH ALLAMANO A FATHER IN THE FAITH OF INNUmERABLE CHRISTIANS”........... 34 Consolata Missionaries in Kenya Meet to Map the Road to Self-Sustenance............................. 36 VENEZUELA, CHI SEI TU E COSA FAI?..................... 38 DIÁCONO: SINAL DE CRISTO NA COMUNIDADE!............................. 40 CHIUSURA DELLA III CONFERENZA IMC DELLA REGIONE ITALIA . .................... 42 JUBILEU DE OURO.............................. 44 PADRE GIULIO CRIPPA CELEBRA 50 ANNI DI SACERDOZIO................................ 46 Sommario JOVENS FORMANDOS ENTRE OS DETENTOS......................... 48 68 40 GIORNI DI DESERTO A WERAGU..... 50 CACEM O MÊS DE ABRIL...................... 52 AQUI FÁTIMA..................................... 53 Ingwavuma Youth........................... 55 San Vicente del Caguan PASQUA!.... 56 da Casa Madre SULLA VIA APPIA CON SAN PAOLO....... 58 Mensile dell’Istituto Missioni Consolata CONSOLATA SIGUE FLORECIENDO EN MEXICO…..................................... 60 Redazione: Segretariato Generale per al Missione Supporto tecnico: Adriano Podestà Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821 C/C postale 39573001 - Email: [email protected] da Casa Madre 6/2012 PER UNA EVANGELIZZAZIONE “NUOVA”............. 62 necrologio..................................... 65
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